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I fratelli Gomis a Fanpage: “Non è stato bello sentire certe cose sulla Coppa d’Africa”

Maurice e Alfred Gomis hanno parlato in un’intervista a Fanpage. Il primo ha difeso la porta della Guinea-Bissau, il secondo invece, è il portiere del Senegal impegnato stasera nella semifinale di Coppa d’Africa.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Alfred e Maurice Gomis sono stati protagonisti in Coppa d'Africa. Due fratelli, entrambi portieri, ma che giocano con due Nazionali diverse. Il primo è l'estremo difensore del Senegal che ha conquistato la finale del torneo, il secondo ha invece difeso i pali della Guinea-Bissau venendo però eliminato nella fase a gironi. La passione per il calcio e il ruolo da portiere ha accomunato tutti loro. Papà Charles è stato infatti un esempio per i quattro fratelli dato che era stato proprio lui a tramandare quella che è poi diventata una tradizione di famiglia.

Tutti i fratelli Gomis infatti giocano in porta: Alfred al Rennes in Francia, Maurice a Cipro tra le fila dell'Agia Napa e Lys, il più grande, che a 32 anni dopo aver militato nel Torino ha poi dovuto smettere di giocare per via di un grave infortunio. Il più piccolo è David, nato nel 2010 e pronto anche lui ad indossare i guantoni. Alfred e Maurice Gomis hanno parlato a Fanpage della loro passione per il calcio, delle sensazioni e delle difficoltà vissute in Coppa d'Africa giocando con una pandemia che ha messo in ginocchio tutto il continente.

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Vi ha sorpreso la convocazione in Coppa d'Africa?
"La convocazione in Coppa d'Africa fa sempre piacere perché è la chiamata che ti aspetti avendo sempre fatto parte della Nazionale – spiega Alfred Gomis – Stando nel gruppo da anni ormai è un qualcosa che ti aspetti ma sei sempre con il punto interrogativo fin quando non viene resa nota la convocazione". Tanta l'emozione di indossare quella maglia: "È bellissimo difendere i colori del nostro Paese e poter contribuire con i miei compagni a fare la storia".

Stesso pensiero anche per Maurice che invece gioca per la Guinea-Bissau: "Io la convocazione l'ho colta di sorpresa, mi sono sempre rapportato bene con gli altri ragazzi che mi hanno fatto inserire alla grande – spiega – È stata la mia prima competizione internazionale alla quale ho partecipato, ma la vittoria più grande è stata quella di aver giocato per il proprio Paese".

La vostra storia è molto particolare: come mai Alfred gioca con il Senegal e Maurice per la Guinea-Bissau?
"Io ho avuto la fortuna di giocare con le giovanili dell'Italia e sono arrivato in Italia quando avevo 3 anni e mi sento italiano – spiega Alfred – Mi sento italiano tanto quanto senegalese e all'epoca mi è stata data la possibilità di indossare quella maglia e io sarò sempre grato all'Italia per avermi dato modo di farlo". Tutto è cambiato dopo un viaggio in Senegal: "Nel corso della vita poi si prendono delle decisioni. Io mi sentivo sempre italiano ma pur sapendo di avere origini senegalese non avevo avuto modo di scoprirle.

Quando sono tornato in Senegal ho avuto modo di scoprire il Paese e a quel punto mi sono convinto di giocare col Senegal – aggiunge – Era la promessa che mi ero fatto. Il mio obiettivo non era la Nazionale, ma la cultura, scoprire le mie radici. Ad oggi, conoscere due mondi è una grande ricchezza. I tempi sono cambiati, la globalizzazione ha avuto un effetto differente ad essere accettati. Il mondo tenderà ad andare avanti, ad essere connesso e questo penso sia una grandissima ricchezza".

Maurice Gomis invece gioca per la Guinea-Bissau perché la nonna ha origini della Guinea. "I rappresentati della Guniea-Bissau mi diedero tanti motivi per convincermi ed essere in squadra, per loro era importante portare i ragazzi di origine guineana a giocare per noi, perché molti giocano con il Portogallo dato che la Guinea era stata una colonia portoghese. Io ho scoperto una parte d'Africa che non conoscevo e non potevo fare scelta migliore".

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Come è nata la vostra passione per il calcio?
"Io essendo il terzo di quattro figli me l’hanno impiantata come cosa – spiega Maurice – Ho visto sia papà che Lys e Alfred giocare in porta ed ero molto orientato a fare questa scelta. Oggi è diventato il mio lavoro e non posso che esserne felice". Alfred invece ha spiegato un aneddoto riguardante la loro carriera: "Quando abbiamo iniziato eravamo appena arrivati dall’Africa, e come si faceva spesso, giocavamo per strada con gli amici. Un osservatore del Cuneo ci ha visto giocare e ci ha proposto di fare un provino – spiega Alfred – Da lì è iniziato così il nostro percorso nel Cuneo".

