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Festival di Sanremo 2021

Perché Ibrahimovic e Mihajlovic cantano Io vagabondo a Sanremo 2021: risposta all’insulto “zingaro”

Io vagabondo (che non sono altro) è la canzone dei Nomadi cantata da Ibrahimovic e Mihajlovic al Festival di Sanremo. Perché è stato scelto proprio quel testo? Dietro l’esibizione del calciatore del Milan e del tecnico del Bologna c’è una motivazione precisa e molto importante: rispondere attraverso le note di uno dei successi italiani agli insulti razzisti.
A cura di Maurizio De Santis
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Io vagabondo (che non sono altro) è la canzone dei Nomadi che Sinisa Mihajlovic e Zlatan Ibrahimovic cantano al Festival di Sanremo. Perché è stato scelto proprio quel testo per l'attaccante del Milan e per il tecnico del Bologna? La spiegazione è nel messaggio che c'è dietro l'esibizione musicale: rispondere attraverso le note di uno dei successi italiani agli insulti razzisti che spesso sono stati (e sono tuttora) rivolti ai due protagonisti, diventati amici dopo una testata in campo. Uno in particolare: "zingaro", urlato contro lo svedese e l'allenatore serbo per le loro origini etniche, e spesso accompagnato da altre offese altrettanto gravi.

Nei racconti di Ibra e Mihajlovic c'è la descrizione perfetta dell'esperienza vissuta in campo, caratterizzata da quelle espressioni scagliate contro di loro non solo dai tifosi rivali ma anche dai calciatori avversari. Un modo di giocare sporco per provocarli e innervosirli durante i match. "Mia madre è croata, mio padre bosniaco, io sono nato in Svezia e mi sento svedese al 100% – ha sempre affermato Zlatan -. Ma questo a loro non importa e il loro atteggiamento non mi sorprende. Alcuni difensori fanno così perché pensano di scoraggiarmi. Come reagisco? Restando concentrato su quello che devo fare in campo".

Qualcosa di molto simile gli è capitato anche in occasione della partita di Europa League giocata dal Milan a Belgrado, contro la Stella Rossa. In quel caso il giocatore era seduto in tribuna e gli urlarono "sporco balija", un'affermazione dispregiativa che fa riferimento all'origine etnica. Su quell'episodio è stata aperta un'inchiesta ma, secondo Ibra, per combattere fenomeni del genere all'interno degli stadi non si può affrontare la questione solo dal punto di vista culturale. È altrettanto necessario anche il momento repressivo, null'altro che applicare la legge. "Meglio togliere tre punti, sospendere la partita e perdere l’incasso, così rischi di andare in serie B. Devi essere severo, la gente non capisce fino a quando non paga le conseguenze. È razzismo anche se ti gridano zingaro… poi capita che mi vedono fuori dallo stadio e vogliono farsi una foto con me".

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Sinisa come Zlatan. Sul palco del Teatro Ariston ad accomunarli nell'insolito duetto canoro è questo particolare biasimevole che hanno subito loro malgrado. Perché Mihajlovic è finito nel mirino? La causa è sempre la stessa: l'origine etnica. Il tecnico del Bologna è nato a Vukovar – città croata sul confine con la Serbia -. Sua madre è croata e fa la casalinga, suo papà era serbo e lavorava come camionista. Nemmeno ricorda più le volte in cui, sul rettangolo verde come dalle tribune, lo abbiano apostrofato definendolo "zingaro" o "serbo di merda". "Anche questo è razzismo – disse in conferenza stampa ai tempi della panchina del Torino -. Razzismo non è solo discriminazione per il colore della pelle e in Italia c'è anche questo. Però a questa gente sapete cosa dico? Se avete le palle, certe cose venite a dirmele in faccia. Se vogliono do loro il mio indirizzo, li aspetto…".

La trance agonistica fa brutti scherzi. Lui stesso è caduto nella trappola una volta. Ha capito di aver sbagliato, lo ha ammesso pubblicamente e ha pagato – com'è giusto che fosse – con le sanzioni sportive inflittegli. Mihajlovic spiega cosa accadde nel battibecco con Vieira. "Nell'ottobre del 2000 in Lazio-Arsenal di Champions League dissi a Vieira ‘nero di m…'. Presi 3 giornate di squalifica. Commisi un grave errore ma lui mi aveva chiamato zingaro di m… per tutta la partita. Per lui l'insulto era zingaro, per me era m… Perché? Per evidentemente nei confronti di noi serbi il razzismo non esiste".

Dal campo alla vita quotidiana, a Sinisa una cosa del genere è capitata anche in un alterco contro un agente in occasione della finale di Coppa Italia tra Atalanta e Lazio del 2019. "Un poliziotto mi ha detto zingaro", fu la denuncia del tecnico del Bologna che nella Capitale era andato in compagnia del diesse Bigon. "Sono stanco di sentirmi insultare. Ci vuole un po’ di rispetto. E quando manca sento tornare in me il ragazzo istintivo di un tempo", disse allora a margine di quell'episodio. Oggi canta ‘un deserto mi sembrava la città… ma un bimbo che ne sa, Sempre azzurra non può essere l'età'.

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