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Tommasi a Fanpage.it: “Serie A? Il punto non è il calendario, ma se si potrà continuare a giocare”

Damiano Tommasi, presidente dell’AIC e candidato alla presidenza della FIGC nel 2018, ha analizzato il momento che sta vivendo il calcio italiano negli ultimi giorni dopo il caos sui rinivii degli ultimi giorni dettato dall’emergenza Coronavirus. L’ex centrocampista della Roma e della Nazionale ha analizzato la situazione e ha parlato di diversi nodi da sciogliere al più presto seguendo una linea unitaria da parte di tutta la Lega di Serie A, lasciando da parte le discussioni, polemiche e diatribe.
A cura di Vito Lamorte
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Regna il caos nel calcio italiano. L’Italia sta affrontando un momento difficile a causa dell’emergenza Coronavirus e il Governo ha messo in campo delle misure di contenimento per evitare l’ulteriore diffusione del Covid-19 ma i vertici della Lega di Serie A, con delle decisioni non esattemene coerenti tra loro, hanno creato una grande confusione in vista del prosieguo del massimo torneo italiano. Ai microfoni di Fanpage.it Damiano Tommasi, presidente dell’AIC (Associazione Italiana Calciatori) e candidato alla presidenza della FIGC nel 2018, ha analizzato la situazione dal punto di vista dell’associazione che presiede e ha parlato di diversi nodi da sciogliere al più presto seguendo una linea unitaria da parte di tutta la Lega, lasciando da parte le discussioni e le polemiche.

Sono giorni concitati per il calcio italiano e c’è una sensazione: si parla di calendari e recuperi, di gare a porte aperte o senza pubblico, ma la salute dei calciatori sembra all’ultimo posto.

"Perché ancora non ci sono stati casi a parte quello della Pianese, che ha bloccato tutte le attività, e perché il tema che interessa di più è sapere quando si recupereranno le gare che non sono state giocate. La verità è che a breve non ci saranno più date per chiudere il campionato di Serie A e anche la Lega Pro ha rinviato diverse partite: purtroppo ad oggi la soluzione, al di là dei calciatori che scendono in campo o meno, è stata spostare in avanti tutti gli eventi che vedono assembramenti e presenza di più persone per dare uno stop a questo contagio. L’emergenza, nelle zone del focolaio, fa riferimento alle partite con grande affluenza di pubblico e alla possibilità di evitarle ma dove non è possibile si dovrà giocare a porte chiuse".

 In che modo vi state muovendo come AIC in questo momento?

"Stiamo cercando di capire e di informarci su quali sono le misure che sono state prese e la durata delle stesse, che potrebbero estendersi anche per la prossima settimana quantomeno nelle regioni più colpite. È tutto in evoluzione e domani c’è l’assemblea di Lega: il timore è non avere le date per chiudere il campionato perché si è sperato che in quindici giorni si risolvesse tutto. Temo che la situazione non cambierà molto e bisognerà fare ragionamenti più complicati perché ci sono l’Europeo e il raduno della Nazionale da tenere in considerazione. Quello che mi preoccupa di più è la polemica che si fa su chi è favorito o sfavorito, mentre il ragionamento deve essere un po’ diverso visto che stiamo parlando di un’emergenza che durerà e non riguarda solo noi ma è a livello internazionale".

Avete registrato da parte dei calciatori delle preoccupazioni legate al virus?

"Sicuramente c’è voglia di informarsi un po’ di più da parte di calciatori delle zone più colpite e comunque la concezione è che non ci sia una soluzione a breve perché la coperta è corta. La decisione del consiglio di Lega di ieri, che domani dovranno ratificare o meno, di far slittare le partite per dare a tutti la stessa frequenza e mantenerla fino alla fine, sicuramente creerà disagio e dissenso. Io rimango dell’idea che il problema adesso non è il calendario, ma se si potrà continuare a giocare o meno".

Esiste il rischio che possano essere i calciatori a dire: ‘fermiamoci un attimo'.

"Ad oggi non abbiamo questo sentore. Sicuramente c’è la volontà di riflettere, di poter far giocare squadre che si allenano con misure restrittive e sotto osservazione perché si muovono in zone più affette da contagio. Far muovere persone dalle città colpite da queste misure non riguarda solo i calciatori, ma tutto l’impianto che porta con sé una squadra di calcio: noi speriamo che si possa continuare a fare tutto, ma dovessero arrivare altre direttive poi capiremo meglio.

Juventus-Milan si giocherà a porte aperte in una regione che ha chiuso le scuole. Cosa ne pensa di questa scelta?

"Aprire le scuole è una decisione invasiva sulle famiglia, in qualsiasi caso, e la Regione Piemonte aveva annunciato che avrebbe aperto le scuole per mercoledì, ovvero per il giorno della partita. Chi ha responsabilità e il potere decisionale naviga a vista. Io non sono ancora convinto che si giochi a porte aperte solo per i piemontesi, perché vorrebbe dire avallare la presenze nello stesso posto di più persone che arrivano da luoghi diversi. La scuola è un obbligo, è la quotidianità, la partita invece è su base volontaria. In questo momento il timore di dare messaggi allarmistici c’è da più parti ma dall’altro lato bisogna capire che c’è il rischio di prendere sotto gamba un fenomeno che non è una semplice influenza".

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Qual è la sua preoccupazione maggiore, nel vedere come viene gestita quest’emergenza?

"Devo dire la verità, non è che mi aspettassi qualcosa di differente. La gestione della Lea Pro o della Serie B mostra che una decisione è stata presa, condivisibile o meno, ed è stata portata avanti. Per la Lega di Serie A, da quando è nata nel 2010, ci sono sempre state decisioni prese dai vertici che puntualmente sono state criticate dai club. Questa è la storia. Mi sarei sorpreso se finalmente ci fosse stata un’unica linea. Si sta litigando sul posto a sedere quando l’aereo sta perdendo quota, bisognerebbe avere un po’ di fiducia e di buonsenso e prendere una posizione unitaria remando tutti dalla stessa parte. Probabilmente i prossimi giorni tranquillizzeranno tutti perché le decisioni dovranno essere prese, non solo per volontà della Lega ma per necessità. Potrebbero giocarsi anche partite di Champions League a porte chiuse, quindi capiremo meglio nelle prossime ore cosa accadrà. La prima cosa è che deve essere garantita è la salute dei giocatori".

Quali sono le decisioni che si aspetta dell’assemblea straordinaria di Lega di domani?

"Mi auguro che si faccia fronte comune e che si prenda in considerazione di giocare delle partite nelle soste e che ci si organizzi nel miglior modo possibile: ad oggi, facendo il tifo per le italiane che giocano in Europa e non guardando all’ipotesi di altre sospensioni, non c’è la data per il recupero di Inter-Sampdoria. Dovranno capire come e dove trovare altre date a disposizione per i recuperi e una linea da tenere nelle zone più colpite, porte chiuse o meno. L'importante è che sia unica. L’emergenza c’è e bisogna rapportarsi in maniera seria. A Cremona, ad esempio, sono stati avvisati che non ci sono più posti letto in ospedale e forse non fa notizia perché è Serie B. In Lega Pro ai play-off si incroceranno le squadre dei diversi gironi e non si sa quando si giocheranno. Al di là del campionato, della presenza dei tifosi o meno negli stadi, bisogna garantire la salute di tutti".

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