703 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Giancarlo Fisichella a Fanpage.it: “Corro, mi diverto e andrò ancora avanti. Essere pilota è questo”

Giancarlo Fisichella non corre più in Formula 1 dal 2009 ma i successi nell’Endurance fanno capire bene la sua motivazione e la sua voglia di continuare a correre: “Ho dedicato la mia vita a questo sport e sono riuscito a realizzare tantissimi sogni. Al momento sto correndo, mi diverto, vinco. Finché sarà così andrò avanti”. Ai microfoni di Fanpage.it il pilota romano ha parlato delle differenze che ci sono tra la Formula 1 di oggi e quella di ieri e ha raccontato cosa vuol dire far parte della Ferrari: “È il sogno dei piloti di tutto il mondo”.
A cura di Vito Lamorte
703 CONDIVISIONI
Immagine

È stato l'ultimo italiano a vincere un Gran Premio di Formula 1. Ma non solo. Giancarlo Fisichella da quando ha lasciato il circus è diventato un punto di riferimento per le gare Endurance portando a casa tante vittorie, tra cui la 24 Ore di Le Mans del 2012 e del 2014, insieme a Gianmaria Bruni e Toni Vilander con la Ferrari 458. "Se hai voglia, corri pure a 60 anni: questo vuol dire essere pilota": ai microfoni di Fanpage.it il pilota romano ha parlato della sua carriera in F1, del suo percorso, delle differenze tra le corse di oggi e quelle del passato e del suo rapporto con Michael Schumacher.

Giancarlo, si dice che la pandemia cambierà il mondo. Anche il mondo delle corse?
"Sicuramente ha dato un impatto a tutti noi e al mondo in generale, sotto tutti i punti di vista. Mai si era presentato un problema del genere sconvolgendo la vita di tutti noi. Nessuno se lo aspettava ma piano piano le cose stanno migliorando. Ci sarà certamente un impatto, purtroppo sarà negativo per tante aziende e sul lavoro perché sarà difficile riprendere il cammino intrapreso prima. Per quanto riguarda le corse penso che già nel mese di luglio ricomincerà la nuova stagione".

Hai iniziato a correre quasi 40 anni fa e non ti sei fermato. Si smette mai di essere un pilota?
"Si può essere pilota sempre. Per me è stata subito una passione che mi ha trasmesso mio papà e che scorre nelle mie vene da quando avevo 8 anni. Da lì è iniziato questo percorso che piano piano diventava sempre più professionale e poi un sogno, ovvero arrivare in Formula 1. Sapevo che era praticamente impossibile: ci sono 20 sedili in tutto il mondo e si può ben capire in quanti milioni di persone aspirino ad arrivare lì. Ci sono riuscito un po’ per fortuna, un po’ per bravura e grazie alla mia volontà, forza di crederci e di guardare avanti. Ho dedicato la mia vita a questo sport e sono riuscito a realizzare tantissimi sogni. Al momento sto correndo, mi diverto, vinco. Finché sarà così andrò avanti. Essere pilota vuol dire questo".

Per un pilota italiano, oggi, è più facile o difficile emergere rispetto a 25 anni fa?
"È sempre stato difficile. Su alcune questioni da una parte è più facile e da un’altra è più difficile: per quanto riguarda gli aiuti che ci sono oggi, dai simulatori, dalle scuole, dalle Driver Academy, c’è più supporto. Ma forse è più difficile approdare in F1 perché non basta solo il talento come è bastato a me e a Jarno Trulli. Oggi serve una grossa nazione, con sponsor che ti spingono, o far parte parte di una scuderia con academy importante. Altrimenti è difficile che un pilota con un talento pazzesco riesce ad arrivare in Formula 1".

Immagine

Tra i tuoi progetti futuri ce n'è proprio uno che riguarda i giovani. Ce lo racconti?
"Abbiamo un grosso progetto in avvio, doveva già partire ma per il problema del virus abbiamo preferito aspettare. Nel mese di ottobre lanceremo questa nuova forma di aiuto ai piloti, non solo nell’aspetto manageriale: imparare la telemetria, a dialogare con l’ingegnere, i test fisici, la lingua inglese. Tutte cose che servono ad un pilota per andare avanti . Non c’è una scuola che ti aiuta a fare questo. Questa è un’idea mia e di Marco Cioci, un altro pilota del mondo Kaspersky, e presto la lanceremo".

Il tuo amico Fernando Alonso invece può rientrare in F1 a 38 anni. Ti stupisce?
"Non mi sorprende. Fernando è ancora un pilota fortissimo e si è tenuto in grande allenamento facendo un po’ tutti i tipi di gara. Indianapolis, Parigi-Dakar. il Mondiale Endurance con la Toyota. È un pilota attivo al 100%. Ci potrebbe essere un ritorno visti questi rimescolamenti di piloti, magari in Renault essendoci un posto libero. Ma non so nulla in merito".

