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“Da adesso si gioca per vincere”: così nasceva la Generazione di Fenomeni della pallavolo

Il 28 ottobre 1990, battendo Cuba, l’Italia del Volley diventa per la prima volta campione del mondo. Da quel momento prende vita la Generazione di Fenomeni che dominerà la pallavolo mondiale per un decennio, affermando campioni come Bernardi, Zorzi, Giani, Cantagalli e Lucchetta e rendendo orgogliosa un’intera nazione.
A cura di Jvan Sica
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L’Italia del volley, quella che diventerà un brand internazionale oltre ad essere la squadra più forte del ‘900, nasce il 26 maggio 1989. Conosciamo anche il luogo: Rovereto. In una palestra piccola e modesta, contro la Spagna, l’Italia vince 3-0 la prima partita con Julio Velasco allenatore della nostra Nazionale.
Da quel giorno inizia un’avventura incredibile, una delle più affascinanti ed emozionanti dello sport mondiale. Il primo impegno vero sono le qualificazioni agli Europei di Svezia che si terranno a fine estate. Si va tutti in un luogo ancora più improbabile, Stenebyen, cittadina norvegese di mille abitanti dove affrontiamo Norvegia, Finlandia e Jugoslavia nel girone di qualificazione. Il primo sestetto schierato diventerà una sorta di filastrocca: Tofoli, Zorzi, Gardini, Lucchetta, Cantagalli e Bernardi. Sono tutti giovani, stanno già combattendo sfide infuocate in Serie A soprattutto nelle partite fra Modena e Parma, sono ancora un passo dietro il grande CSKA Mosca in Coppa dei Campioni, ma anche quel mito sta per essere disintegrato.
Prima della prima partita di quel girone, Velasco riunisce tutti e dice:

“Voi italiani siete i migliori del mondo per quel che riguarda mangiare, bere e vivere bene. O almeno credete di esserlo. Ma tra queste righe gialle qui (indicando le righe del campo da gioco), le beccate sempre da sovietici, bulgari, polacchi, tedeschi dell’Est. Il vostro primo nemico siete voi. Da adesso si gioca per vincere”.

Quello sarà il mantra che accompagnerà la Generazione di Fenomeni. Vinto il girone, a settembre si va in Svezia per gli Europei. Battiamo proprio bulgari e tedeschi dell’Est nel girone. L’aria è cambiata davvero. Vinciamo 3-0 in semifinale contro l’Olanda e battiamo 3-1 i padroni di casa, che a loro volta avevano superato l’URSS. Siamo campioni d’Europa per la prima volta nella storia. Grandi feste per tutti meno che per Velasco. Lo dice subito a tutti:

“Questo Europeo è solo l’inizio”.

Il 1990 parte forte con la Coppa del Mondo in Giappone. Chi vince è qualificato di diritto per Barcellona ’92. Noi facciamo sfracelli, asfaltiamo anche l’URSS per 3-0, ma ci schiantiamo contro quello che nei successivi due anni diventerà il nemico numero uno: Cuba. Tatticamente siamo di un’altra categoria, soprattutto grazie alle tante idee di Julio. Ma atleticamente loro sono bestiali, agili e potenti come nessuno mai prima d’allora. A guidarli un armadio capace di saltare 120 cm da fermo (si allena spesso con un tale Javier Sotomayor), Joël Charles Despaigne. Quando la partita deve decidersi, il palleggiatore, Raúl “El Mago” Diago ha una sola soluzione: palla alta per Despaigne per assistere alla demolizione di muro e difesa avversaria.

L’anno del volley italiano è strepitoso con una finale scudetto fra la Philips Modena di Lucchetta, Cantagalli e Bernardi e il Maxicono Parma di Zorzi, Giani e Bracci, che ne usciranno vincitori. Modena però si rifà vincendo la Coppa dei Campioni, superando prima il CSKA Sofia e poi i francesi del Fréjus. Si arriva all’estate che porta ai Mondiali in Brasile e il presidente della Federazione internazionale, Ruben Acosta, inaugura quell’anno la World League. Non c’è Cuba fra le otto partecipanti e letteralmente passeggiamo. Nella Final Four ancora una volta giapponese superiamo prima l’URSS, che ormai non ci fa più paura e poi l’Olanda, giovane come noi che diventerà solo più in là il nostro avversario principale. Siamo i favoriti per il Mondiale, ma Velasco non vuole cali di tensione:

“Ai Mondiali di ottobre giocheremo in modo diverso e saremo ancora più forti”.

