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Amnesty condanna la Supercoppa in Arabia: “Vittoria dello sportwashing e sconfitta dei diritti”

La Supercoppa Italiana in Arabia Saudita sta facendo discutere: Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, a Fanpage.it ha parlato delle criticità di questa scelta e di come lo ‘sportwashing’ stia avendo la meglio su ogni tipo di dibattito in merito ai diritti civili e alle politiche sociali.
A cura di Vito Lamorte
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La Supercoppa Italiana 2024 si gioca in Arabia Saudita e la Lega Serie A ha firmato un accordo con il paese asiatico per le prossime sei edizioni. Una notizia che ha fatto discutere molto e ora che la Final Four, prima volta che la competizione si disputerà con questa formula, entra nel vivo ecco che la scelta di andare a giocare a Riad questo torneo è tornato al centro del dibattito.

L'Arabia Saudita occupa la 150ª posizione su 167 paesi analizzati da Democracy Index del settimanale ‘The Economist'  del 2022. Il regime autoritario non rispetta molte libertà fondamentali inserite nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e si applica ancora la pena di morte. Il punteggio complessivo è di 2.08 su 10,00 e nelle varie sezioni analizzate si può notare come per il processo elettorale e pluralismo il punteggio sia 0,00 su 10,00; la funzione del governo è 3.57 su 10,00; la partecipazione politica è 2,22 su 10,00; la cultura politica è 3,13 su 10,00 e le libertà civili 1,47 su 10,00.

Le maggiori organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch si sono espresse sempre in maniera preoccupante per la condizione dei diritti umani in Arabia Saudita ma il regno nega ogni tipo di violazione. Secondo Freedom House, organizzazione non governativa internazionale che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani, "la monarchia assoluta dell'Arabia Saudita limita quasi tutti i diritti politici e le libertà civili. Nessun funzionario a livello nazionale viene eletto. Per mantenere il potere, il regime fa affidamento sulla sorveglianza pervasiva, sulla criminalizzazione del dissenso, sugli appelli al settarismo e all’etnicità e sulla spesa pubblica sostenuta dai proventi del petrolio. Le donne e i membri di gruppi di minoranze religiose subiscono ampie discriminazioni nella legge e nella pratica. Le condizioni di lavoro per la grande forza lavoro espatriata sono spesso di sfruttamento".

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Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, a Fanpage.it ha parlato delle criticità di questa scelta e di come lo ‘sportwashing‘, termine utilizzato per descrivere la pratica con cui i governi totalitari si avvalgono dello sport per recuperare reputazione compromessa e per offuscare condotte illecite, stia avendo la meglio su ogni tipo di dibattito in merito ai diritti civili e alle politiche sociali.

L'organizzazione fa sapere che mentre ci sediamo sul divano per vedere le partite di Napoli, Fiorentina, Inter e Lazio; due ragazzi rischiano l’impiccagione solo per aver partecipato ad una manifestazione di proteste: in Arabia Saudita questo può bastare per essere accusati di terrorismo e condannati a morte come accaduto ad Abdullah al-Derazi e Jalal Labbad, entrambi minorenni all’epoca dei presunti reati. Situazioni su cui il movimento calcistico ha deciso di chiudere gli occhi per motivi economici ma che continuano a far discutere una fetta di tifosi e appassionati, che hanno mostrato a più riprese la loro contrarietà a questa scelta di disputare la Supercoppa in Arabia.

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Cosa vuol dire per il calcio italiano consegnare la Supercoppa per le prossime sei edizioni all’Arabia Saudita?
"Rappresenta la vittoria dello ’sportwashing’, ovvero di questo sistema di politica estera tipico dei regni del Golfo che punta sull’organizzazione di eventi sportivi, ma non solo, per dare un immagine diversa del paese e nascondere sotto il tappeto la pessima situazione dei diritti umani. È una vittoria, l’ennesima di questo sportwashing, e una vittoria per le federazioni in crisi finanziaria che hanno bisogno dei soldi sauditi per riassestare la loro situazione e rappresenta una sconfitta per i diritti umani. Lo abbiamo visto in questi giorni che hanno preceduto la Supercoppa, sembra sempre più accettabile che questi eventi sportivi che coinvolgono il nostro paese possano essere giocati in un paese dove c’è stata una media di 140 impiccagioni all’anno, in cui tutti i difensori dei diritti umani sono in carcere, in cui se scrivi un tweet di critica contro il governo vieni condannato a morte o a 27 anni di carcere. Una sconfitta per i diritti senza dubbio e sotto tutti i punti di vista".

