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Cristian Pasquato: “Una volta Conte alla Juve indicò me, Pirlo e Del Piero si guardarono basiti”

Intervista a Cristian Pasquato, a fine carriera dopo aver girato mezza Italia e i promettenti inizi nella Juventus: “Nello spogliatoio gente come Del Piero e Buffon non faceva pesare lo status, ricordo il discorso che mi fece Gigi. Temo che avrò uno shock al momento del mio ritiro”.
A cura di Sergio Stanco
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Non si può dire che Cristian Pasquato non abbia coronato il sogno di bambino. D’altronde, quando parti da Padova con l’etichetta di “nuovo Del Piero”, e con il vero Pinturicchio cominci anche a giocarci, un calciatore potrebbe essere già soddisfatto. Ma poi c’è anche una carriera ad alto livello, anche se – forse – non all’altezza delle reali potenzialità, rimaste in gran parte inespresse. C’è un po’ di rammarico nelle parole di Cristian, ma anche tanto orgoglio. Per dirla con le parole usate da Modric nel giorno del suo addio al Real Madrid: “Non piangere per com’è finita, sorridi perché è successo”. Anche perché, non è ancora finita…

Pasquato, infatti, non ha nessuna intenzione di appendere le scarpe al chiodo, nonostante i suoi 36 anni. Dalla Juve, passando per l’Europa, è tornato a casa al Campodarsego (Serie D) e si sta ancora divertendo come il bambino di allora. Dunque, c’è tempo per il ritiro, ma può essere anche il momento di fare il bilancio di una carriera che prometteva tanto, ma ha mantenuto meno di quello che avrebbe potuto essere. Ed è proprio lui che ce la racconta così, senza reticenze.

Partiamo dall’inizio, da Padova alla Juve come Del Piero: quando te l’hanno detto cosa hai pensato?
“Nulla, nel senso che a 14 anni ero troppo giovane per dare peso ai paragoni. Ero semplicemente felicissimo che un club così forte avesse deciso di puntare su di me”.

Tutto il settore giovanile con i bianconeri, fino ad un esordio da favola: che ricordi hai?
“Ero stato aggregato alla prima squadra per tutto l’anno, ma senza riuscire ad esordire. Era la Juve di Ranieri (2008/2009 n.d.r) e c’erano campioni come Buffon, Chiellini, Del Piero, Nedved, Trezeguet, trovare spazio ovviamente non era semplice, ma per me già stare in quel gruppo era come essere in paradiso. Ricordo che mancavano due giornate di campionato, giocavamo contro il Catania e in maniera del tutto inaspettata, Ranieri mi ha detto di scaldarmi. Tuttavia, il tempo passava e la sostituzione non arrivava mai. Poi, quando mancavano pochi minuti, mi sono finalmente avvicinato alla linea di centrocampo per fare il cambio. La palla è uscita e il team manager ha chiesto a Ranieri: “Procedo?”. E lui: “Aspetta”. Sono stato lì qualche minuto ma la palla non usciva più. Ho rischiato di non entrare”.

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Ma ce l'hai fatta.
“Alla fine, arriva il mio momento. Entro, prendo una pallonata e l’arbitro fischia la fine. Non proprio l’esordio indimenticabile (ride, n.d.r.). Infatti, lì per lì tutti mi facevano i complimenti, ma io mi dicevo “Ma complimenti per cosa?”. Solo dopo ho realizzato quello che era successo. Un miliardo di persone avrebbe voluto vivere quel momento. Il fatto di essere entrato al posto del mio idolo Alex, poi, lo ha reso ancor più indimenticabile. Ho ancora a casa la foto di quel momento, si vede Ale che sorride e io che entro in campo. E per questo non smetterò mai di ringraziare Mister Ranieri”.

C’è anche un altro giorno che resterà scolpito nella tua memoria. Inizio stagione 2008/2009, classica amichevole Juve A-Juve B. Risultato finale 8-0 per i “grandi” e sei gol di un certo Cristian Pasquato…
“Per chi non conosce il Mondo Juve, quella è una semplice amichevole in famiglia, ma per i tifosi e per i giocatori bianconeri, è molto di più. Ricordo che quell’anno molti titolari erano rientrati tardi e quindi sono partito dal primo minuto al fianco di Amauri. È stata una giornata meravigliosa, ricordo ancora l’entusiasmo dei tifosi nei miei confronti. A ripensarci ora, mi vengono ancora i brividi. Ho portato a casa due palloni, io che sei gol non li avevo mai fatti neanche in allenamento! Ma comunque ho splendidi ricordi anche dell’amichevole dell’anno di Conte: ho giocato con il mio idolo del Piero e segnato il primo gol su un suo assist. Ricordo ancora l’abbraccio di Alex…”.

