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Velasco al posto di Mazzanti per l’Italia di volley femminile: è la chiusura di un cerchio

Mazzanti è a fine corsa con l’Italia di volley femminile. I risultati dell’ultimo periodo sono stati pessimi, per ricostruire si pensa al mito Julio Velasco.
A cura di Jvan Sica
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Alla fine “Icaro” Mazzanti è crollato, o almeno tutte le parole degli interessati portano a questo esito finale ormai atteso e sperato. Davide Mazzanti sta per abbandonare la guida tecnica dell'Italia di volley femminile dopo il quarto posto agli Europei e la mancata qualificazione diretta alle Olimpiadi di Parigi 2024. E Julio Velasco pronto a prendere il suo posto. Dopo questi risultati non poteva davvero essere diverso, anche se il Presidente Manfredi lo sta mandando via con grande dispiacere, dopo aver difeso ogni scelta del suo ct nel corso di questi anni.

La storia è molto lunga e viene da lontano, parte almeno dal Giappone. Arriviamo alle Olimpiadi Tokyo 2021 come squadra che può dire la sua per le medaglie. Davide Mazzanti nei quattro anni precedenti da ct ha saputo costruire una squadra che ha come perni emotivi e tecnici il libero, Monica De Gennaro, Myriam Sylla e il capitano Cristina Chirichella e come fuoriclasse assoluta Paola Egonu, la giocatrice che alle Olimpiadi precedenti di Rio de Janeiro aveva dimostrato di avere un talento e una potenza fuori scala, che bisognava guidare verso l’esplosione definitiva.

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Ricordando proprio Rio, giusto sottolineare come Mazzanti abbia preso la Nazionale nel 2017, dopo che alle Olimpiadi dell’anno precedente l’Italia aveva vinto solo una gara su cinque, contro Puerto Rico. Con lui quindi siamo passati dall’essere un outsider futuribile a diventare una Nazionale da possibile medaglia a cinque cerchi.

Ma non è andata così a Tokyo. Ci siamo incartate tecnicamente, con le palleggiatrici incapaci di dare fluidità alla manovra offensiva ma soprattutto si è notato un nervosismo palpabile tra le diverse giocatrici in campo. Vinciamo le prime tre partite contro Russia, Turchia e Argentina, sembriamo volare, ma prendiamo una scoppola per 3-0 contro la Cina e ci blocchiamo completamente. Perdiamo anche contro gli USA nel girone e questo ci porta nelle braccia della Serbia ai quarti. Perdiamo secco, 3-0 (25-21, 25-14, 25-21), lottiamo per onor di firma e di immagine e saltiamo per aria. Le giocatrici dicono che il mondo social le ha distratte e deconcentrate, Mazzanti aggiunge che in un’Olimpiade bisognerebbe pensare solo allo sport che si sta praticando. L’affondo contro le giocatrici è chiaro ma tutte restano sulla barca.

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Mazzanti, difeso dalla Federazione, va avanti ma non scarica per il momento nessuno. Nasce una tregua con le migliori giocatrici che restano in azzurro e volano: vinciamo gli Europei, poco dopo la delusione alle Olimpiadi, battendo le serbe a Belgrado e l’anno successivo la Nations League per la prima volta. Sembra che tutto sia rientrato e tutte seguano Mazzanti. In autunno ci sono i Mondiali e arriviamo in semifinale, sconfitte dal Brasile, per poi battere nella finalina gli USA.

Non è un cattivo risultato, ma salta di nuovo il tappo e la pallavolo nello specifico conta ancora una volta il giusto. Egonu viene ripresa mentre piange e dice di non voler andare più in Nazionale perché è presa di mira sempre sui social e non solo per il suo colore della pelle. È una battaglia giusta e vera la sua, però questo aggroviglia ancora di più il gomitolo.

Mazzanti quest’anno decide di scioglierlo non cercando più il filo della matassa con attenzione e dolcezza, ma va di coltello a serramanico e taglia tutto. Agli Europei non convoca De Gennaro (almeno uno dei migliori tre liberi al mondo), Chirichella (capitana della squadra), Bosetti (fondamentale nella fase di ricezione), porta Egonu ma le preferisce Ekaterina Antropova, naturalizzata da pochi giorni.

