Matteo Rizzo: “Di mio padre dissi: non fatemelo più vedere. Ma in gara ho cercato il suo sguardo”

Matteo Rizzo punta deciso all'obiettivo: le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina. Il già medaglia di bronzo ai Campionati europei di pattinaggio di figura 2019 e all'NHK Trophy e medaglia d'oro all'Universiade Invernale 2019, nonché campione nazionale italiano nel 2018, si presenta nel migliore dei modi: conquistando la medaglia d'argento dietro al francese Aymoz al recentissimo Nepela Memorial Trophy 2025.
Un viatico importante, dopo un 2024 sofferto per un problema all'anca e un'operazione inevitabile che però non ha fermato il 27enne pattinatore romano che in esclusiva si è raccontato ai nostri microfoni. Pronto a prendersi il posto che da sempre sogna nel pattinaggio artistico internazionale: "Il podio e una medaglia. Quest'anno non è proibitivo come nelle passate edizioni"
Matteo, le Olimpiadi Milano-Cortina si avvicinano e tu ti presenti con una nuovissima medaglia al collo…
Sì, al "Nepela Memorial", misono classificato secondo ed è stato un altro weekend molto positivo che ci dà solo ulteriore tanta energia per andare avanti e affrontare i prossimi appuntamenti. Felice e soddisfatto.
Sei reduce dal problema all'anca e da un 2024 non facile. Come stai?
Non è stato semplicissimo perché a gennaio 2024 ho subito un artroscopia all'anca e da lì in poi c'è stato un percorso riabilitativo abbastanza lungo, però necessario. La piena forma non è arrivata prima di un anno, un anno e qualche mese dall'intervento.
Ma tu sei tornato in pista quasi subito, giusto?
Avevo già iniziato a gareggiare 9 mesi dopo l'intervento, ma non ero in uno stato di forma eccezionale. Volevo gareggiare, volevo ritrovare quelle sensazioni ma il pieno stato di forma è arrivato solo alla fine della stagione 2025. E' stata lunga e difficile.
L'operazione Matteo, era proprio necessaria?
Non poteva essere non fatta. Cioè, ti spiego: avrei potuto evitare di far l'operazione però avrei dovuto smettere di fare attività sportiva e avrei avuto delle ripercussioni anche nella vita di tutti i giorni. Quindi l'operazione era assolutamente necessaria proprio anche perché io volevo andare avanti.
Adesso sei rientrato al 100%?
Sì. Praticamente a fine 2025 sono proprio al 100% anzi ti dirò di più: l'operazione mi ha aiutato perché io avevo un problema a livello articolare che è stato risolto e quindi sotto quel punto di vista sono addirittura migliorato, col mio corpo che si è definitivamente adattato a questa nuova predisposizione.

Per essere ufficialmente a Milano-Cortina, cosa manca ancora?
Noi abbiamo un percorso di qualificazione particolare che da regolamento si conclude alla fine dei campionati italiani che sono il 22 di dicembre. La Federazione comunque valuterà tutte le gare che facciamo e prenderà i due migliori score e al Campionato Italiano saremo tutti uno contro l'altro. Quello è l'ultimo momento dove si decideranno i nominativi di chi andrà alle Olimpiadi, perché noi abbiamo due posti come Italia nel settore maschile, ma siamo più di due a giocarceli.
La concorrenza è sempre un aspetto positivo, quanti siete?
In questo momento ti direi addirittura fino a cinque. Quindi la sfida c'è ed è bello avere una competizione anche interna.
Sicuramente ti sarai fatto un'idea: quali sono le tue aspettative olimpiche?
Fare una previsione e ragionare sulle aspettative è fondamentale. A prescindere da che io partecipi o meno devi pensare in quel modo: non esiste che ci arrivi e non sai come andare avanti. Io ho partecipato a due Olimpiadi ma nella prima ero molto giovane, ero alle prime armi. La seconda purtroppo non sono riuscito a vivermela come volevo, nella situazione della pandemia, quindi è stato molto difficile. Questa sarebbe la terza opportunità e poi è in casa e viverla davvero come un sogno in cui coronare 9-10 mesi di lavoro racchiusi in 4 minuti di performance.
Il livello del nostro pattinaggio artistico italiano a che punto è?