Fossi un Team Principal di F1, chi vorresti sulla tua macchina tra i giovani del circus?
"Di piloti giovani che già sono approdati in Formula 1 non possiamo non citare Leclerc, Verstappen, Norris e quei ragazzi che già dal mondo del kart si vedeva che avessero qualcosa in più. Adesso abbiamo Giovinazzi in F1 con l’Alfa Romeo. Comunque è difficile dirlo senza essere sul campo delle corse".

Simulatori a parte, in cosa è diversa oggi la F1 rispetto a 20 anni fa?
"Fino al 2006/2007 c’era la possibilità di fare tutti i test che volevi e le grandi scuderie avevano la possibilità di avere uno, due anche tre test-team e provare su diverse piste. Faceva tanta differenza, con costi annuali molto alti. Si è poi pensato di cancellare questi test tra la l’inizio del campionato e l’ultima gara ed è iniziato il lavoro sui simulatori. Negli ultimi vent’anni sono cambiate tante cose a partire dal motore: prima c’erano i V10, poi siamo passati ai V8 e ultimamente ci sono i 1.6 turbo con i motori elettrici. Anche io ho vissuto l’era delle gomme slick, poi quelle intagliate e il ritorno a quelle slick. Questa è stata l’evoluzione della F1, che a volte è migliorata e altre è peggiorata. Devo dire che quella di oggi mi piace. Mi piacerebbe sentire un po’ di rumore in più come i vecchi V10 o V8, ma purtroppo non è possibile".

Immagine

Durante il lockdown c'è stato il boom dei simulatori. Quanto possono aiutare rispetto ai tuoi inizi?
"Il simulatore aiuta tantissimo. Quelli della vecchia generazione come me fanno fatica ad andare sul simulatore dinamico, come quelli che ci sono nelle scuderie adesso. Sono all’avanguardia, ogni minima regolazione viene riportata, si sente e funziona. Ma questo aspetto del movimento dinamico a noi dà fastidio. Io non sono riuscito a fare più di 2-3 giri. Alla nuova generazione questo non succede, stanno lì 7-8 ore di continuo facendo centinaia di giri e il simulatore li aiuta tanto a conoscere la pista, a imparare a prendere in mano la macchina. Però in pista le cose sono diverse, perché nel simulatore l’errore lo puoi fare e non costa nulla, mentre lì puoi fare danni o ti puoi far male. Sono due cose ben diverse. Una volta che hai imparato a prendere in mano la macchina e a fare un certo tipo di lavoro, per il team è importantissimo".

Oltre la F1 hai fatto tante altre esperienze. Qual è quella a cui sei più legato?
"Ovviamente in Formula 1 ho tantissimi bei ricordi tra vittorie e pole position. Nel 2010 ho intrapreso una nuova strada con la Ferrari, quella delle gare Endurance, e mi sono tolto diverse soddisfazioni perché vincere campionati e gare è sempre importante. I ricordi più belli sono le vittorie alla 24 Ore di Le Mans, una gara stremante sotto tutti i punti di vista, due Petit Le Mans e un campionato Le Mans Series".

Come descriveresti Le Mans ad un non appassionato?
"Direi di venirla a vedere perché è un’esperienza incredibile. È una gara di durata di 24 ore, ma bisogna stare 24 ore a guardare le macchine che passano. Intorno alla pista ci sono tantissimi eventi, è bellissimo. Il momento più bello, magico, è quello quando a fine gara dal podio ti ritrovi sotto 80-90 mila persone. Un momento indescrivibile".

Ci racconti il tuo rapporto, dentro e fuori la pista, con Michael Schumacher?
"Con Michael ho avuto tante esperienze, abbiamo fatto tanti anni insieme e abbiamo condiviso tanti podi. Quei podi dove qualche volta sono arrivato davanti a un campione come lui, pochi, avevano un sapore speciale. Non abbiamo condiviso solo gare, ma tanti avvenimenti, a partire dalle partite della nazionale piloti. Lui era un grande appassionato di calcio e noi due eravamo sempre presenti. Tante volte abbiamo partecipato a cene insieme. Un ragazzo straordinario e un professionista unico. Ho tanti bei ricordi tra cui quello del 1997, quando ero primo ad Hockenheim e bucai la gomma a pochi giri dalla fine. Purtroppo fece dei danni anche sulla macchina, che si fermò in pista. Lui a fine gara mi diede un passaggio sulla sua Ferrari fino ai box".

Hai legato parte della tua vita alla Ferrari. Cosa vuol dire ‘Essere Ferrari’?
"Bisogna sentirsela. Questo era un sogno che io avevo nel cassetto fin da bambino, ma penso sia un sogno di tutti i piloti del mondo. ‘Essere Ferrari' vuol dire fare parte di questa famiglia, di questo team incredibile, di questo brand che è il più conosciuto al mondo. Sono con loro dal 2009 e dopo aver fatto le ultime gare in Formula 1 ho intrapreso questo percorso nelle gare Endurance. Adesso ricomincerò, spero a luglio, nel GT con la scuderia Baldini e ad agosto a Spa per il Mondiale Endurance. Poi a settembre ci sarà la 24 Ore di Le Mans. Speriamo di ricominciare e di portare a casa dei risultati importanti".

Immagine
703 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views