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Caso Juve, le news su plusvalenze e stipendi

Il dirigente Juve intercettato in un ristorante: “Situazione così brutta come con Calciopoli”

Le dimissioni del Consiglio di Amministrazione della società sono state un terremoto. Una scelta inevitabile dinanzi alla posizione dei sindaci del club: “Se portate in assemblea questo bilancio, dobbiamo andare in Procura”. E dal passato riemergono aspetti inquietanti.
A cura di Maurizio De Santis
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Le dimissioni del CdA della Juventus provocate dalla situazione finanziaria e giudiziaria divenute insostenibili.
Le dimissioni del CdA della Juventus provocate dalla situazione finanziaria e giudiziaria divenute insostenibili.
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Lo spettro di Calciopoli torna dal passato e porta con sé il corredo accessorio di inquietudine e timori. C'è un dirigente della Juventus che lo evoca in dialogo con il direttore sportivo. È come se lo vedesse davanti a sé, a sussurrargli con un ghigno che nessuno è intoccabile. E che, prima o poi, per quanto sia potente, la caduta può essere rovinosa e avere strascichi durissimi. Accadde oggi, era sedici anni fa ma quelle sensazioni, quel clima di resa dei conti, sembrano gli stessi.

La chiacchierata risale a un anno fa (22 luglio 2021) e quella frase pronunciata in un ristorante a mo' di confidenza personale, di esempio tangibile della tempesta giudiziaria imminente all'orizzonte, rivela come i timori in casa bianconera fossero palpabili. La consapevolezza che la Consob aveva deciso di mettere il naso nei bilanci, verificare i movimenti contabili, mettere in controluce la strategia finanziaria e aziendale per capire come quadrassero i numeri di una società quotata in Borsa, toglieva il sonno.

Immaginavano che non sarebbe stata indolore. Sapevano che prima o poi sarebbe arrivata la bufera. Paventavano che i risvolti legali sarebbero stati tali da piombare nello stesso clima di sedici anni fa, in quella estate calda e dannata per le sanzioni della giustizia sportiva che spazzarono via il club dalla Serie A: lo spedirono in B, retrocesso con punti di penalizzazione e la cancellazione degli scudetti.

I bianconeri hanno azzerato i vertici con la remissione degli incarichi nel board. Si è chiusa così l'epoca di Andrea Agnelli.
I bianconeri hanno azzerato i vertici con la remissione degli incarichi nel board. Si è chiusa così l'epoca di Andrea Agnelli.

Un crollo fragoroso e una macchia infamante per le accuse che – oltre ai vertici della vecchia signora – trascinarono nel gorgo un sistema intero, dirigenti di altre società, calciatori e arbitri compresi. Cosa succederà a livello sportivo nessuno può dirlo ora ma nemmeno escluderlo.

Adesso c'è quella ordinaria che ha aperto un filone d'inchiesta grande e profondo come una voragine che può inghiottire un altro pezzo di storia bianconera per la gravità dei reati contestati alle 16 persone indagate: falso in bilancio, manipolazione del mercato, ostacolo all’attività di vigilanza, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti.

È anche in questo contesto che matura quell'affermazione che emerge dalle carte processuali ("una situazione così brutta si è vista solo con Calciopoli", come riportato dall'Ansa) e traccia i contorni della vicenda scandita da rilievi mossi dalla Commissione sulla presunta "non corretta rappresentazione della situazione aziendale" e ancora sulla ipotetica "non conformità dei bilanci ai requisiti di attendibilità, prudenza e completezza".

John Elkann, ad di Exor (la holding di famiglia che controlla la Juve), accanto ad Andrea Agnelli.
John Elkann, ad di Exor (la holding di famiglia che controlla la Juve), accanto ad Andrea Agnelli.

Dimissioni atto di responsabilità. È così che John Elkann (ad di Exor, la holding di famiglia che controlla la Juve) ha definito il gesto ‘incoraggiato' e inevitabile per la situazioni economica e giudiziaria divenute ormai insostenibili, con le ipotesi di rinvio a giudizio e arresti incombenti e quel fantasma (come ai tempi di Calciopoli) che non danno tregua.

"Se portate in assemblea questo bilancio, dobbiamo andare in Procura", la raccomandazione realistica dei sindaci del club è stato il muro invalicabile anche per il presidente, Andrea Agnelli, che all'interno del Consiglio di Amministrazione non era più saldo come un tempo. Lo aveva intuito quando, nella mail spedita a dipendenti e tesserati, aveva parlato di "compattezza venuta meno".

A logorare la sua posizione è stata la brutta piega presa dalla gestione economica e il piano strategico intimamente legati: negli ultimi cinque anni la Juventus ha bruciato risorse preziose che nemmeno i tre aumenti di capitali in dieci anni sono riusciti ad alimentare, registrando perdite complessive per oltre 600 milioni.

La 'carta Ronaldo' è il documento segreto sulla manovra stipendi finita al centro dell'inchiesta sui bianconeri.
La ‘carta Ronaldo' è il documento segreto sulla manovra stipendi finita al centro dell'inchiesta sui bianconeri.

L'operazione Cristiano Ronaldo (la cui carta segreta sarebbe parte essenziale del lato oscuro della manovra stipendi), i costi e il monte ingaggi della rosa lievitati in maniera esponenziale, il periodo nero del Covid e dei mancati introiti, gli insuccessi sportivi (la Champions è un'ossessione rimasta tale anche con CR7 in squadra) hanno dato un colpo alla cassaforte. Il lancio della Superlega e il braccio di ferro con la Uefa, il caso dell'esame di Suarez, la questione delle plusvalenze lo hanno inferto all'immagine del club. Nel redde rationem ci sono anche questi aspetti tutt'altro che trascurabili.

In tre anni, tra il 2019 e il 2022, i vertici della Juve hanno sentito la terra tremare e poi sgretolarsi sotto i piedi fino al terremoto che ha fatto tabula rasa del board rimasto in carica fino a qualche giorno fa. Il presente è incertezza, il futuro prossimo rischia di essere scritto nelle aule dei tribunali, quello avvenire è tutto da ricostruire.

Ma senza Andrea Agnelli che "di comune accordo con Elkann" ha fatto un passo indietro perché – come lui stesso ha ammesso durante un incontro in Parlamento "La Juve è più grande di ogni uomo che la potrà mai guidare". E forse, s'è rivelata troppo grande anche per lui fino a restarne schiacciato nonostante il lungo ciclo di vittorie in Italia.

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