Gottardi: “Compro immobili, vendo e affitto. A Roma ci vogliono tre anni per mandare via chi non paga”

Chiedi a un tifoso della Lazio chi era Guerino Gottardi e lui ti risponderà con parole come "leggenda", "mito" o simili. Il polivalente calciatore svizzero con cittadinanza italiana, nato a Berna nel 1970 da emigranti di Conegliano, pur non essendo titolare fisso nei dieci anni di militanza biancoceleste (dal 1995 al 2004), si è conquistato uno spazio non solo nel cuore dei sostenitori dell'Aquila, ma anche nella storia del club capitolino. Il palmarès di Gottardi è appunto da leggenda: oltre allo Scudetto del 2000 con Eriksson in panchina, ha vinto tre Coppe Italia, due Supercoppe Italiane, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa UEFA, con momenti indimenticabili come il gol segnato contro la Roma nel derby di Coppa Italia, quello al Milan in finale di coppa nazionale e quello in Champions League al Real Madrid. Dopo aver provato ad allenare, oggi a 54 anni Gottardi fa tutt'altro: lavora nel settore immobiliare.
Guerino Gottardi oggi è un imprenditore immobiliare: "Non ho sperperato"
Guerino è un imprenditore che fa la spola tra Berna, dove vivono ancora i suoi genitori di 91 e 88 anni, e Roma, dove c'è la sua compagna. Il suo business è soprattutto in Svizzera e spiega il motivo: "Perché in Italia non sei tutelato dallo Stato, in Svizzera sì. Se uno non ti paga l'affitto dopo tre mesi puoi mandarlo via, a Roma ci misi tre anni. Acquisto immobili, vendo e affitto. Ho seguito l'esempio dei miei genitori. Non ho sperperato, con quel che guadagnavo compravo case. Questo non è un bel momento".

"Mi diverto solo se, solo se gioca Guerino. Gioca bene o gioca male, lo vogliamo in Nazionale", cantavano i tifosi della Lazio. E Gottardi li ripagava cambiando spesso le partite quando entrava in campo dalla panchina: "Con la Lazio ho vinto tutto quel che si poteva tranne la Champions – racconta alla ‘Gazzetta dello Sport' – Giocavo più in coppa, non ho mai capito il perché. Era diventata quasi una barzelletta e allora dicevo che giocavo solo quando contava".
"Seguo meno il calcio, ma resto tifoso della Lazio"
Quella Lazio di Cragnotti era uno squadrone, con personalità eccezionali e per questo uno spogliatoio per certi versi difficile: "Si litigava dentro, ma in campo spariva tutto. Argentini, brasiliani, slavi, italiani. Il più tosto era Alen Boksic, quando aveva la luna storta non era semplice. L'ho rivisto un paio d'anni fa, abbiamo fatto una serata con Beppe Favalli e Paolo Negro che sento sempre e ci siamo divertiti. Per fortuna era in buona… Il compagno più forte? Vi stupirò: Jugovic. Mai visto uno che con i tacchetti a sei compiva gesti tecnici di quel genere, e sorridendo. Tanta qualità, difesa, attacco. Non era bello da vedere, ma mi affascinava. A Roma ho ancora casa, all'Olgiata, e ho una scuola calcio, la Soccer Academy Asa. Seguo meno, ma resto tifoso della Lazio".