Quella era una Juve piena di campioni: Buffon, Del Piero, Chiellini, Nedved, Trezeguet…
“Per me erano idoli inarrivabili, ma in realtà quando entravi nello spogliatoio nessuno faceva pesare il suo status. Erano ragazzi normalissimi, anzi decisamente alla mano e a noi giovani ci riempivano di consigli. Ricordo una volta a fine ritiro, io ero seduto su un pallone a vedere l’allenamento dei portieri. Quando finisce, Buffon prende un pallone e si viene a sedere a fianco a me. Mi ha chiesto quali fossero le mie intenzioni per il futuro e mi ha dato qualche suggerimento. È stato un momento molto importante per me. Che un Campione del Mondo faccia un gesto del genere nei confronti di un giovane, non era per nulla scontato né dovuto. Questo dimostra l’umiltà di quei ragazzi”.

Nonostante le aspettative e la considerazione nei tuoi confronti, l’esperienza con la Juve non si è mai trasformata in un “successo”. Cosa non ha funzionato e c’è qualcosa che ti rimproveri?
“Non saprei dire cosa non abbia funzionato, so solo che quando vestivo quella maglia ho raggiunto livelli che, poi, quando andavo altrove, non sono mai riuscito a replicare. Era come se quella maglia mi desse i superpoteri. Ricordi le prestazioni in allenamento, in amichevole, nei ritiri, facevo cose che poi non mi riuscivano quando andavo in prestito. E non sono mai riuscito a capirne il motivo. Per quanto riguarda gli errori, di sicuro ne ho commessi, a volte non solo per colpa mia. In particolare, ricordo l’estate del 2011, il primo anno di Conte alla Juve. Ho fatto un ottimo ritiro, il mister mi teneva in grande considerazione, ma a fine mercato sono arrivati tre esterni: Estigarribia, Elia e Giaccherini. E in rosa c’erano già Pepe e Krasic. Mi son detto: “E quando gioco qui?”. Quindi con la testa di un ragazzo di 20 anni ho deciso di andare a Lecce. Forse, col senno di poi, avrei fatto bene a rimanere, anche solo ad imparare da quei giocatori e, magari, riuscire a ritagliarmi qualche spezzone. Avrei potuto aspettare almeno il mercato invernale e poi valutare. Purtroppo, ho scelto diversamente…”.

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Quella è stato l’inizio del ciclo della Juve di Conte e poi di Allegri. A te cosa ha lasciato?
“Ho ricordi bellissimi. Si respirava un’aria di esaltazione. Fin dal primo giorno Conte ha alzato il livello e i giocatori lo hanno cominciato a seguire fin da subito. Si sarebbero buttati nel fuoco per lui. Quando un calciatore ha la fortuna di essere guidato da un allenatore così, sa che alla fine della stagione ne uscirà migliorato e, dunque, lo segue in tutto e per tutto. Io facevo lo stesso e lui mi teneva in grande considerazione. Ricordo un Trofeo TIM a Bari. L’arbitro fischia una punizione e sul pallone c’erano Pirlo e Del Piero. Io non avevo neanche il coraggio di avvicinarmi. Invece, Conte dalla panchina comincia a chiamare Bonucci, che era il più vicino e gli fa: “Calcia Cristian”. Pirlo e Del Piero si sono guardati basiti. A fine allenamento ci fermavamo sempre a tirarle e diciamo che non ero preciso come loro, ma mi difendevo. Invece quella volta ho calciato sulle ginocchia di uno in barriera, credo di aver tirato la punizione peggiore della mia carriera, ma d’altronde quella palla pesava come un macigno (ride, n.d.r.)”.

