Renzo Ulivieri: “Italia-Israele va giocata perché non possiamo rischiare che vadano pure ai Mondiali”

Renzo Ulivieri è stato un allenatore che vanta una lunga esperienza in Serie A su varie panchine come Fiorentina, Cagliari, Napoli, Sampdoria, Parma, Torino, Bologna e Reggina, solo per citarne alcune. Oggi Ulivieri ha 84 anni ed è presidente dell'Assoallenatori. Nelle ultime settimane, in vista delle sfide con l'Italia per le qualificazioni ai Mondiali, è stato voce di una delle rare di prese di posizione dal mondo calcistico contro la partecipazione di Israele alle competizioni ufficiali, alla luce del delicatissimo contesto geopolitico in Medio Oriente.
Nel corso di un'intervista a Fanpage.it, Ulivieri ha spiegato la richiesta dell'Assoallenatori, inviata alla Federcalcio con l'obiettivo di arrivare a FIFA e UEFA, di sospendere Israele dalle competizioni calcistiche internazionali a causa delle azioni di sopraffazione perpetrate ai danni del popolo palestinese a Gaza. Ulivieri, però, ci tiene a precisare: "Noi non possiamo non giocare Italia-Israele perché potremmo finire per favorire Israele. Questa è l'ultima cosa vogliamo, ovvero che questo governo e la squadra che rappresenta questo governo vada anche ai Mondiali".
Ulivieri, perché come Associazione Italiana Allenatori avete chiesto che Israele sia bandito da UEFA e FIFA dalle competizioni calcistiche?
"Intanto temporaneamente, per cui quando finirà tutto questo dovremo pensarci, la regola sarebbe questa. La richiesta è partita non per un discorso politico, ma perché si è trattato di qualcosa che ha toccato i nostri sentimenti. Eravamo in 19 (membri del Consiglio Direttivo nazionale di Aiac ndr) e in 19 hanno preso la parola, tutti d'accordo. Se c'era solo uno che non era d'accordo, non saremmo andati avanti".
Qual è la vostra attività in merito?
"L'Assoallenatori non fa solo sindacato, fa anche altre cose specialmente nei confronti di chi è in difficoltà. Tra le persone che sono in difficoltà ci sono i detenuti. L'Associazione Allenatori va a fare corsi da allenatori per i detenuti perché pensiamo che qualsiasi persona abbia diritto alla speranza, alla speranza di vivere anche un solo giorno da uomo libero. È dunque un'associazione di sindacato che si guarda anche in giro, guarda il mondo".

Avete ricevuto dei riscontri ufficiali rispetto alla vostra protesta?
"No, non ufficialmente. Ma sappiamo che la UEFA di fronte a una a una situazione di questo genere non può non essere toccata da questi sentimenti".
Perché non ci sono stati nuovi appelli prima di Italia-Israele in programma a Udine?
"Perché il nostro è stato un discorso molto chiaro, non riguarda le partite della nazionale, riguarda Israele. Noi non possiamo non giocare quella partita perché potremmo finire per favorire Israele (con la sconfitta a tavolino, ndr). Così facendo Israele potrebbe andare ai Mondiali. Questa è l'ultima cosa vogliamo: ovvero che questo governo e la squadra che rappresenta questo governo vada persino ai Mondiali".
È stato corretto giocare contro Israele in Ungheria?
"Bisognava giocare. Siamo obbligati a farlo, altrimenti si favorisce Israele".
Quale consiglio darebbe oggi a Gattuso alla vigilia della partita di ritorno?
"Rino Gattuso lo conosco bene, è una persona di animo e l'ha dimostrato in tante situazioni. È una persona eccezionale dal punto di vista umano, quindi che cosa gli si può andare a dire? Sono stato d'accordo con ciò che ha detto prima della partita d'andata. Lui deve fare l'allenatore, c'è poco da fare. Deve fare l'allenatore e deve cercare di ottenere il miglior risultato".

È preoccupato, da capo dell’AIAC, per la posizione scomoda del CT? Già all'andata ha dovuto affrontare argomenti extra-calcistici sui quali non è sempre facile destreggiarsi.
"A lui questa domanda su argomenti extracalcistici gliela rifaranno ancora, ma in tre parole bisogna che che se la cavi esprimendo il concetto che ha già espresso l'altra volta. Nel senso: io soffro, però che devo fare? Siamo costretti a giocare. Bisogna capire che la decisione non spetta a noi, non spetta a Gattuso. Noi abbiamo fatto la richiesta. Se non viene accettata dobbiamo giocare, se no si favorisce Israele".
Cosa significa per un allenatore pensare alla partita in un contesto geopolitico incandescente come questo?
"Significa comportarsi come sempre. L'allenatore è abituato a sopportare anche pressioni esterne, cose che possono influire sulla squadra, sul rapporti con i tifosi, sui problemi con la società o la federazione. Questo è un problema più grosso perché è un problema internazionale, è un tema di genocidio. È superiore a qualsiasi questione. Però bisogna che ce la faccia a concentrarsi sulla partita e che lo stesso facciano i calciatori".
Cosa può fare oggi il calcio italiano e anche l'Associazione per dare un contributo al popolo palestinese?
"Intanto quello che c'era da fare, noi pensiamo di averlo fatto. La cosa più importante è che il popolo palestinese non si senta abbandonato e non si senta solo. Se dovessero sentirsi abbandonati sarebbe la fine".
C'è chi ha parlato del vostro appello come associazione presentando Ulivieri come "il comunista", le ha dato fastidio?
"No, perché sono comunista da sempre".