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Viviamo tutti un Europeo in cui guardiamo più in panchina per intuire le espressioni di Egonu (che durante le prima partita addirittura sviene) che al campo. Va malissimo, perché un quarto posto in Europa non può bastarci. Poiché gli impegni sono feroci, dopo pochi giorni bisogna giocarsi Parigi 2024 in un torneo in cui dovremmo in fondo vedercela solo con USA e Polonia. Perdiamo contro entrambe le Nazionali e per adesso a Parigi non ci siamo. Bisogna fare una buona, se non ottima Nations League il prossimo anno (a ridosso delle Olimpiadi, con il dispendio fisico e psichico che poi ci porteremo eventualmente in Francia), per passare via ranking. Questa in grande sintesi la storia, ora la morale.

In qualsiasi sport quanto un allenatore può forzare la mano e giocarsela solo ed esclusivamente con le sue regole, mettendo in secondo piano i grandi campioni? Non è mai stato facile farlo e infatti può andare a finire molto male. Per spiegare le scelte degli Europei, Mazzanti ha detto che ai Mondiali precedenti non teneva la squadra in pugno e che deve avere la libertà di poter costruire la sua Italia. Questo deve essere un dovere, oltre che un diritto di un selezionatore. Ma immaginare di fare quello che ha fatto Mazzanti senza un effetto per forza di cose negativo è assurdo.

Non convochi il miglior libero al mondo e la capitana e già dissesti un gruppo che si sente addosso un peso esagerato. Inoltre fai giocare ragazze le quali sanno che la migliore giocatrice al mondo è in panchina e le guarda. Nessun allenatore potrebbe creare una bolla tale da non determinare dissesti e paure, nessuna giocatrice potrà isolarsi al punto tale da non sentire il peso di una responsabilità insopportabile.

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Dopo la doppia vittoria Europei-Nations League Mazzanti aveva le carte da giocare per dettare la sua strada e farsi seguire. Ma doveva farlo tirando dentro i talenti, includendo le diversità di opinione, non cassandole o mettendole ai margini. Se togli i problemi buttandoli via, non risolvi nulla. Affrontarli insieme è l’unica strada percorribile, soprattutto da ct della Nazionale, quando non vivi il quotidiano e non puoi influire minuto per minuto. Nessuno nega il coraggio a Mazzanti, ma i piedi nella sconsideratezza li ha messi entrambi e ben piantati sulla catastrofe.

Per fortuna, come detto, siamo ancora appesi alla possibilità di portare a Parigi 2024 una squadra da medaglia addirittura d’oro. Chi cercherà di farlo? I due nomi migliori sono sull’altra sponda del fiume, Davide Santarelli allena la Turchia, Giovanni Guidetti la Serbia. Di regola quando siamo in questa ambascia guardiamo indietro. E infatti stiamo guardando lì, dove si scorgono Massimo Barbolini, ex ct della Nazionale dal 2006 al 2012 e Julio Velasco, l’uomo che ha fatto la pallavolo italiana (insieme a tanti investimenti, c’è da dire) e che da quest’anno allena proprio una squadra femminile, l’UYBA Volley di Busto Arsizio.

Guardare indietro non è un peccato di per sé, anche se non è nemmeno la scelta migliore possibile, sempre meglio prendersi il contemporaneo (che però, come detto, sta da un’altra parte). Forse, ma questo forse deve essere immaginato con font 72, potremmo cadere bene.

Se c’è un uomo del passato che sa vivere nel presente e addirittura giocare ancora con il futuro, questo è Julio Velasco, cervello prima che allenatore. Se sarà davvero lui, affidiamoci completamente, eliminiamo le confusioni e gli intrighi, pensiamoci squadra. Mazzanti c’è riuscito a sprazzi nel suo percorso, Velasco con la sua mitografia potrebbe riuscirci e magari fare quello che a nessuno è riuscito. Sarebbe la chiusura di un cerchio da Premio Oscar subito.

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