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Santon sugli infortuni: “Con l’Italia mi spappolai il menisco. Mi chiedevo: e adesso che faccio?”

Santon ripercorre tutto il suo calvario che ha condizionato la carriera da calciatore: “Quando per vent’anni fai sempre quello, a un certo punto ti svegli una mattina e non hai più niente.
A cura di Ada Cotugno
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Davide Santon si guarda alle spalle, dove ha lasciato il calvario che ha condizionato fortemente la sua carriera da calciatore. Da giovanissimo all'Inter sembrava una promessa, adorato da José Mourinho e protagonista anche del triplete nerazzurro, ma poi è stato travolto da un incubo che ha spezzato parzialmente il suo sogno. Dopo gli infortuni non è mai tornato al massimo e nel 2020, quando era alla Roma, ha deciso con molto dolore di appendere gli scarpini al chiodo.

L'ex giocatore si è raccontato a cuore aperto ai microfoni di RadioTV Serie A con RDS dove ha ripercorso tutto il filo della sua carriera, fatta di gioie ma anche di momenti dolorosi: "Quando per vent’anni fai sempre quello, a un certo punto ti svegli una mattina e non hai più niente. Ti chiedi: ‘E adesso che faccio?'. A un certo punto mi svegliavo vuoto dentro, non sapevo più dove girar la testa. Sono stati 5-6 mesi di grande difficoltà, poi pian piano mi sono ripreso".

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Santon racconta l'incubo degli infortuni

Da giovanissimo in poco tempo ha trovato fama e fortuna, grazie alla complicità di Mourinho che ha deciso di dargli grande fiducia quando aveva appena 19 anni. In poco tempo ha esordito non solo in Champions con la maglia dell'Inter, ma ha scalato le gerarchie ovunque: "Faccio il mio esordio a gennaio 2009 e da quel momento gioco praticamente tutte le partite da titolare. In un anno debutto anche in Coppa Italia, in Champions League, in Nazionale Under-21 e con Lippi anche nella Maggiore". Poi arriva il primo infortunio: "Quando sta per iniziare la stagione 2009/10, mi convocano in U-21 contro il Lussemburgo, mi fanno un brutto intervento che comporta la rottura del ginocchio. All’intervallo premono per farmi tornare in campo. Abbiam bisogno di te mi dicono, devi giocare. Allora stringo i denti, torno in campo, ma mi spappolo il menisco. Vengo operato, ma dopo poche settimane ero già tornato a correre. Da quel momento inizia un calvario".

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Da quel momento ha fatto fatica e ha girato varie squadre come Cesena e Newcastle fino ad approdare alla Roma. Lì però non è riuscito a mostrare il suo potenziale e nel 2020, in concomitanza con l'arrivo in panchina di Mourinho, ha deciso di smettere: "È stata una delle decisioni più dure della mia vita. Andavo a Trigoria, mi allenavo e pensavo. ‘Ma domani come faccio a riallenarmi?'. Poi giocavo una partita, e non sapevo come avrei potuto giocare anche la successiva. Fisicamente sentivo sempre dolore e, piuttosto che fare figuracce, presi la decisione di ritirarmi".

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