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Mauro Sanchini spoilera la MotoGP: “Bagnaia può vincere sei Mondiali, poi dominerà il fenomeno Acosta”

Mauro Sanchini, pilota motociclistico e seconda voce della MotoGP su Sky al fianco di Guido Meda, racconta a Fanpage.it il suo punto di vista sul Motomondiale di oggi e quello di domani: “Perché le moto italiane vanno meglio delle giapponesi? Siamo più creativi”.
A cura di Fabio Fagnani
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Sono passati dieci anni da quando Sky ha prelevato i diritti della MotoGP da Mediaset e li ha portati nella propria casa, in pay per view. Sembrava fosse una follia, all’epoca. Dopo una vita sulla rete televisiva di Berlusconi a quella nuova, moderna, “giovane” di Rupert Murdoch. Una squadra, inizialmente, orfana di Guido Meda che quello sport, volente o nolente, lo aveva portato nelle case di tutti gli italiani al grido di “Buongiorno, buongiorno”, “Tutti in piedi sul divano” e il classico “Rossi c’è” che aveva cresciuto e condizionato un’intera generazione, macché forse tre generazioni, di appassionati di gare, di moto e di adrenalina. Proprio in quella squadra, al fianco di Zoran Filicic, c’era Mauro Sanchini.

Per molti uno sconosciuto, per altri un discreto pilota di Superbike, mai a podio, nessuna vittoria, ma tanta gavetta, fino al suo ritiro nel 2007. L’occasione di Sky MotoGP lo rimette in pista, ma con un microfono in mano: spigliato, simpatico, semplice e diretto. Sanchini piace. Arriva a casa, spiega bene e quando in tivù funzioni, cresci. Gli anni passano, Guido Meda arriva a Sky e Sanchini non fa una piega, sicuramente meno di quelle che faceva in moto. Analizza, studia, racconta i dettagli e trasporta il famoso “Sky Sport Tech” che si usava nel calcio nel mondo delle corse. Oggi è una certezza per il commento della MotoGP, unisce la sua capacità di rendere le cose complesse molto semplici con un’ironia popolare che fa strappare sempre una risata. Da dieci anni “il Sankio” è molto di più di un semplice commentatore tecnico e anche quest’anno la MotoGP, come la Superbike, sono in esclusiva su Sky.

Com’è nato lo Sky Sport Tech applicato alla MotoGP?
«Quando arrivai a Sky, loro utilizzavano questo strumento per il calcio. L’azione, il fuorigioco, la classica moviola, ma con dei piccoli particolari che magari da casa non si vedono. Mi è venuto in mente che poteva essere interessante da utilizzare per le corse. Lo usai per la prima volta per mostrare come lavorava sull’asfalto bagnato uno pneumatico “rain”. Per noi del mestiere è scontato, banale, ma le persone a casa non avevano mai visto come lavoravano gli pneumatici e come erano fatti. E questa cosa di spiegare, anche cose semplici, ma su cui spesso nessuno si sofferma è piaciuta molto. Da lì, l’abbiamo sempre usato».

L’evoluzione tecnologica si sta estremizzando, dove arriveremo?
«La MotoGP ha subito negli ultimi tre anni un incremento tecnologico incredibile. Hanno raggiunto una dimensione lontana, distante dalle moto tradizionali. Gli ingegneri hanno iniziato a studiare la moto in fasi, in situazioni che prima non venivano prese in esame, raggiungendo, come evoluzione, le Formula 1 per il mondo delle quattro ruote. Forse si è arrivati a un punto di non ritorno e la moto, come mezzo, è stata un po’ snaturata, ma il livello tecnico del mezzo è davvero incredibile».

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Credi che questa tecnologia abbia raffreddato gli animi degli appassionati?
«Partiamo da un presupposto, il livello è altissimo. Oggi non sono più semplici piloti. In sella sono piloti, ingegneri, tester, la sensibilità che deve avere un pilota è fuori dall’ordinario. Sono dei super uomini. E non sono d’accordo che le gare sono meno divertenti o addirittura sono noiose. È vero, forse ci sono meno sorpassi, ma quelli che ci sono valgono il prezzo del biglietto. Lo scorso anno in Australia, Bagnaia ha fatto un numero incredibile o lo stesso Pecco in India, quando si stava inventando un gran doppio sorpasso ai danni di Binder e Martin. Direi che sono divertenti, queste gare, ma in modo diverso. Seguono i tempi di oggi».