In quel momento inizierà il suo cammino nel mondo del calcio: "Io dopo tre anni al Cuneo sono andato al Torino e successivamente anche Maurice nelle giovanili del Cuneo". Il portiere del Senegal racconta: "A noi ci bastava vedere un pallone, i bambini impazzivano, non come adesso con i social network e i numeri di telefono, non esisteva tecnologia – spiega – Prendevamo quella palla e andavamo al parco anche con i vestiti domenicali, non ci interessava, ci sporcavamo di fango giocando per divertirci".

Eravate d’accordo a disputare la Coppa d’Africa? Quali erano le maggiori preoccupazioni legate al Covid?
"Non ci sono gli stessi protocolli e le stesse misure sanitarie dell’Italia e una preoccupazione legata al Covid c’era prima di iniziare – spiega Maurice – Un po’ di riluttanza c’era ma allo stesso tempo se la sono cavata con un protocollo sanitario attuabile gestendola al meglio".

Alfred si associa al discorso di suo fratello ma sottolinea alcune criticità: "Il calcio viene vissuto come una religione perché è una delle poche cose che può dare sollievo alle persone qui in Africa – racconta – Chiaramente ci sono alcuni aspetti che si possono rivedere. Ho letto dei 6 giocatori del Gambia in una camera da letto, in una situazione di Covid non è il massimo dato che basta un positivo che tutti possono contagiarsi".

Vi ha dato fastidio la campagna fatta a livello mediatico per far passare la coppa d’Africa come una scocciatura e il fatto che in Italia si facesse il tifo per farla rinviare?
"Chiaramente messa così è sembrata quasi una forzatura come se l’Africa dovesse passare in secondo piano – ha aggiunto Alfred Gomis – Si è riusciti a fare gli Europei, la Coppa America e non capisco perché non si potesse fare anche la Coppa d’Africa". Non è stato molto apprezzato il comportamento avuto in Italia dove Alfred ha giocato per diversi anni con le maglie di Torino, Avellino, Cesena, Salernitana, Bologna e SPAL: "Ciò che è successo in Italia non è stato correttissimo, sembra quasi come se volessero mettere le nazionali africane in secondo piano – ha aggiunto – Il messaggio è passato male".

Stesso pensiero anche di Maurice: "Non è stato bello sentire dire determinate frase da certe persone – spiega ancora – Se si fosse giocata in estate non avrebbe creato danni ai club, ma per il fatto che si svolgesse a gennaio, le società, se avessero avuto modo di far restare i giocatori nei club l’avrebbero fatto".

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Strutture e condizioni generali in Coppa d'Africa, che situazione avete trovato?
"Potevano fare meglio da un certo punto di vista – racconta Maurice – Ad oggi diciamo che le condizioni nella quale giocatori e staff possano vivere negli hotel è rivedibile. Non sta ne in cielo e né in terra far dormire 6 persone nella stessa stanza. Questa non è una cosa bella".

C'erano alcune criticità, spiega ancora Maurice Gomis, piccolezze che si potevano risolvere: "Nella manutenzione delle stanze c’erano dei problemi, almeno per quanto riguarda il nostro hotel e dove stavamo". Alfred su questo argomento però spiega: "Le strutture sono in ritardo ma noi giocatori conosciamo il nostro ambiente e siamo maturi da saperci adattare – aggiunge – Se siamo qui non è per una vacanza ma per fare piacere al nostro popolo e andiamo oltre queste cose. Nella globalità, il caso del Gambia è anche esagerato, bisognava porre attenzione".

In Serie A siete mai stati vittime di razzismo in campo? Come si può arginare questo fenomeno che in Italia sta dilagando sempre di più?
"Qualche episodio è capitato ma sempre isolato a se stesso – ha spiegato Maurice – La maturità di ognuno fa sì di non dargli importanza e reagire. È inconcepibile che nel mondo del calcio comunque questo accada". Alfred invece parla del tema del razzismo rapportandolo alla differenza tra Francia (dove gioca ndr) e l'Italia: "Penso che quando una persona fa del razzismo, più del 90% lo fa perché è codardo e vigliacco – spiega – In Italia, essendo una prevalenza di popolazione bianca anche allo stadio, insultando un giocatore di colore in campo c’è qualcuno bianco intorno a lui che lo segue, o si ribella o è indifferente".

Diversa la situazione invece altrove: "In Francia invece stai tranquillo che nel caso ci fosse un episodio simile, ci pensi due volte perché essendoci un grande numero di persone di colore è come se stessi insultando il tuo vicino di posto e lui potrebbe darti un pugno in faccia, risponderti male e dunque di reagire". Alfred Gomis spiega ancora: "Il giocatore invece sta facendo il suo lavoro e quindi subisce la cosa – aggiunge – Ricordiamoci che stiamo giocando a calcio non bisogna sforare in queste cose e andare a toccare argomenti che risalgono a periodi storici che hanno fatto male a un intero continente in cui c’è stata gente che è morta, ha versato il proprio sangue e c’è chi continua a farlo per far sì che tutto ciò finisca".

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