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L’urlo disperato di Inter e Milan: “Si sono dimenticati del calcio, siamo sull’orlo del baratro”

A sottolinearlo l’ad nerazzurro Beppe Marotta e il presidente rossonero Paolo Scaloni: “Pericolo reale di default, il Governo smetta di ignorarci”
A cura di Alessio Pediglieri
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Un coro si è alzato dalla Milano calcistica e non arriva dalle Curve di Inter e Milan. Ad alzare la voce (e i toni) sono stati Beppe Marotta sulla sponda nerazzurra e Paolo Scaroni sul versante rossonero del Naviglio. Non due persone qualsiasi ma il braccio destro di Zhang e il presidente del Diavolo, che hanno entrambi indirizzato il proprio grido al Governo perché salvi il calcio, sull'orlo di una crisi di nervi. E non solo. Perché da un lato il convulso e quasi surreale calendario, che impone oramai partite ad ogni ora del giorno e quasi ogni giorno, sta mandando in tilt il metabolismo dei tifosi e degli appassionati, dall'altro l'intero sistema calcistico  sta vivendo una delle sue stagioni più buie, economicamente parlando.

Proprio di natura finanziaria è infatti il coro unito delle dirigenze dei due club meneghini che di fronte alle ultime direttive del Governo, non solo si dicono basiti, ma si professano quanto mai allarmati per il futuro di una filiera che – come ricorda Marotta – aveva "un giro d'affari pre pandemia di quasi 4 miliardi e ne versa all'Erario ogni anno 1,2" e che – rimarca da par suo Scaroni – presenta "un'industria come la nostra che dà lavoro a 300.000 persone". Dunque, "inammissibile"  non aver ricevuto sussidi e sostegni dalle istituzioni con un sistema che "è sull'orlo del baratro. La Serie A e più in generale il calcio italiano sono a rischio default".

Parole di Beppe Marotta, al Sole 24Ore, in cui il dirigente nerazzurro amplia il ventaglio delle difficoltà dell'intero sistema calcistico, involuto in due anni di una pandemia che non accenna ancora a diminuire e lasciare spazio alla normalità. "Avevamo squilibri ben prima del Covid" è la premessa da autoaccusa, da parte di chi conosce bene l'ambiente di cui sta parlando, lavorandoci da oltre 30 anni. Ma non basta il semplice mea culpa di rito. Perché proprio per l'enorme esperienza di cui dispone è lo stesso Marotta a fare il doveroso distinguo: "All'estero i club sono stati supportati economicamente. Nel nostro Paese l'Esecutivo ha concesso al settore solo aiuti col contagocce e ridotto la capienza degli impianti sportivi. Misure che insieme alla pandemia hanno influito pesantemente sui bilanci dei club e che, senza ristori, ora rischiano di mandare letteralmente in default tutto il comparto calcio italiano".

Numeri alla mano? Eccoli. "La Francia si prepara ad accogliere il 100% di tifosi, così come avviene già in Inghilterra. Noi siamo qui inchiodati a 5 mila spettatori". E poi ancora: "Prima della pandemia, il sistema calcio che molti pensano sia in mano a ricchi scemi, ha dato 1,2 miliardi all'erario all'anno. In Europa i club vengono sponsorizzati da industrie del betting qui da noi vietate: oltre 100 milioni di contratti volatilizzati" sottolinea ancora Marotta. Cui fa eco l'analisi dura del presidente del Milan: "Non si capisce perché al calcio di vertice si sia deciso di non assegnare nulla: non è ammissibile questo trattamento per un’industria come la nostra che dà lavoro a 300mila addetti".

Dunque, la soluzione. Per i due massimi dirigenti di Inter e Milan la linea era più che chiara ed evidente, ma è stata volutamente ignorata dal Governo: "A differenza di tante altre imprese che hanno dovuto fermarsi e che hanno ottenuto contributi, per noi non c'è nulla" conclude Scaroni "e se saremo costretti a ridimensionarci o a chiudere i battenti sarà un problema per tutti gli italiani". Una minaccia? No, un monito al quale Marotta aggiunge la pronta soluzione: "Mi accontenterei di un ministro dello Sport che concentri poteri e risorse, aiutandoci col dialogo a salvare il calcio e a riformarlo"

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