Sempre in ambito di singolo maschile, è cresciuto a livello quasi esponenziale negli ultimi due cicli olimpici, quindi negli ultimi 8 anni. Siamo passati da avere risultati sporadici nei primi 10 agli europei, addirittura nei primi 20 al mondo, ad avere quasi costantemente medaglie agli Europei e tranquillamente posizionamenti nei primi 10 al mondo. Il livello è diventato veramente alto e possiamo dire la nostra ed è una cosa bellissima. In ambito olimpico, poi ognuno gareggia individuale nel nostro sport, ma l'ambizione, ovviamente, è quella di riuscire a prendere una medaglia perché le capacità ci sono, le potenzialità ci sono da parte di tutti.
Ritorniamo a te: è vero che sei molto attento in tutti i particolari, musica e coreografie, vuoi mettere mano a tutto ciò che è poi la performance?
Beh, sì, è vero, a me piace prendermi le responsabilità di quello che poi io porto in gara. Ovviamente ho un team alle spalle molto ampio di persone con cui io mi confronto e prendo anche queste decisioni, però è raro e forse solo tre-quattro volte nell'arco della mia carriera una decisione non è stata iniziata da me. Ritengo sia giusto che parta da me e che poi la si sviluppi insieme a tutto lo staff.
Dopotutto il vostro è uno sport tecnico ma anche il fronte artistico è decisivo, corretto?
Sì, il nostro è uno sport non solo tecnico, di massima performance, ma è anche molto estetico ed è molto alto anche il livello emotivo. Detto banalmente, se noi pattiniamo su delle musiche che non ci piacciono, non riusciamo a performare e quindi devi essere per forza coinvolto in tutto. Il coinvolgimento emotivo deve essere elevato e se non c'è lo si nota subito e in gara lo si percepisce.
Curi prima la musica, la coreografia o vari di volta in volta?
Io parto sempre da varie scelte musicali che porto al coreografo. Due o tre al massimo, non di più. Le ascoltiamo insieme, magari ci pattiniamo un po' come si dice in gergo, con la musica e poi la scegliamo. Quindi si sceglie prima la musica e poi una volta fatta la musica si costruisce la coreografia e il programma di gara.
Ci sono cantanti o canzoni cui sei particolarmente legato?
A me piace molto pattinare su musiche popolari, nel senso proprio di "pop" e quindi vado sempre su quel genere lì, però non ho un artista preferito perché non è neanche giusto nel nostro sport riportare una ripetizione. È giusto tenere uno stile di musica, ma non sempre lo stesso artista, anche se sono legato ad un gruppo in particolare.
Quale e perché?
Io ho avuto un programma molto forte, un programma sulle musiche dei Maneskin con "Zitti e Buoni" con cui loro hanno vinto Sanremo. Io l'ho fatta l'anno dopo il Sanremo che hanno vinto, ho cavalcato quell'onda emotiva. Mi sono sentito veramente carico con quella musica e durante tutto l'arco della stagione ero sempre felice di pattinarla. Ma quello che vedevo che piaceva ancor più era che le persone intorno a me, che io andassi in Italia a gareggiare o in Francia, o in Giappone, erano felici e la ballavano.
C'è una vittoria o semplicemente un momento, cui sei particolarmente legato?
Sì, e non era neanche una medaglia. Nel 2019, il secondo mondiale che andavo a fare, e ho fatto il programma corto ed ero in quinta posizione e scendevo con i i sei più forti del mondiale e in quel momento per me essere insieme a quegli altri cinque fenomeni mi ha entusiasmato. Uno era due volte campione olimpico, l'altro è diventato campione olimpico tre anni dopo, quindi tutti atleti di un certo calibro… è stata un'emozione molto forte. Poi eravamo in Giappone dove il nostro sport è nazionale, è super famoso, in un'arena di 20.000 persone completamente piena: ero completamente immerso e non c'è stata una medaglia.
Quand'è che hai capito che il pattinaggio poteva diventare davvero la tua professione e la tua vita?
Quando fai la scelta di pattinare da noi è molto precoce perché devi avere dai 12 ai 14 anni più o meno, quindi già lì tu prendi una decisione. Poi ho capito che potevo renderlo parte della mia vita quasi in toto: è stato intorno ai 18-19 anni, dove ho iniziato a capire, ho iniziato a raccogliere dei risultati.
