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Ivan Capelli spiega la crisi di Lewis Hamilton in Ferrari: “Oggi è la macchina che porta in giro lui”

L’ex pilota di F1, oggi commentatore della Formula 1 per Sky Sport, Ivan Capelli spiega perché Lewis Hamilton fatica ad adattarsi alla Ferrari, il peso del confronto con Leclerc e la possibile svolta del 2026. Nel mirino anche la gestione di Kimi Antonelli in Mercedes e il rischio patatrac tra i piloti McLaren.
A cura di Michele Mazzeo
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È una fotografia impietosa, quella che Ivan Capelli scatta della situazione di Lewis Hamilton in Ferrari. E dopo quanto visto nell'ultimo GP d'Ungheria non potrebbe essere altrimenti. Nell'intervista a Fanpage, l'ex pilota di Formula 1 oggi commentatore tecnico della F1 per Sky Sport che rivedremo in TV anche nella seconda parte del Mondiale 2025 trasmessa in esclusiva dalla piattaforma televisiva, sottolinea come il sette volte campione del mondo stia vivendo una stagione logorante, segnata da un continuo tentativo di adattare la propria guida alla SF-25, senza riuscire a fare il percorso inverso: "Probabilmente non gli riesce di adattare la macchina al suo stile. Questo toglie quella parte di istinto, quella magia che hai quando ti trovi a tuo agio. Oggi non ce l'ha. Fa fatica su tutto e finisce per cadere nell'overdriving: spingere troppo per cercare prestazione, peggiorando la situazione".

Il confronto interno con Charles Leclerc è un ulteriore fattore di pressione. "È un'arma a doppio taglio – spiega il 62enne milanese –. Ti aiuta a sapere che la macchina può fare certe cose, ma se le fa l'altro e non tu, diventa una mazzata psicologica. In questo momento Hamilton la differenza non la fa, e lì nasce la frustrazione".

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Il picco è arrivato dopo le qualifiche in Ungheria, quando l'inglese aveva lasciato intendere che la Ferrari avrebbe dovuto sostituirlo. "Non parlava sul serio. È stato uno sfogo aggravato dalla stanchezza mentale – chiarisce Capelli che a Budapest, come in tutti i weekend di gara, era nel paddock nelle vesti di commentatore tecnico per Sky del Mondiale di Formula 1 2025 –. Ho visto Lewis arrivare carico il giovedì e il venerdì, e poi spegnersi tra sabato e domenica. Farlo 13 volte di fila è logorante. In Ungheria è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso".

Secondo l'ex pilota passato anche dalla Ferrari, la pausa estiva potrà aiutare, ma il vero jolly psicologico per Hamilton resta il 2026: "Macchine e power unit saranno completamente nuove, con benzina sintetica al 100%. Può dirsi: ‘Tiriamo avanti fino a fine 2025, poi ripartiamo da zero' e ritrovare lo spirito giusto". Il problema, aggiunge, non è solo la frenata: "È un insieme di fattori, dal comportamento generale della vettura al passaggio da sottosterzo a sovrasterzo senza un perché. Serve una piattaforma stabile. Leclerc aggira i problemi, Hamilton invece ha bisogno di continuità e crescita costante per rendere al meglio".

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L'attuale commentatore tecnico di Sky Sport F1 allarga poi lo sguardo a Kimi Antonelli, al debutto in Mercedes: "Era partito benissimo, guidando in modo naturale. Poi sono arrivati 2-3 weekend sfortunati e la fiducia è calata. Entri in macchina più contratto, prendi rischi in più e perdi più di quello che guadagni. In Mercedes sono stati troppo ottimisti: un rookie così va protetto e gestito". Hamilton stesso, nelle ultime gare, è stato visto consolarlo spesso, un rapporto che ai tempi di Capelli era favorito da un paddock meno frenetico: "Oggi i piloti si vedono quasi solo nei momenti ufficiali".

Sul futuro, interpreta la scelta di Max Verstappen di restare in Red Bull anche nel 2026 come un atto di riconoscenza verso il team e la famiglia Mateschitz, ma anche come una mossa strategica per decidere più avanti il proprio destino in base alle nuove power unit. Infine, un avvertimento a McLaren: "Norris e Piastri sono liberi di correre, ma servono regole di ingaggio. Altrimenti il patatrac arriverà. Prima o poi succederà". Tra i rookie, la sorpresa per Capelli è Hadjar: "Va forte, è serio e maturo. Red Bull ha un pilota valido per il futuro".

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Secondo te, lo sfogo di Lewis Hamilton dopo le qualifiche in Ungheria cosa ci dice della sua situazione attuale?

"È la frustrazione di un pilota che dall'inizio dell'anno sta cercando in tutti i modi di adattare la sua guida alla macchina, visto che probabilmente non gli riesce di fare l'opposto, cioè adattare la macchina al suo stile di guida. Questo è un limite enorme perché ti toglie quella parte di istinto, quella parte ‘magica' che hai quando guidi e ti trovi a tuo agio. In quel momento tutto ti viene facile, entri in simbiosi con il mezzo. Lui questo oggi non ce l'ha. Fa fatica su tutto e, in più, in gergo si chiama overdriving: quando guidi troppo, spingi oltre per cercare la prestazione e, più lo fai, peggio va. È un loop dal quale non riesci a uscire finché non torni in sintonia con la macchina".

Quanto pesa, in questa situazione, avere un compagno che riesce comunque a spingere la macchina al massimo?

