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Zenga racconta la corsa dal padre in punto di morte: da poche parole capì che lo aveva sempre seguito

Walter Zenga racconta la corsa fatta per dare l’ultimo saluto a suo padre in punto di morte e come da poche parole che gli disse, dopo una vita di lontananza e incomprensioni, l’ex portiere della nazionale capì che in realtà lo aveva sempre seguito, gioendo quando vinceva e soffrendo quando invece le cose andavano male.
A cura di Paolo Fiorenza
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Walter Zenga è attualmente in attesa di tornare nel mondo del calcio dopo l'ultima esperienza come club manager del Siracusa, rapporto interrotto lo scorso luglio. L'ex portiere di Inter, Sampdoria e nazionale italiana, che intanto fa l'opinionista in TV, racconta con parole toccanti il suo ultimo incontro col padre in punto di morte, dopo che i due si erano sostanzialmente ignorati per gran parte delle loro vite. "La ferita ancora aperta con mio padre Alfonso. Non ci siamo parlati per anni, troppe incomprensioni, troppa distanza – aveva detto nel 2021 – Io ho giocato agli Europei e ai Mondiali e lui non si è nemmeno fatto sentire. Poi lui si è ammalato. Io ero a Bucarest, mi sono precipitato a Milano. È stato allora, qualche giorno prima di morire, che mi ha detto ‘Ti voglio bene' per la prima volta".

Il resto di quei toccanti momenti Zenga lo aggiunge oggi. Walter a 65 anni è un uomo in pace con se stesso e con tutti. Il ricordo che riaffiora di papà Alfonso è ben diverso da quel muro di incomunicabilità di cui aveva parlato in passato. Da poche parole che gli disse poco prima di morire, l'Uomo Ragno capì che non lo aveva mai abbandonato, anche quando lui pensava che a malapena sapesse che esisteva. Anzi lo aveva sempre seguito, gioendo quando vinceva e soffrendo quando invece le cose andavano male.

Walter Zenga nel novembre del 2004 sulla panchina della Steaua Bucarest
Walter Zenga nel novembre del 2004 sulla panchina della Steaua Bucarest

L'incontro tra Walter Zenga e suo padre in punto di morte: "Lì io ho capito che lui era sempre stato presente"

Il racconto di Zenga, che all'epoca allenava la Steaua Bucarest, inizia dalla bolgia di Bilbao, dove la squadra rumena (con cui vinse uno dei suoi titoli nazionali nel 2005, l'altro con la Stella Rossa l'anno dopo) aveva appena eliminato l'Athletic dalla Coppa UEFA pur perdendo 1-0 al vecchio San Mamés. "Lì mi sono reso conto che lui sì è stato assente fisicamente, ma è sempre stato presente – Walter dice al podcast ‘Centrocampo' – perché in punto di morte io ero a Bilbao a giocare la partita di Coppa UEFA decisiva del girone, perdiamo 1-0 ma comunque ci qualifichiamo, e quindi avevo una grande gioia. Entro negli spogliatoi e mio fratello mi manda un messaggio, mi dice: ‘Grande… cerca di arrivare subito perché papà ha i minuti contati".

"E io cazzo, era mercoledì sera, ero a Bilbao e la domenica avevo ’ultima partita di campionato a dicembre perché poi c’è la sosta invernale in Romania con l’Alba Iulia a Bucarest e quindi sono dovuto andare a Bucarest – continua Zenga – Ho fatto una preghiera, ho detto spero di trovarlo ancora in vita. Finita la partita di Bucarest – che tra parentesi sono stato pure espulso, ho vinto 3-0 e sono stato espulso, quindi immaginate in che condizioni mentali ero – ho preso un aereo privato con mia moglie e sono venuto a Milano".

Zenga oggi a 65 anni, fa l’opinionista su ’Sky Sport’
Zenga oggi a 65 anni, fa l’opinionista su ’Sky Sport’

Walter è arrivato giusto in tempo per dare l'ultimo saluto a suo padre e sentirsi dire poche cose che gli hanno fatto cambiare completamente la percezione del loro legame: "Sono andato, mi sono catapultato in ospedale e mio padre era a letto con la maschera, si è tolto la maschera, mi ha guardato e mi ha detto: ‘Oh, cominci a essere bravo, hai eliminato il Bilbao, ti sei qualificato, risultato storico, e sei pure primo in classifica e hai vinto 3-0. Adesso vai che sono stanco, ci vediamo domani'. E si è rimesso la maschera e io non l'ho più visto, perché il mattino dopo è morto, cioè è morto durante la notte. E lì io ho capito che lui è sempre stato presente e non è perché mi ha detto ‘hai vinto o quella partita lì l'hai passata'. Ma perché ho avuto la percezione che ci sia sempre stato e che anche se non c'era fisicamente, lui c'era mentalmente, pensava al giorno della partita, magari pensava ‘voglio che vada bene', capito? E questa è una cosa che mi ha stroncato, perché orgogliosamente dici: ‘Vabbè, non mi parla, non ci parlo'. In realtà i genitori sono sempre presenti. Me ne accorgo io da genitore in questo momento".

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