Nella tua carriera hai avuto grandissimi allenatori, del calibro di Conte, Ranieri, Pioli, Baroni e molti altri. Chi ti ha lasciato di più?
“Come dicevo in precedenza, Conte è un assatanato e in assoluto è quello che più di ogni altro ti entra nella testa, ma anche Ranieri ha una capacità di gestire il gruppo eccezionale. Non è di molte parole, ma capisci subito cosa voglia da te. Pioli era all’inizio della sua carriera, ma si vedeva quanto fosse estremamente attento ai dettagli. Baroni l’ho avuto nel 2014/2015 a Pescara in B, ma preparava le partite come se fossero quelle di Champions League: video sugli avversari, sedute tattiche per prevedere le contromosse, massima cura dei dettagli. Non mi stupisce che sia arrivato così in alto, anzi. Fammi però spendere una parola per Baldini, con lui ho trascorso un anno meraviglioso ad Empoli (2009/2010 n.d.r). Eravamo in Serie B e siamo arrivati alle semifinali play-off. Il mister è un pazzo vero (testuale n.d.r), ma è un altro che ti entra dentro e per il quale saresti disposto a fare di tutto. La sua storia parla per lui, i suoi ragazzi lo amano, i suoi discorsi sono trascinanti. Ancora oggi mi capita di ascoltare le sue interviste o le sue conferenze stampa, non è cambiato. Ma d’altronde lui è così perché ha una storia particolare, ma è per questo che tutti lo adorano. E impossibile non volergli bene. E comunque è un ottimo allenatore, come sta dimostrando quest’anno al Pescara”.

Hai sentito che Del Piero ha appena preso il patentino da allenatore? Come lo vedresti in panchina e, magati, su quella della Juve?
“Mi sembrerebbe strano, perché non l’ho mai immaginato come allenatore. In realtà ho sempre pensato che potesse essere un’ottima figura istituzionale. Io l’avrei visto benissimo come Presidente della Juve, ma capisco che sia un po’ “ingombrante”. Tuttavia, secondo me sarebbe perfetto per quella posizione, soprattutto in un momento storico come questo, in cui manca un riferimento. Certo, dovesse arrivare Conte, la situazione sarebbe già diversa, perché nessuno più di lui sa quanto sia importante quella maglia. Ancora mi ricordo quanto ce la facesse pesare in allenamento. Era praticamente una tortura (ride, n.d.r)”.

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Tornando alla tua carriera: hai fatto tutta la trafila delle nazionali giovanile, qual è il compagno che ti ha impressionato di più e quello sul quale avresti scommesso e, invece, non è esploso?
“Tra quelli forti forti, sarebbe facile dirti Balotelli, era sicuramente il migliore tecnicamente, era davvero impressionante. Ma se devo farti un esempio più originale, dico Darmian. Era incredibile il suo senso della posizione, ti si attaccava e non lo saltavi mai. E ancora oggi è così. Tra quelli che, invece, hanno fatto meno di quanto avrebbero potuto, ti dico… Pasquato. È vero, ne sono consapevole, gli altri hanno fatto tutti meglio di me. Sono convinto che avrei potuto fare meglio, a volte è stata colpa mia, altre volte no, ma questo è il calcio. Come dicevo in precedenza, mi dispiace solo di non essere riuscito a far vedere altrove quanto di buono riuscivo a fare quando vestivo la maglia della Juve”.

E in generale quali sono stati i giocatori più forti con i quali hai giocato e il difensore più tosto che tu abbia mai affrontato?
“Ho giocato con i più forti, diventa difficile fare un nome. Pirlo, Buffon, Del Piero ma anche Diamanti e Gilardino a Bologna. Mi dimenticherei sicuramente qualcuno, dunque difficile scegliere. Per quanto riguarda i difensori, ti dico Chiellini, ma non solo in partita, dovevi vederlo anche in allenamento. Non guardava in faccia nessuno (ride, n.d.r)”.

Ora, a 36 anni, hai già pensato a cosa vorresti fare da grande?
“Non ci ho ancora pensato, perché farlo mi rende incredibilmente triste. Mi sento ancora quel bambino che sognava di diventare calciatore e – da una parte – questo mi aiuta a non mollare, ma – dall’altra – mi spaventa, perché temo che avrò uno shock quando arriverà il momento. Oggi come oggi, in questo mondo non c’è spazio per tutti gli ex calciatori e questo mi preoccupa, perché il calcio è la mia vita e so che quello dell’addio, sarà il momento più brutto della mia vita. Spero solo che arrivi il più tardi possibile…”.

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