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La storia di Elisabetta Mijno, campionessa paralimpica e ora anche chirurga della mano

Elisabetta Mijno, atleta paralimpica di tiro con l’arco, è nata a Moncalieri nel 1986 e all’età di 5 anni, a seguito di un incidente stradale, è diventata paraplegica. Con impegno e dedizione ha portato avanti le sue due passioni, sport e medicina, e ora lavora al Cto e contemporaneamente pensa ai prossimi Giochi.
A cura di Susanna Picone
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Elisabetta Mijno, classe 1986, compirà 32 anni tra qualche settimana e chi la conosce la descrive come una ragazza solare e con tanta voglia di realizzare i suoi sogni. Nata a Moncalieri, Elisabetta – o meglio Betta per gli amici – dall’età di cinque anni è costretta in carrozzina a seguito di un incidente stradale e da atleta paralimpica ha partecipato finora a tre Olimpiadi e ha vinto due medaglie, una di bronzo e una di argento, per il tiro con l’arco. E mentre si preparava per i Giochi ha trovato anche il tempo di prendere una laurea in medicina, una specialistica in ortopedia e ora ha ottenuto un lavoro da chirurgo al Cto. In un’intervista a Repubblica, la campionessa-medico ha raccontato le sue giornate piene, la sua passione per lo sport e quella per la chirurgia. “Quando ho iniziato a fare medicina mi è entrata subito in testa la chirurgia della mano, anche se all'inizio era solo un'idea. Se la vogliamo vedere in modo più romantico, invece, da piccola avrei voluto aggiustare le mani di mia nonna Carla. Per me era sempre stata una figura molto importante e aveva una brutta artrite reumatoide deformante”, ha raccontato Elisabetta Mijno, che dopo aver vinto un concorso a Parma dove è rimasta un anno e due mesi è tornata a Torino per lavorare al Cto.

Si impegna al massimo per migliorare nella chirurgia e intanto pensa ai prossimi Giochi – La giovane atleta ha raccontato che per il momento opera da seduta, ma sta cercando tutte le soluzioni possibili per migliorare nel suo lavoro in ospedale. Alla domanda su eventuali perplessità nei pazienti quando sta per operare lei ha risposto che talvolta capita: “È umano avere qualche dubbio e farsi qualche domanda. Tutto ciò non mi crea alcun problema”, ha però assicurato. E mentre cerca di migliorarsi nella chirurgia, la campionessa non dimentica le prossime Olimpiadi di Tokyo 2020, Parigi 2024 e Los Angeles 2028. Per questo le sue giornate non possono che essere sempre piene, con la sveglia che suona alle 5.45 del mattino,  la sala operatoria a partire dalle 7.30 e la sera in palestra a tirare frecce: “Torno a casa non prima delle 21, in tempo per studiare ancora un po' e crollare dal sonno”.

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