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Tutto bello, ma Cuba? Dopo aver perso in Coppa del mondo, in quella lunga estate contro i caraibici perdiamo anche ai Goodwill Games e in altre quattro amichevoli. Dobbiamo essere davvero molto più forti per batterli. I Mondiali iniziano il 18 ottobre contro il Camerun, regolato 3-0. Siamo nel girone proprio con Cuba e come finisce? Perdiamo di nuovo 3-0 anche se ci qualifichiamo avendo battuto 3-1 la Bulgaria. Cuba ci schiaccia con un 15-13, 15-9, 15-8. Tutti pensano che alla fine vinceranno loro, tranne Velasco, il quale prende da parte Jacopo Volpi della Rai e gli confida:

“Ieri ci hanno massacrato, ma hanno dato il massimo. Non vinceranno più”.

Noi siamo in Brasile con il meglio del meglio. Ai campioni d’Europa si sono affiancati anche un fantastico Marco Bracci, riserva in Svezia ma salito molto di colpi, e soprattutto Andrea Giani, ventenne napoletano infortunato l’estate precedente. Agli ottavi 3-0 alla Cecoslovacchia, ai quarti l’Argentina. Velasco afferma:

“Lei è la mia mamma, l‘Italia è mia moglie. Come faccio?”.

Ci pensano Bernardi e Zorzi che puntellano il 3-0 finale. Il 27 ottobre nell’assordante casino organizzato del Maracanãzinho sfidiamo i padroni di casa, sapendo che è la partita che ci potrebbe far diventare adulti. I brasiliani non sono ancora una grande squadra ma hanno ottimi giocatori e soprattutto un ambiente a dir poco infuocato che influenzerà tutto l’influenzabile. Dobbiamo essere tranquilli ma allo stesso tempo feroci. Iniziamo malissimo con un 8-0 che incendia ancora di più l’atmosfera e perdiamo il primo set 15-6. Poi semplicemente giochiamo come sappiamo e vinciamo gli altri due 15-9 e 15-8. Dopo un altro inizio impaurito decidiamo di regalare il quarto set e andiamo al tie-break dove ci giochiamo davvero tutto. 14-13 e battuta Brasile. Tofoli va in primo tempo per Lucchetta che silenzia il Maracanãzinho, come solo Ghiggia aveva fatto quaranta anni prima nel suo papà calcistico costruito di fianco. Il capitano a fine partita è già conscio di quello che ha fatto:

“È stata la palla della vita, che ci ha dato la prova di quanto forte è questo gruppo”.

Dopo un minuto di silenzio tombale dagli spalti si alza un grido “Cuba! Cuba! Cuba!”. Il giorno dopo, 28 ottobre 1990, saranno tutti ancora una volta contro di noi.

La finale inizia come tutte le altre partite contro i cubani di quell’estate. Loro sono troppo dominanti fisicamente e a muro e vincono il primo set 15-12. Nel secondo salgono di colpi Gardini e Zorzi e pareggiamo. Nel terzo letteralmente spendiamo ogni energia su ogni pallone. Per fare il punto del 7-3 muriamo per ben tre volte le mazzate di Despaigne e Beltran. Dopo un punto del genere qualsiasi squadra si abbatte e non fa differenza Cuba che prende sei punti consecutivi in battuta da Lucchetta e perde il terzo set per 15-6. Nel quarto set il ct Orlando Samuels decide di far giocare un solo attacco: palla alta per Despaigne. Solo con questo meraviglioso pallavolista Cuba regge fino al 13-13. Poi un punto di Zorzi in battuta ci porta al match point.

Inizia qui una girandola infinita. Otto match point azzurri di cui sei annullati da Despaigne e due per errori di Cantagalli. Però reggiamo mentalmente e Lucchetta va in battuta per il nono match point. Solito schema cubano con bordata di Despaigne, ma questa volta proprio Lucchetta salva in difesa con un tuffo che resterà nella storia, Bernardi e poi Tofoli rimandano la palla di là. Altro attacco cubano, muro italiano, ancora attacco orribile di Cuba e palla sfiorata dal muro azzurro. Adesso si può giocare il contrattacco. Lucchetta appoggia, Tofoli non serve l’opposto come si potrebbe pensare ma Bernardi, botta, mani del muro, palla fuori. Campioni del mondo!

Sono passati trent’anni da quella vittoria incredibile. Quella generazione di pallavolisti è diventata quella dei Fenomeni e di Mondiali ne avremmo vinti altri due consecutivi, oltre a una miriade di altri trofei in ogni parte del mondo. Manca l’oro olimpico alla squadra di Velasco e ad ogni altra squadra italiana successiva, ma quello che è riuscita a fare la Velasco band in Brasile è l’inizio di tutto.

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