Secondo te come mai Honda e Yamaha, due case storiche e vincenti nel Motomondiale, stanno facendo così fatica?
«Credo che uno dei motivi sia stata la creatività degli europei. Gli italiani hanno da sempre creato le migliori moto da corsa. Penso a Cagiva, Moto Guzzi, MV Agusta, Ducati, Aprilia eccetera, poi i giapponesi hanno preso spunto e hanno migliorato il mezzo, dominando per decenni. Da qualche tempo il sistema giapponese non rende più, mentre Ducati, KTM e Aprilia, che non hanno quel metodo lento, diligente, rigido dei giapponesi, hanno potuto sorprendere e trovare un proprio modo di lavorare. Più veloce, più dinamico e più creativo».

Facciamo un gioco, tra dieci anni quanti titoli mondiali avranno Bagnaia e Acosta?
«Difficilissimo. Allora, Pecco secondo me potrebbe arrivare a cinque, massimo sei. Poi ne auguro altri dieci, ma credo che Francesco possa arrivare a quel numero lì. Considerando che ne ha già tre e che guida benissimo, con una gran moto e ha ancora 27 anni. Mentre il nuovo fenomeno spagnolo è veramente un talento generazionale e lui potrebbe superare i sei, ma è difficile che possa arrivare ai numeri di Marc Marquez e Valentino Rossi. Acosta è in un periodo storico dove ci sono dieci moto in meno di un secondo. Così è dura, anche per i fenomeni. Tutto è diventato estremo, ma come la società odierna. Sia nello sport che fuori. Tutto è portato al massimo, all’esasperazione, all’eccesso».

Se prima era difficile, adesso lo sarà ancora di più: pizza o piadina?
«Da pesarese, in casa mia la piada la mangio tutti i giorni. Quindi ti dico pizza, ma la lotta è dura».

Birra o vino?
«Altra gara complicata. Amo il vino, ma non posso dire di no alla birra. Siccome prima ho detto pizza, adesso dico birra. Classico delle cene con gli amici».

Da guardare, partita di calcio o gara di moto?
«Mi piace il calcio, simpatizzo per il Milan, gioco a calcetto con i ragazzi dell’Academy, quando giocano le italiane tifo per le italiane. In generale sono uno che quando i prodotti o i piloti italiani funzionano sono molto felice, ma assolutamente gare di moto. E di qualunque categoria».

E a calcetto, il Sankio è tra gli scapoli o gli ammogliati?
«Premesso che non sono uno che racconta il suo privato e anche il mondo dei social è molto lontano dal mio modo di vivere. Comunque, sono stabile da tantissimi anni. Quindi è da un pezzo che gioco con gli ammogliati. Sono un uomo tranquillo».

Mauro Sanchini ai tempi della Superbike
Mauro Sanchini ai tempi della Superbike

Come si riesce a mantenere la stabilità famigliare con un mestiere che ti porta lontano, in giro per il mondo?
«È una delle cose più difficili, ma io ho sempre diviso per bene i due mondi. Quando sono in giro per lavoro, sia quando ero pilota, sia adesso da commentatore per Sky, cerco di stare concentrato, divertirmi ed essere un professionista. Quando torno a casa invece il mio mondo è la mia famiglia e tutto il resto rimane fuori. Non sono unite, le ho tenute molto distinte e io l’ho gestita sempre così. Secondo me è necessario e poi i social sono davvero la rovina della società. Una cattiveria assurda, è veramente un “luogo” contaminato, avvelenato. Non riesco a capire perché le persone debbano sfogarsi così. Mi auguro che le cose possano cambiare».

Chi vince in Portogallo?
«Ah, così, a bruciapelo. Vince Bagnaia, sia Sprint che Gran Premio, ma non ditelo a nessuno».

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