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Sabrina Ferilli sul diritto all’aborto: “Donne utili solo a procreare, come un mammifero qualsiasi”

L’attrice si è sfogata sui social a proposito della nuova legge ungherese che obbliga le donne in procinto di abortire ad ascoltare il battito cardiaco del feto. “Ennesima forzatura e umiliazione per la donna”.
A cura di Giulia Turco
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Sabrina Ferilli si unisce all’esercito di donne del mondo dello spettacolo che si schierano a tutela del diritto all’aborto, in Italia e nel mondo. L’attrice ha commentato sui social la notizia della legge ungherese entrata in vigore il 15 settembre 2022 secondo la quale le donne dovranno ascoltare il battito cardiaco del feto prima di scegliere di abortire. Un tema caldissimo che ha avuto inevitabili ripercussioni anche sulla campagna elettorale italiana con le elezioni ormai alle porte.

Lo sfogo di Ferilli sulla nuova legge ungherese

Lo sfogo di Sabrina Ferilli arriva duro sulle sue Instagram Stories. “Un modo per tentare di disincentivare le interruzioni di gravidanza”, commenta a proposito della legge introdotta dal governo di Orban. “La donna continua comunque ad essere l’individuo al quale sono rivolte più forzature ed umiliazioni, si sfoga l’attrice.

La nostra utilità è solo nel procreare. Come un mammifero qualsiasi. Ma se decidi di prenderti in mano la tua vita, di fare scelte autonome che escono fuori dalle direttive della società, che sono ancora “ridotte” a moglie e madre.. sono ca**i. Siamo addirittura arrivati alle torture del 2000 come l’Ungheria chiede… Ogni giorno ci tolgono qualcosa, ogni giorno un’umiliazione in più, meschinamente, nel mondo e da noi. Politici femmine e maschi muti e inverni. Che orrore. Che pena.

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Cosa prevede la legge di Orban sull'aborto

La nuova stretta di Orban sull’aborto comporta che a partire dal 15 settembre i medici ungheresi saranno costretti a mostrare alle donne la prova “chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto”, prima di abortire. In Ungheria l’aborto è ammesso fino alla dodicesima settimana e resta consentito soltanto in quattro casi: se la gravidanza deriva da un reato o violenza sessuale, se la salute della donna è in pericolo, se il feto presenza già un handicap grave e se la situazione sociale della donna non le permette di crescere un figlio.

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