E diverse medaglie…
Beh, i risultati alla fine sono la certificazione di quello che tu fai in allenamento: le medaglie stanno sempre bene e son quelle che ti fanno andare avanti con più energia e più voglia di raggiungerne altre.

Prima hai parlato di staff. Tra chi ti segue c'è anche tuo papà Walter. E' difficile gestire l'aspetto familiare con l'aspetto professionale?
Mio papà è stato una figura molto importante in tutta la mia carriera perché è diventato subito parte del mio staff. Era il mio allenatore e agli inizi non era facile, poi però verso i 18-19 anni ho colto l'aiuto che lui mi stava dando e alla fine lui è rimasto sempre nel mio team. Non nascondo che ci sono state volte dove io tornavo a casa e dicevo a mia mamma: "Io non lo voglio più vedere questo qua, eh". Sia chiaro…
Un po' come è accaduto ai Mondiali di atletica tra Larissa Iapichino e suo papà Gianni?
In un momento di difficoltà a me è capitato di cercare mio papà, più per avere uno sguardo, un gesto, una semplice sicurezza più che cercare l'allenatore. Per lei non passare alla finale comunque è stato un momento di sconforto, non era assolutamente prevista tutta questa situazione e sicuramente è stato naturale cercare la figura paterna.
A te è mai accaduto?
Sì, a me è capitato con mio papà in un momento di difficoltà. Devo essere onesto, ho cercato totalmente lo sguardo di papà e non dell'allenatore perché in quei momenti quello che cerchi è un attimo di sicurezza, di zona di comfort. Poi sicuramente mio papà mi avrà risposto una cosa per la serie: "Bisogna fare qualcosa di più, non è abbastanza". E' una linea sottilissima.
Dove dovresti ancora fare qualcosa in più?
Io pecco un po' sul fronte tecnico perché magari non porto in gara tanti salti quadrupli che è un salto di maggior valore. Poi il nostro sport è un equilibrio impressionante di tecnica estrema ma è anche arte. Vederci dovrebbe essere come dire: "vado alla scala a vedere il balletto". Quindi se sei fortissimo sul fronte tecnico, ma pecchi dall'altra parte, non sarai mai un campione e viceversa. Se dovessi farmi una critica è su questi salti quadrupli, un gesto a livello fisico e biomeccanico molto complicato, dove devi sfruttare movimenti particolari in uno spettro di tempo che è di 0.6-0.7 secondi. Un battito di ciglia.
A proposito di millisecondi e battiti di ciglia che decidono uno sport, sei una grandissimo appassionato ed esperto di motori soprattutto di Formula 1 e Ferrari: più Lewis o Charles?
A me ha esaltato molto l'ingresso di Hamilton nella scuderia e sono sicuro che porta tantissima esperienza, però Leclerc è un pilota cresciuto nell'Academy che io seguo da quando è in Formula 2 da tanti anni. Poi lui è un anno più grande di me… E' bello avere un pilota così forte, così giovane, ma a me piace la configurazione che c'è in questo momento dove hanno un equilibrio molto forte e si spera che l'anno prossimo col cambio di regolamento ci possa essere uno step ulteriore per chiudere dei gap.
Se non avessi fatto pattinaggio avresti provato i motori?
Sì. Da piccolino avevo la mini moto e negli ultimi anni mi sono avvicinato molto al mondo del kart. In estate faccio qualche gara di endurance poi gioco molto ai simulatori, cosa che adesso ormai anche tanti piloti che gareggiano utilizzano molto.
Chi vincerà il mondiale di Formula 1?
Piastri è solido, lo vedo il naturale favorito. Anche se in questa ultima parte di stagione Verstappen lo vedo più in forma rispetto agli altri piloti.
E chi vincerà l'oro nel pattinaggio maschile a Milano-Cortina?
Il favorito è Ilya Malinin, un ragazzo americano che è un fuoriclasse assoluto sotto tutti i punti di vista, non solo tecnico. Però non posso dire che il suo oro sia così scontato come lo è stato in passato. Rispetto alle edizioni precedenti in cui c'era il divieto totale di avvicinarsi al podio ora non mi sento di dire la stessa cosa, si può fare.
Quindi chiudiamo l'intervista così come l'abbiamo iniziata, Matteo. Ripartendo da una medaglia al collo…
Eh… la speranza c'è ed è l'ultima a morire. Ci stiamo preparando per dimostrarlo nei fatti.