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Proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini

La nazionale iraniana di beach soccer fatta sparire dalla polizia: ha protestato contro il regime

Un terribile destino attende i calciatori della nazionale iraniana di beach soccer che domenica scorsa ha vinto un importante torneo a Dubai battendo in finale il Brasile. Durante il match i giocatori hanno compiuto clamorosi gesti di sostegno alle proteste per i diritti civili che infiammano il Paese, al loro ritorno in Iran la polizia li ha sequestrati all’aeroporto e condotti in un luogo sconosciuto.
A cura di Paolo Fiorenza
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La Federcalcio iraniana gliela aveva giurata ed i calciatori della nazionale di beach soccer non sono sfuggiti alla tremenda ritorsione del regime degli ayatollah: la loro protesta fatta in diretta televisiva in occasione di un evento trasmesso in tutto il mondo come la finale della Beach Soccer Intercontinental Cup (evento secondo per importanza solo ai Mondiali) non poteva essere ignorata. Non da un regime che continua ad uccidere impunemente persone che manifestano per i diritti civili, come avvenuto appena sabato scorso per una studentessa massacrata a Teheran a colpi di manganello in testa inferti dalla polizia.

Chi dissente dall'oscurantismo imposto soprattutto alle donne va punito senza pietà. Una regola che vale per chiunque, anche se si è sportivi famosi. Lo ha appreso sulla propria pelle un idolo come l'ex bomber Ali Daei, vera e propria leggenda del calcio iraniano, che a fine ottobre è stato arrestato per essersi schierato a favore delle proteste che da settimane infiammano il Paese arabo in seguito all'uccisione di Mahsa Amini, una 22enne donna curda morta mentre era tenuta in custodia della polizia dopo essere stata arrestata perché non indossava correttamente il velo islamico.

Non sono sfuggiti al pugno duro neanche i giocatori di beach soccer, né li ha salvati da un destino angosciante ed ignoto il fatto di aver trionfato nella competizione appena conclusasi negli Emirati Arabi, battendo in finale il Brasile. Del resto sapevano bene quello che facevano e le conseguenze cui sarebbero andati incontro nel momento in cui hanno inscenato una protesta tanto clamorosa quanto plateale. Non un gesto isolato di un singolo, ma un'azione decisa dall'intera rappresentativa in maniera che si può definire eroica, se eroe è chi si batte con eccezionale coraggio esponendosi ad un grande pericolo.

Loro lo sapevano che il regime avrebbe reagito con furia cieca e comunque lo hanno fatto. Domenica scorsa a Dubai l'Iran ha vinto la Beach Soccer Intercontinental Cup per la quarta volta, battendo per 2-1 il Brasile in finale. Il match è stato utilizzato dai giocatori – prima, durante e dopo il fischio finale – per far conoscere al mondo e a chi li governa i loro sentimenti circa i disordini che non accennano a diminuire in seguito alla morte di Mahsa Amini. Dunque, prima dell'inizio della partita col Brasile, i calciatori iraniani hanno preso posizione non cantando l'inno nazionale. La reazione della TV di stato è stata immediata: la trasmissione in diretta della gara è stata bruscamente interrotta. Evidentemente c'era il sentore che la protesta non sarebbe finita lì.

Ed infatti durante il match la stella Saeed Piramoon – dopo aver segnato il decisivo secondo gol – ha inscenato l'atto più potente, mimando il gesto di tagliarsi i capelli dopo esserseli afferrati, un gesto che identifica chi supporta le richieste per il miglioramento dei diritti delle donne in Iran. Ed anche dopo che l'arbitro ha decretato la fine della gara, i giocatori si sono rifiutati di celebrare la loro vittoria. La protesta ha ottenuto risalto e applausi sui social, ma la condanna con annessa minaccia da parte della Federcalcio iraniana è arrivata poco dopo: i calciatori sarebbero stati "sistemati" per aver messo in scena un "atto politico".

"Le persone che non hanno seguito l'etica professionale e sportiva saranno trattate secondo i regolamenti – si leggeva nella dichiarazione pubblicata dalla Federcalcio iraniana – In base alle regole della Repubblica islamica dell'Iran, al Codice Etico Olimpico ed alle regole della FIFA, i comportamenti politici devono essere evitati sui campi sportivi". A quel punto la polizia sapeva già cosa fare ed anche i calciatori avevano capito cosa li attendeva in patria. Nessuno ha provato a non tornare a casa, visto che le loro famiglie sono ovviamente lì e la ritorsione a quel punto avrebbe colpito loro.

Secondo quanto riferito dai media dell'opposizione con sede all'estero, i giocatori dopo essere atterrati in Iran dagli Emirati Arabi Uniti lunedì ​​7 novembre sono stati portati via contro la loro volontà in un luogo sconosciuto da più di 15 uomini in uniforme. Ai rappresentanti dei media e alle famiglie degli atleti è stato vietato l'ingresso nella sala arrivi dell'aeroporto internazionale Imam Khomeini di Teheran e l'intera squadra è stata dunque sequestrata ed al momento il suo destino è ignoto, in un atto che difficilmente si riesce a concepire come sia possibile nell'anno 2022.

La foto che mostra un giocatore della nazionale iraniana di beach soccer imitare il modo in cui la polizia trattiene le persone in Iran è un pugno nello stomaco che commuove, pensando a cosa attende adesso questi giovani uomini che combattono per libertà, dignità e progresso. La partecipazione dell'Iran agli imminenti Mondiali in Qatar ormai non è a rischio, visto che la Fifa ha deciso di girarsi dall'altra parte, ma il mondo ha occhi per vedere: impossibile fare finta di nulla.

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