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La figlia di Enzo Tortora: “Sarebbero bastate 48 ore per capire che le accuse erano false”

Gaia, figlia di Enzo Torta, racconta il calvario attraversato dal padre, accusato ingiustamente di traffico di droga: “Sarebbero bastate quattro verifiche sulle cose che raccontavano i pentiti e in 48 ore tutto si sarebbe chiarito”.
A cura di Stefania Rocco
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In libreria a partire dal 21 marzo con il libro A testa alta, Gaia, figlia di Enzo Tortora, racconta il calvario attraversato dal padre, accusato ingiustamente di traffico di droga e poi assolto. Quella vicenda che occupò le prime pagine dei giornali italiani nei primi anni ’80 fu chiarita solo molti anni dopo l’arresto. A ristabilire l’ordine è la figlia del conduttore che, in un’intervista al Corriere della Sera, ricorda il periodo che avrebbe cambiato per sempre la vita di suo padre e quella della loro famiglia:

Quando mio padre uscì dalla caserma dei carabinieri con le manette ai polsi erano tutti accaniti. Urlavano, qualcuno l’ha insultato. Ma io mi riferisco soprattutto a quello che è successo dopo. Era chiaro fin dall’inizio che l’inchiesta fosse piena di incongruenze e nessuno ha voluto vedere. Nessuno si è mai posto domande. E allora chiedo adesso: come mai soltanto Vittorio Feltri si prese la briga di leggere gli atti e scrivere che forse la realtà non era come la stavano raccontando?

Le accuse contro Enzo Tortora: “Il suo successo dava fastidio”

Gaia rintraccia nel successo del padre parte della responsabilità di quanto accadde: “Mio padre in quel momento era l’uomo più popolare d’Italia. La sua trasmissione aveva ascolti che oscillavano tra i 28 e i 30 milioni di telespettatori. Un risultato mostruoso, ora vedo persone esultare quando arrivano a un milione di spettatori. Dava fastidio, ma nello stesso tempo parlare di Tortora faceva fare un salto di qualità ai pentiti e all’inchiesta. Per questo dico che c’è stato dolo”. Cita due esempi Gaia, presunti errori macroscopici nelle verifiche che all’epoca non sarebbero state fatte a proposito delle dichiarazioni dei pentiti che coinvolsero Tortora:

E invece basterebbero quattro verifiche sulle cose che raccontavano i pentiti e in 48 ore tutto si sarebbe chiarito. Ne cito soltanto due così si comprende bene. Nell’agenda di Giuseppe Puca, uomo di Cutolo, erano riportati due numeri di “Enzo Tortonà”, che nei verbali diventò Enzo Tortora. Eppure nessuno si prese la brigata di controllare, di provare a chiamare. Il giorno in cui Gianni Melluso raccontò di aver consegnato a mio padre una scatola di scarpe piene di droga in realtà era rinchiuso nel carcere di Campobasso. Ma questo fu Feltri a scoprirlo, non i magistrati”.

Gaia Tortora: “Piero Angela ci è rimasto vicino per tutta la vita”

Pochi gli amici sinceri di Tortora, ancora meno quelli rimasti accanto alla sua famiglia. Uno su tutti, ricorda la figlia del conduttore, fu Piero Angela: “Chi ci è stato vicino? Piero Angela che poi per me è diventato come un secondo padre. Ancora adesso sua moglie Margherita è presente nella nostra vita. Quando lui e Silvia sono mancati si è aperto un baratro. E poi voglio ricordare quei giornalisti, pochi, che lo hanno difeso. Montanelli, Biagi, Bocca hanno avuto il coraggio di denunciare che cosa avevano fatto i magistrati. Oltre a Feltri che, come ho detto, lo ha fatto quando tutti erano allineati”.

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