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LeBron James fuori a tempo indeterminato: cosa rischiano i Lakers

L’infortunio di Lebron James spaventa i campioni NBA, orfani dell’altra superstar Anthony Davis da oltre un mese. Con un calendario duro all’orizzonte il rischio è di essere risucchiati nella lotta per le ultime posizioni Playoffs. Rischiare e forzare il rientro dei due potrebbe però avere conseguenze ancora più gravi.
A cura di Luca Mazzella
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"High right ankle sprain", ovvero distorsione seria alla caviglia destra. Il responso che nelle ore successive a Los Angeles Lakers-Atlanta Hawks sull'infortunio patito da LeBron James a inizio secondo quarto della sfida di ieri sera (vinta dagli ospiti 99-94, ottava vittoria consecutiva grazie anche a un ottimo Danilo Gallinari) sta tenendo in queste ore sulle spine tutti i tifosi dei campioni NBA in carica, tutti gli appassionati della lega e soprattutto la dirigenza della franchigia.

Il record è salvo

Nel momento in cui Solomon Hill, nel tentativo di recuperare la palla, è piombato sulla gamba di LeBron James facendo torcere la caviglia, il 23 aveva 7 punti a referto e per la prima volta dal 5 gennaio del 2007 stava per chiudere una partita di regular season senza aver segnato almeno 10 punti (all'epoca furono 8 con 3/13 dal campo contro i Milwaukee Bucks). Nel provare a restare in campo, probabilmente con un occhio alla striscia di 1035 partite consecutive in doppia cifra, LeBron ha ricevuto palla su uno scarico di Caruso e, dall'angolo e praticamente su un piede, ha lasciato andare la tripla che gli ha consegnato i punti otto, nove e dieci della partita. Nel rientrare in difesa però il dolore ha preso il sopravvento ed è lì che ha deciso quindi di lasciare il campo e rientrare negli spogliatoi, con tanto di sfuriata nel tunnel e sedia rotta in preda al nervosismo.

LeBron era infatti tra i candidati al premio di MVP, e rivincerlo a 36 anni avrebbe certamente avuto un sapore diverso dal solito. In più, grazie a un clamoroso impegno nella propria metà campo, il suo nome era ormai stabilmente inserito tra i candidati al premio di Difensore dell'Anno. Due trofei o, nella peggiore, due piazzamenti che comunque non cambierebbero nulla nella considerazione del giocatore, ma ai quali lui stesso aveva dimostrato di tenere particolarmente.

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Cosa rischiano i Lakers?

I tempi di recupero, che sembrano poter spaziare dalle 3/4 settimane fino ai 2/3 mesi, quadro decisamente pessimistico ma comunque non inverosimile e strettamente legato ai primissimi giorni di convalescenza, preoccupano una squadra che ha perso da più di un mese l'altra superstar del team Anthony Davis e che oggi occupa il terzo posto della Western Conference con 4.5 partite di vantaggio sul settimo seed dei San Antonio Spurs, asticella dalla quale la post-season passa per il torneo play-in (dalla settima alla decima classificata) con tutti i rischi del caso. L'apprensione è motivata dal calendario e dalle 30 partite di regular season ancora da giocare, 17 delle quali con squadre dal record vincente.

Secondo l'indice SoS (Strenght of Schedule), che misura la difficoltà delle partite rimanenti di ogni squadra, sarebbe il sesto più duro di tutta la lega, da affrontare in gran parte senza i due migliori giocatori. Le prossime sfide vedranno di fronte i Phoenix Suns, i New Orleans Pelicans, i Philadelphia 76ers, i Cleveland Cavaliers, gli Orlando Magic e i Milwaukee Bucks e saranno fondamentali per capire umore e consistenza del roster, dal quale è lecito ora attendersi una diversa distribuzione di tiri e responsabilità e tra i più giovani, Kuzma e Horton-Tucker su tutti, e da giocatori più navigati come Dennis Schroder, Wesley Matthews e Marc Gasol, vera incognita di stagione finora.

Conviene rischiare?

Forzare il rientro di Davis (per il quale si parla di almeno altre 2 settimane) esporrebbe il lungo a ricadute con possibilità seria di compromettere l'intera annata e la cavalcata al secondo titolo consecutivo. Sarà quindi necessario agire con cautela e non far prevalere la paura, considerato che il fattore campo quest'anno non ci sarà, giocando a porte chiuse, e che quindi terminare la stagione regolare come prima o ultima qualificata ai playoffs non darà alcun sostanziale vantaggio alle squadre.

LeBron nel frattempo, si è già messo all'opera e promette di tornare forte come "se non si fosse mai fermato", e c'è da credergli. Da quando è in NBA il Re ha giocato il 94% delle partite disponibili e nessuno stop è andato oltre le 13 gare saltate nella sua prima stagione ai Lakers, quando l'allora giovanissimo roster del giallo-viola non fu in grado di reagire all'infortunio della stella non centrando la post-season (nonostante il suo affrettato rientro). Un'evenienza alla quale nessuno oggi vuole pensare.

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