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Dan Peterson racconta Hulk Hogan: “Non si può spiegare, aveva qualcosa di magico. Come Maradona”

L’ex coach e commentatore sportivo ha raccontato con la sua voce le imprese del lottatore americano e del wrestling che negli Anni Ottanta irruppe anche sulla scena italiana. “È stata una figura iconica”.
A cura di Maurizio De Santis
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"Ohhh… mamma mia! Non ci credo!". In Italia la voce di Dan Peterson ha raccontato uno dei momenti più iconici del wrestling: il placcaggio di André The Giant che venne preso di peso (oltre 200 chili…), sollevato e scaraventato al suolo sul ring da Hulk Hogan (morto giovedì all'età di 71 anni). La telecronaca andò in onda su Italia 1, gli accenti usati dall'ex coach di basket e commentatore sportivo contribuirono a dare risalto a quella disciplina già popolare.

"È stata una figura iconica del wrestling americano – le parole di Peterson, raggiunto al telefono -. Faceva pubblico, spettacolo e vinceva. Ci sono pochissimi esempi del suo genere perché la popolarità che ha raggiunto è stata incredibile". In Europa irruppe sulla scena assieme al caravanserraglio di lottatori e personaggi che fecero parte della cosiddetta Golden Age (Età dell'Oro) di quei combattimenti così finti da sembrare veri. Come si spiega il fenomeno Hogan? "Semplice… non si può spiegare. Come tutte quelli che hanno qualcosa di magico oltre a un grande talento". E per rendere bene l'idea aggiunge un elemento di chiarezza: "Maradona si può spiegare? Ecco… Hulk era come lui".

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Era la fantasia che diventava realtà: nell'immaginario collettivo di appassionati, bambini e adulti c'erano i capelli platinati e i baffi a ferro di cavallo di Terry Gene Bollea (il nome di battesimo di Hogan) che spiccavano su una massa di muscoli. Hogan riuscì a incarnare l'eroe americano, le corde del quadrato divennero il trampolino di lancio di una popolarità che lo ha reso il wrestler più famoso di sempre. Hogan ha bucato lo schermo e il tempo diventando una star globale con esibizioni acrobatiche, pose da macho, urli e slogan, occhiatacce e sbuffi, braccia mulinate nell'aria e salti spettacolari, numeri circensi a rotta di collo.

"Non l'ho mai incontrato personalmente, Hogan l'ho solo raccontato in telecronaca. Credo sia stato il primo e unico 40 anni fa. A metà degli Anni Ottanta, poi, c'è stata la sua esplosione – ha aggiunto Peterson – ma era iniziato tutto già prima". Il personaggio di una storia a metà tra la fiabe della sera, dove c'è sempre un ‘buono' che vince sul ‘cattivo' (per la maggior parte della carriera è stato questo il filo conduttore della personalità di Hulk). Come descriverebbe quel mondo a un ragazzo che oggi trova in Rete i filmati di quegli incontri e li paragona con quelli odierni? "Gli direi: guarda tu stesso e giudica".

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La dialettica di Peterson renderà tutto più facile, in particolare al momento di quella leggendaria "body slam" (la mossa che mise al tappeto il colosso André the Giant). "Si vede qui il sudore saltare per aria con ogni sberla che molla Hulk Hogan" e ancora "ehi, amici sportivi, non ho mai visto André preso per aria e subire un conteggio di tre" furono alcune delle espressioni di meraviglia che scolpirono la narrazione dell'evento che risale al 29 marzo 1987, durante WrestleMania III, al Silverdome di Pontiac, in Michigan, davanti a più di 90mila persone.

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