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Sara Penelope Robin: “Saverio è la mia parte maschile, sono pronta per recitare in Mare Fuori”

Sara Penelope Robin, all’anagrafe Sara Genevieve Mormile. Ha 32 anni, napoletana originaria di Caivano, dopo il successo del video sul trucco e i complimenti di Alessandro Gassmann, spiega a Fanpage.it: “Spesso credono che sia un uomo, ma le mie personalità non riguardano la fluidità di genere. Mare Fuori? Non mi hanno presa, ma sarei una perfetta antagonista di Rosa Ricci”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Sara Penelope Robin, all'anagrafe Sara Genevieve Mormile. Ha 32 anni, napoletana originaria di Caivano, zona Parco Verde, è una video maker e social media editor con studi da attrice. Si sente dire spesso che è "quella che fa i video su Tik Tok" ed è da questa etichetta che è nata la provocazione per il suo primo libro dal titolo Tarantelle condominiali: Storia di quella che fa i TikTok. Ospite nella redazione di Fanpage.it ha spiegato come il suo ‘maschile' Saverio ha fatto pensare a più di una persona che nella realtà fosse un uomo, perché Penelope è il simbolo di una fedeltà che l'ha portata lontano e come Sara riesce a tenere insieme i pezzi di questa trinità che molto ha a che vedere con i suoi studi teologici.

Nome d'arte, Sara Penelope Robin, all'anagrafe Sara Genevieve Mormile. Sei una e trina in ogni caso, facciamo chiarezza.

Sì, tutti credono che io provenga dalla Francia, una cosa molto chic Sara Genevieve. E invece in realtà mia nonna si chiamava Genoveffa e i miei volevano solo rinnovare il suo nome. Vengo da studi teologici, quindi a un certo punto questa cosa della Trinità mi ha incuriosita: Sara è la mia totalità, cioè il nome che mi hanno dato i miei genitori; poi c'è Penelope che è l'anima, la psiche, la parte femminile; E poi c'è Saverio Robin che Penelope lo chiama Robin come l'aiutante di Batman, perché lei è un po’ schizzinosa.

Ed è Saverio quello che ha ingannato un po’ tutto il tuo pubblico social. Molti pensano tu sia un uomo.

Vero. Però in realtà le mie sono persone, non sono né personaggi, né personalità, men che meno generi. Quando io dico la mia parte femminile e la mia parte maschile, c'entra poco con la fluidità.

Alla voce Professione nel tuo libro Tarantelle Condominiali, edito da Rizzoli,c'è: YouTuber, TikToker, Instagrammer e altre cose che finiscono con “er”.

Sì, siamo circondati, ma spezzo una lancia a favore degli influencer: esserlo è un lavoro vero e proprio ed è anche impegnativo per quanto è esposto. Si corrono costantemente tutti i rischi dell'esposizione mediatica.

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E sulla Carta di identità, professione?

Performer, perché vengo prima di tutto dal teatro, i social sono arrivati dopo.

Ti definisci “Donna guerriera figocratica”.

In effetti io sono per le donne, sono per il femminile e credo che le donne abbiano dovuto combattere tante battaglie per affermare i loro diritti. Però, oggi come oggi, nella contemporaneità, tutto questo a volte viene estremizzato, usato anche ai fini di marketing, quindi si crea una sorta di figocrazia per il fatto che l'uomo viene quasi sottomesso, diventa un cretino, è uno che non ha diritto di parola. La donna è quasi come se avesse paura di questo maschile, si creano dei contrasti. Pari diritti è un conto, ma anche a livello identitario dobbiamo stare alla pari.

Tua mamma amante dei classici, tuo padre amante della filosofia, insieme una combo micidiale, nel senso che nella tua infanzia la parola leggerezza non trovava facilmente spazio. È per questo che a temi impegnati quali il politically correct o i diritti delle donne accosti attività routinarie come rifarsi il trucco, la maschera per il viso, tagliare le zucchine e impastare il pane.