Qatar 2022, Arabia 2034 e molti sport si stanno spingendo sempre più verso quelle zone. Se nessuno si pone delle domande su queste vicende, il sistema dello ‘sportwashing’ dei paesi sauditi sta funzionando?
"Sì, sta funzionando perché approfitta di una serie di situazioni. In questi giorni si parla più di calcio nel caso specifico ma il motosport ha tappe fisse in quelle regioni e anche tanti altri sport si stanno sempre dirigendo verso quelle zone. Punta molto sull’entusiasmo dei tifosi e sulla bolla che si costruisce intorno al fatto che bisogna divertirsi e non bisogna essere disturbati da altre questioni, perché il mondo è già un posto complesso. Inoltre, i soldi stanno lì. I Mondiali del 2034 li prende l’Arabia per mancanza di concorrenti, in Qatar stanno giocando la Coppa d’Asia maschile quest’anno e l’anno prossimo quella femminile. I soldi stanno lì e il fatto che gli eventi sportivi hanno bisogno di enormi quantità di denaro, tutto si sta concentrando in quella parte di mondo. Quel gruppo di paesi lì è diventato sempre più importante e il tema dei diritti umane è finito in ‘zona retrocessione’".

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Quanta ipocrisia c’è nel movimento calcistico italiano, che fa le campagne per i diritti umani e contro la violenza sulle donne e poi va a giocare dove tutte queste cose non vengono rispettate?
“Questa è quella che noi chiamiamo ‘la retorica dei diritti umani’, parlarne molto per poi non fare nulla o comportarsi in modo contrario. È evidente che ci si riempie la bocca contro la violenza sulle donne, sulla parità di genere, in favore della lotta contro la discriminazione e poi succedono delle vicende paradossali. Il massimo dell’ipocrisia è il Barcellona che ha publicato una guida per i tifosi dicendogli  ‘attenzione che l’omosessualità in Arabia è punita con la pena di morte’. Uno dovrebbe chiedersi perché andiamo a giocare lì, invece loro si limitano a dire ai loro fan di esultare in maniera composta“.

La FIFA si presenta al mondo come massima espressione del calcio e fa le campagne sui valori e sui diritti ma non ci ha pensato un attimo ad avvertire i capitani delle nazionali ai passati mondiali, maschili e femminili, che se avessero indossato delle fasce a favore della comunità LGBT+ sarebbero stati sanzionati.
“Ma stanno perdendo credibilità dai tifosi e dagli appassionati, perché hanno capito che il giocattolo gli sta sfuggendo di mano. Tanti hanno la sensazione che gli stiano portando via il pallone. L’idea che nella finale di Coppa del Mondo in Qatar i due calciatori più forti in campo erano due dipendenti dell’emiro del Qatar, ovvero Messi e Mbappé, e questa cosa è sotto gli occhi di tutti. C’è un ipocrisia di fondo che domina e questa cosa fa molto pensare. Io spero che qualcuno inizi a ribellarsi per davvero, non come i capitani lo scorso anno. Se pensiamo a quanto hanno rischiato i calciatori iraniani non cantando l’inno nazionale nella prima partita, allora io ripenso a quanto successo in Qatar e mi sarebbe piaciuto che gente come Neuer fosse stata un po’ più audace. C’è un sistema di comunicazione molto conservativo ed è difficile anche capire come la pensano alcuni ragazzi su alcuni temi perché tutto viene controllato, nessuno si espone in maniera netta come faceva Thuram qualche anno fa”.

Dopo la migrazione di big verso l’Arabia della scorsa estate, qualche giocatore ha cambiato idea e sta spingendo per tornare in Europa: che idea si è fatto?
“Io ho la sensazione che sia una bolla di breve durata come fu la Cina qualche anno fa. Magari hanno scoperto che la competizione non è granché e lo stesso vale per la vita di tutti i giorni. Lo stesso vale anche se la nazionale di Mancini non dovesse ottenere i risultati auspicati ma lo sportwashing non si nutre solo di calcio e avranno lo stesso i soldi per convincere qualcuno ad andare lì. I Mondiali del 2034 saranno un punto di arrivo di un percorso. Per alcuni calciatori che vanno via poi in questi giorni hanno preso un’altra figurina come Nadal. C’è bisogno di stare attenti alle cose meno appariscenti, perché noi abbiamo avuto Nibali che faceva parte di una squadra di proprietà di un fondo sovrano del Bahrein e ce ne siamo accorti in pochissimi. Alcuni stati o alcuni sport sono meno attenzionati ma sotto c’è un lavoro enorme per provare a ripulire la reputazione”.

La situazione su diritti e politiche sociali in Arabia Saudita è davvero negativa, come testimoniano i rapporti di Amnesty: è corretto sfruttare la passione dei tifosi mettendo da parte ogni tipo di considerazione su queste tematiche?
"I tifosi sono quelli più incolpevoli e si sono accorti per tempo di questa situazione. Penso a tutti gli striscioni prima di Qatar 2022, in Germania e non solo, oppure a quello di Firenze dello scorso weekend sulla Supercoppa. Dovrebbe esserci un’alleanza molto forte tra tifosi e organizzazioni per i diritti umani per scardinare questo meccanismo e noi ci contiamo molto perché sono la parte migliore di questo sistema, nonostante ci siano evidenti problemi. Ma c’è una parte genuina di tifo che ha capito che gli stanno portando via il pallone per interessi economici e di natura non sportiva".

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