"È un'arma a doppio taglio. Da un lato ti aiuta perché dimostra che la macchina può fare certe cose. Dall'altro è una ‘mazzata' psicologica: lui ci riesce e tu no. Da un punto di vista mentale, ti consola sapere che qualche sprazzo di competitività c'è, ma se non sei tu a farlo e lo fa l'altro, diventa un peso. Non riesci a fare quello che ti eri prefissato nel programma di inserimento in squadra e di crescita. In questo momento Hamilton la differenza non la fa, e lì nasce la sua frustrazione".

Quindi non parlava sul serio quando ha detto che la Ferrari dovrebbe sostituirlo?

"No. Quello è lo sfogo di un momento di frustrazione, aggravato dalla stanchezza mentale. Quest'anno l'ho visto arrivare ai weekend con entusiasmo a mille il giovedì e il venerdì – vuoi per il pubblico, vuoi perché porta la Ferrari – e poi, per via dei problemi tecnici e della mancanza di soluzioni, spegnersi piano piano tra sabato e domenica. Farlo 13 volte di fila è logorante: devi ogni volta riaccenderti, ritrovare energia, spirito, e non è semplice. In Ungheria, il sabato, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso".

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Dopo la pausa estiva lo ritroveremo con lo stesso entusiasmo di inizio anno?

"Credo che questa pausa gli servirà per ricaricare le batterie, come a tutti. Spero trovi la chiave, quella formula magica per sentire la macchina come vuole lui. Oggi non è tanto lui a portare in giro la macchina, ma la macchina a portare in giro lui. Per un pilota è la sensazione peggiore possibile".

È solo un problema di frenata, come spesso dice lui?

"No, è un insieme di fattori. La frenata è solo l'inizio. Poi c'è il comportamento generale della macchina, come scalda le gomme davanti e dietro, come reagisce passando da sottosterzo a sovrasterzo. L'imprevedibilità nei cambi di comportamento, senza un perché, è ciò che più gli manca. Serve una piattaforma stabile. Leclerc ha una capacità enorme di aggirare i problemi e tirare fuori qualcosa comunque. Hamilton invece ha bisogno di continuità e di un percorso di crescita costante per esprimersi al meglio".

Il 2026 può essere un reset per lui e la Ferrari?
"Sì. È un po' il jolly psicologico per tanti piloti in difficoltà. Macchine e power unit saranno completamente nuove, la benzina sarà 100% sintetica: è un azzeramento totale. Hamilton può dirsi ‘tiriamo avanti con fatica fino a fine 2025, poi ripartiamo da zero' e rimettersi in pista con spirito diverso, nella speranza che la Ferrari azzecchi la macchina".

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Passiamo a Kimi Antonelli: dopo un inizio promettente, cos'è successo?

"All'inizio era tutto perfetto: saliva in macchina e guidava con naturalezza, perché gli piace farlo e lo faceva con rilassatezza. Poi inizi a guardare i distacchi da Russell, quante volte ti sta davanti, impari dalle gare. Ma arrivano 2-3 weekend di sfortuna – in qualifica non fai il tempo che vorresti, in gara parti dietro e ti complichi la vita, vieni coinvolto in un incidente, o rompi il motore come a Imola – e la fiducia si abbassa. Ti mette ansia. Inconsciamente, quando entri in macchina, sei contratto, prendi rischi in più e alla fine perdi più di quello che guadagni. Anche lui è entrato in un loop: non fai più le cose in modo naturale, ma forzato. In più, la F1 non è solo guidare: c'è la gestione degli impegni mediatici, i social, le interviste. È un impegno psicofisico enorme. Viene da campionati più ‘leggeri' e non è abituato a 24 gare. Per me, in Mercedes sono stati troppo ottimisti: tolto Hamilton, hanno messo Kimi subito, ma un rookie così va protetto, gestito e centellinato negli sforzi".

Negli ultimi GP Hamilton è stato visto spesso con Antonelli. Ai tuoi tempi c'era questo tipo di "solidarietà" tra piloti di team diversi?

"Una volta c'erano meno impegni e più tempo per interagire. Potevi fare due chiacchiere in pit lane, guardare le altre macchine, prendere un caffè nei motorhome. Oggi, tra media e sponsor, i piloti si vedono quasi solo nei momenti ufficiali: briefing del giovedì, parata della domenica e inno nazionale".

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Perché Verstappen ha deciso di restare in Red Bull anche nel 2026?

"Credo per riconoscenza verso chi gli ha fatto vincere quattro mondiali: il team, le persone, la famiglia Mateschitz. Al di là di Horner, ci sono figure come Marko che hanno sempre creduto in lui. E poi gli conviene: nel 2026 vede quali motori sono migliori e poi decide dove andare".

Norris e Piastri ora sono liberi di correre l'uno contro l'altro?

"Sì, ma serve dare regole di ingaggio. Non sto dicendo che bisogna scegliere chi deve vincere, ma dare punti fermi: chi fa il miglior tempo il sabato ha la priorità strategica la domenica, per esempio. Senza regole rischi che finiscano per buttare via gare vinte per un contatto. Secondo me, prima o poi, il patatrac arriverà".

Tra i rookie 2025, chi ti ha sorpreso di più?

"Hadjar. Va forte, è serio, maturo, quasi da veterano in certe situazioni. Red Bull ha un pilota valido. Quanto a un'eventuale promozione già dal 2026, dipenderà molto da come saranno le nuove macchine. Anche Tsunoda, oggi in difficoltà, potrebbe trovarsi meglio con un'auto nuova".

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