E proprio il contrasto tra Penelope e Saverio: sono una persona che deve andare in profondità. Ma sono anche estremamente vanitosa, mi piace truccarmi e vestirmi alla moda, amo molto il vintage. Diventa un paradosso che io metto in atto per rivendicare il diritto di essere bella e intelligente.

È quasi una provocazione, no? Cioè, la zucchina straziata in quel modo…

Affettata male, perché rappresenta un simbolo fallico, era torturata volutamente.

Ciò che produci diventa virale, il video del contouring per esempio, nel quale denunciavi la schiavitù delle donne rispetto all'immagine. Quel video diventa talmente un fenomeno in rete che cattura l'attenzione di Alessandro Gassmann, che scrive sui social “Sara Penelope Robin è davvero efficace”. Lo mettiamo a curriculum?

Con tutto il rispetto per Gassmann, che stimo tantissimo come persona e come artista, è un anno che ci sono altri personaggi famosi che mi commentano e, in certi casi, diventano miei amici. Ma quando è arrivato lui, i giornali sono impazziti e quindi quello è ufficialmente il mio video più virale. Grazie Alessandro, mi hai dato una bella spintarella.

Complice il personaggio di Saverio, arrivano atmosfere un po’ Gomorra e un po’ Mare Fuori, ad ogni modo di una Napoli sicuramente periferica, piuttosto bistrattata.

Sono originaria di Caivano, che è proprio il centro della Terra dei Fuochi. C'è il Parco Verde e ormai è tutto un Parco Verde. Questo non significa che non ci siano anche persone buone e purtroppo Caivano è quasi in uno stato di abbandono, ha leggi proprie. Per vivere in questi posti ci vuole un po’ di stoffa, non puoi viverci se sei debole da un certo punto di vista, anche emotivo, perché sai che in un certo senso il bullismo è all'ordine del giorno.

Per quanto riguarda Mare Fuori, ci sono novità dal fronte casting?

In realtà no, ci ho provato, ma non mi hanno presa per il momento.

Un'antagonista di Rosa Ricci potrebbe essere il tuo personaggio di ingresso, no?

Eh, come no. Ti faccio proprio lo strascino, Rosa Ricci.

Il libro Tarantelle Condominiali sembra un testo teatrale e al contempo a un certo punto ti fa ritrovare su un set cinematografico con atmosfere felliniane. Hai detto che ti senti in connessione stretta con Fellini.

Ovviamente è un amarcord il mio libro, una specie di circo, ci vedo anche i clown di Fellini. E io sono un po’ il clown triste perché questa storia che io adesso sarei una comica a me fa un po’ ridere perché ero sempre una “Mercoledì” della situazione, quella nell'angolo in disparte, e il fatto che io faccia ridere fa ridere altrettanto.

Quale sentimento oggi come oggi tu credi ti rappresenti di più?

La gioia, strano a dirsi. Mi chiamo Penelope perché sono estremamente fedele a ciò che faccio e alle persone della mia vita. Questo senso di fedeltà mi spinge a fare le cose nonostante tutto, lo ritengo un grande dono. Non riesco a deprimermi, a stare nel letto, a non fare nulla perché è andato male qualcosa, anzi mi sento ancora più incoraggiata. È come se la vita mi chiedesse se lo voglio fare davvero.

La dedica del libro è "ai miei gatti Bug e Trinity che mi hanno salvato la vita".

È vero, a volte in periodi in cui sono arrivata a toccare il fondo, sono risalita per loro, ho pensato che dovevo prendermene cura.

Molti dicono che tu sei scomoda, quanto ti piace esserlo?

Credo di essere scomoda ma non abbastanza. Oggi riusciamo ad appiattire anche quello che è scomodo, diventa mainstream e quindi non è più scomodo, è solo qualcosa che va di moda ed è un anticonformismo conformato.

E quindi?

Quindi mi piace dire le cose come stanno, non voglio essere schiava di questo sistema. Vorrei dire quello che penso, a costo probabilmente di rimanere sotto un ponte. Viviamo una costante paura di perdere il lavoro, i soldi, le persone attorno a noi. Per questo sono rimasta anche senza amici. Ma forse ne troverò di migliori che non si offendono.

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