Roberto Baggio: “Non avevo il coraggio di mettere in banca lo stipendio, mi vergognavo”

È il 1985, Roberto Baggio ha 18 anni e in quella stagione esplode con la maglia del Lanerossi Vicenza, che viene promosso in Serie B grazie alle sue prodezze. Il nome di Roby è sulla bocca di tutti, appare già un predestinato e la Fiorentina se lo porta a casa per quasi 3 miliardi delle vecchie lire, una spesa enorme per l'epoca, considerata l'età del ragazzo. Ma il 5 maggio, nella partita contro il Rimini, Baggio subisce un gravissimo infortunio al ginocchio destro, rompendosi legamento crociato anteriore e menisco. Il club gigliato avrebbe la possibilità di recedere dall'accordo col Vicenza, ma decide di aspettare il futuro Pallone d'Oro, che esordirà con la maglia viola solo il 21 settembre dell'anno dopo, salvo poi rompersi nuovamente il menisco dopo sette giorni e restare fuori un altro anno intero.
Roberto Baggio e lo stipendio non incassato: "Mi vergognavo"
Fu un periodo lunghissimo di attesa, i cui primi mesi furono dedicati al recupero fisico (in quel frangente Baggio abbracciò la fede buddista, trovandovi conforto alla sua disperazione) e durante i quali il fantasista di Caldogno non si recò in banca per incassare lo stipendio. La vicenda è raccontata da Roberto nel podcast ‘BSMT' di Gianluca Gazzoli: "Quando mi sono fatto male, l'unica cosa che pensavo era tornare il prima possibile a giocare – premette il ‘Divin Codino' – Non mi interessava altro, io sarei stato disposto a mollare tutto, soldi, non soldi, non mi interessava niente, io avevo sempre quel sogno che mi accompagnava. A me interessava tornare, stare bene, soprattutto, perché senza la salute non avrei potuto far niente e basta".

"Io sono stato molto grato a Firenze, alla città, ai tifosi, alla Fiorentina, perché mi hanno aspettato, la gente mi voleva bene – continua Baggio – Io ho fatto praticamente due anni senza giocare. Se è vero che non andavo a prendere i soldi dello stipendio? Sì, andavo a ritirare la busta, solo che non avevo il coraggio di metterla in banca, perché non giocavo e mi vergognavo, sono fatto così".
Poi però la Fiorentina gli chiese cosa stava succedendo con quei soldi: "Questo periodo è durato sei mesi, perché poco prima di Natale mi chiama il segretario e mi dice: ‘Ma ascolta un attimo, ma mi dici dove hai messo gli assegni?'. Io rispondo: ‘In casa'. Avevo il telefono sopra un cassetto all'entrata, dove avevo messo le sei buste. Gli dico: ‘Li ho qua'. Lui mi fa: ‘Ma cosa aspetti a metterli in banca?'. Allora rispondo: ‘Eh, adesso andrò, andrò, andrò'. Ma in realtà… poi ho dovuto farlo ovviamente, però se fosse stato per me…".