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“Prima dell’NBA bevevo quasi 3 litri di cola-cola al giorno”: oggi Nikola Jokic è l’MVP della lega

Il miglior giocatore della stagione 2020-21, ancora oggi tra i candidati al premio, parla del suo approccio al mondo NBA e delle sue pessime abitudini alimentari.
A cura di Luca Mazzella
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Viaggia a 25.8 punti, 14.0 rimbalzi e 7.1 assist nella stagione 2021-22, numeri complessivamente mai visti nella storia NBA. È l'MVP in carica della lega e stabilmente tra i 5 candidati quest'anno, nelle classifiche settimanali pubblicate da nba.com. 3 volte All-Star, inserito nel 2019 e nel 2021 nel miglior quintetto NBA e nel 2020 nel secondo, scelta più bassa di sempre (41) a vincere il premio di Most Valuable Player. Spulciando inoltre tra le statistiche avanzate, sta collezionando numeri che rendono ad oggi individualmente la sua stagione la migliore di sempre. Eppure, quando nel 2015-16 Nikola Jokic è approdato in NBA, peraltro in un draft passato alla storia per la nota pubblicità di un "taco" mentre Adam Silver chiamava il suo nome per i Denver Nuggets, le cose hanno rischiato di prendere una strada decisamente diversa anche a colpa delle pessime abitudini alimentari del lungo serbo.

Il nativo di Sombor, una volta sbarcato negli Stati Uniti, è stato infatti sin da subito affiancato ad un team di nutrizionisti della franchigia intervenuti subito sulla dieta del ragazzo, che ha recentemente confessato alla CNN: "Bevevo due o tre litri di Coca-cola ogni singolo giorno. L'ultima lattina l'ho bevuta sul volo per gli Stati Uniti. La prima settimana di allenamento è stata durissima, tutti i miei compagni di squadra erano più fisici e atletici, potevano schiacciare in qualsiasi modo e io desideravo solo tornare a casa. Ora sono alla mia settima stagione NBA, dopo aver visto solo tanta panchina all'inizio, poi un po' di garbage time, infine il quintetto. È stato un lungo processo, meno ordinario di altri"

Il mancato approdo al Barca

Jokic ha inoltre svelato un aneddoto relativo alla possibilità di approdare al Barcellona proprio prima della possibilità negli USA: "Emissari del team si sono presentati alla nostra partita in casa con il Cedevita Zagabria per offrirmi un trasferimento, salvo mettere tutto in stand-by visto che giocai malissimo. Subito dopo però sono arrivati ​​i Nuggets e il resto è storia"

Il resto è qualcosa già entrato nel libro dei record NBA, coi 26.4 punti, 10.8 rimbalzi e 8.3 assist a partita valsi lo scorso anno la statuetta di miglior giocatore della regular season e una cavalcata chiusa alle Finali di Western Conference (perse contro i Phoenix Suns) dopo Playoffs straordinari da quasi 30 punti e 12 rimbalzi di media, alla sesta stagione dal suo ingresso nella lega dopo gli anni in Serbia al Mega Basket. Un'esplosione favorita anche dal cambio drastico di mentalità e di alimentazione del lungo, che ha dichiarato di ispirarsi ai migliori giocatori della lega sin dai primi anni, quelli capaci di segnare 50 punti in qualsiasi partita: "Dal momento in cui inizi ad ammirarli e accettare il fatto che siano meglio dite, perdi tutta la tua spinta competitiva", per aggiungere ogni giorno qualcosa al suo gioco, che già oggi lo rende un unicum all'interno del panorama NBA. Dalle difficoltà della prima stagione, chiusa a 10.0 punti a partita con appena 7.5 tiri dal campo in 21.7 minuti di utilizzo, Jokic ha lavorato ogni singola estate sulla sua tecnica e sul suo corpo, perdendo diversi chili e mostrando enormi miglioramenti nella rapidità dei piedi, storicamente suo punto debole emerso sistematicamente soprattutto nella difesa in post-season. Anche in questo caso però, la voglia di imporsi tra i più grandi della lega ha fatto scattare in lui motivazioni particolari e oggi, il numero 15 è tra i più impattanti nella metà campo (non più) debole: addirittura secondo miglior giocatore in NBA, dopo Draymond Green, per defensive box plus/minus (impatto sui numeri difensivi della squadra in termini di box/score), nonché tra i primissimi nel viziare le percentuali degli avversari, che contro di lui vedono scendere la chance di realizzare un tiro di oltre il 6%. Per chi è entrato tra i pro americani durante uno spot di un wrap di pollo, con il vizio di bere quasi due bottiglie di coca-cola al giorno, e da sempre bollato come inadeguato difensivamente, una soddisfazione non da poco. Partita da lontano e coltivata nel tempo: solo così si diventa Nikola Jokic.

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