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Terremoto in Turchia e Siria

Montella si sente un sopravvissuto: “Forse i miracoli esistono. Sentivo le urla dai telefonini”

La testimonianza di Vincenzo Montella sul sisma in Turchia è da brividi, lui e la squadra sono stati salvati dal calendario del campionato: “Le possibilità che non fossi ad Adana durante il terremoto erano veramente basse. Sono vivo. Angosciato ma vivo. Dovrei considerarla una fortuna? Troppi morti, è difficile”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Umraniyespor-Adana Demirspor sarà per sempre la partita della vita di Vincenzo Montella, altro che i quattro gol segnati nel derby di Roma 20 anni fa. Una partita che non si è giocata. Era in programma ieri alle 15 a Umraniye, distretto del comune metropolitano di Istanbul, la capitale della Turchia che ha patito pochi danni per il devastante terremoto che ha colpito la parte orientale del Paese assieme al nord della Siria e che ha provocato migliaia di morti ed altrettanti dispersi tuttora sotto le macerie.

La squadra allenata da Montella aveva lasciato da qualche ora Adana, una delle città più colpite dal sisma, con palazzi sventrati e rasi al suolo, per andare a giocare la partita di campionato in trasferta ad Istanbul: il calendario della Super Lig li ha salvati da un destino che avrebbe potuto essere di morte. come quello toccato ad altri meno fortunati. Il 48enne tecnico campano si sente un sopravvissuto, sta vivendo minuto per minuto la tragedia della terra che lo ospita da un anno e mezzo e dove sta facendo benissimo (attualmente è quinto, a due punti dal terzo posto).

Montella ringrazia la sua buona stella, ma non riesce a goderne, non con lo strazio che ha davanti agli occhi: "Forse sì, i miracoli esistono. Le possibilità che non fossi ad Adana durante il terremoto erano veramente basse. Invece mi trovo qui a Istanbul. A un migliaio di chilometri dai palazzi crollati, dai morti e dalle macerie. Mi trovo qui, ancora incredulo, a pregare per le vittime. Sono vivo. Angosciato ma vivo. Dovrei considerarla una fortuna? Troppi morti, è difficile".

Arrivati domenica a Istanbul, squadra e staff sono stati svegliati nella notte dalle drammatiche notizie che arrivavano da casa: "I miei calciatori sono stati svegliati dai familiari che erano in strada – racconta Montella al Corriere della Sera – Pioveva forte ad Adana e davanti ai loro occhi si stava prefigurando uno scenario apocalittico dalle proporzioni ancora indefinite. Mogli e figli avevano lasciato le case, piangevano. Ascoltavo le loro urla dai telefonini. Difficile mantenere la calma, anche noi avvertivamo scosse in continuazione. La notizia del terremoto fa il giro del mondo, i miei figli dall'Italia mi chiamano ogni ora, vogliono che torni a casa".

Una richiesta comprensibile quella degli affetti più cari dell'allenatore di Pomigliano, ma Vincenzo sente dentro di sé qualcosa che gli dice di non scappare, la stessa voce che avvertì De Zerbi allo scoppiare della guerra in Ucraina: "Sono tentato. Li ho rassicurati ma ora vorrei abbracciarli forte. Ne ho un bisogno fisico, e anche emotivo. Mi sento un uomo fortunato, ho sfiorato una tragedia enorme. Vorrei il calore di casa mia o forse, inconsciamente, sentirmi al riparo. Sì, ho paura. La Turchia però è una terra meravigliosa, se andassi via adesso sarebbe come fuggire. Sarei egoista. Magari tra qualche giorno… Per ora resto a Istanbul. L'albergo dove risiedo ad Adana è stato evacuato: è andato a fuoco. Capisce perché mi sento un sopravvissuto? Molti dei miei giocatori non hanno più casa. Preghiamo, preghiamo tutti".

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