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L’incredibile record mondiale di Valentina Cafolla: 140 metri in apnea sotto un lago ghiacciato

Valentina Cafolla è un’atleta italo-croata che ha ottenuto due primati mondiali. Cafolla ha percorso 140 metri in apnea sotto il lago ghiacciato di Anterselva.
A cura di Alessio Morra
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Valentina Cafolla ad Anterselva ha realizzato un doppio record mondiale. La croata-italiana nuotando con l'aiuto di una monopinna per 140 metri senza respirare sotto la superficie ghiacciata del lago si è ripresa così il record mondiale di immersione che deteneva dal 2017, prima che la nipponica Yasuko Ozeki a Hokkaido la battesse di un metro portandolo a 126 metri. Cafolla ha percorso la distanza in un minuto e 40 secondi. Con la muta in neoprene ha resistito alla bassa temperatura dell'acqua (tre gradi) e per riuscirci ha abbassato la frequenza cardiaca a 50 battiti al minuto. Cafolla poi ha battuto anche il record mondiale con l'uso della doppia pinna.

Sul suo profilo Instagram Cafolla con gioia ha parlato della sua impresa: "Finalmente mi riposo dopo un fine settimana impegnativo. Venerdì 23 febbraio ho battuto il record del mondo dinamico di apnea sotto ghiaccio con la monopinna della giapponese Ozeki. La lunghezza del nuovo Record Mondiale è ora di 140 metri. Sabato 24 febbraio ho realizzato il primo record mondiale dinamico femminile di apnea sotto ghiaccio con bifin, ora è di 80 metri. Sono ancora sulle montagne russe di emozioni, ringrazio tutte le persone che hanno tifato per me, hanno creduto in me ed erano lì per me. Non potrei ringraziarvi abbastanza. Sono grato di avervi con me".

Chi è Valentina Cafolla? Padre italiano, di Roma, madre croata, è nata a Rovigno. Le sue imprese battono bandiera croata, ma lei dice di sentirsi italiana al 50% e dopo aver ottenuto due straordinari record del mondo ad Anterselva.

Nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera ha parlato anche del superamento della paura del tetto del ghiaccio: "Mi sono abituata da piccola andando nelle grotte marine. Così sono riuscita a superare l’angoscia per la poca luce e l’oppressione di un tetto sulla testa. Poi ho dovuto lavorare molto per abituarmi alle basse temperature".

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