Pietro Sermonti: “Ero una specie di disadattato, mi hanno bocciato 4 volte. Mio padre mi voleva calciatore”

Pietro Sermonti è uno di quegli attori che ha fatto di tutto: televisione, cinema, serie e infatti il 2 gennaio torna su Prime Video con Gigolò per caso-La sex guru, la seconda stagione della serie Prime Video in cui recita accanto a Christian De Sica. Non pensava di fare l'attore, a cinque esami dalla laurea però si è ritirato, da ragazzino era un fenomeno del calcio, ma poi ha preso una strada diversa da quella che, anche suo padre, avrebbe voluto prendesse. Il successo di Un medico in famiglia lo ha catapultato in un mondo che non conosceva, ma da quel momento la sua carriera non si è mai davvero fermata.
Dal liceo, passando per il calcio fino al successo da attore
Intervistato dal Corriere della Sera, l'attore romano ripercorre la sua carriera, ma anche momenti davvero importanti della sua vita, le difficoltà vissute anche scuola da ragazzo che arrabbiato e irrequieto: "Mi hanno bocciato quattro volte. Ho fatto anche la doppietta, il duplete, in uno stesso anno. Ero disperato e mio padre mi consolava: fra 20 anni neanche te lo ricorderai. Sbagliava, perché invece me lo ricordo ancora dopo 40″. A proposito del padre, il letterato e dantista Vittorio Sermonti, dice che lo avrebbe voluto calciatore: "Era il mio primo tifoso, da quando avevo nove anni mi ha scarrozzato per tutti i campi croccanti della periferia romana. Ho giocato con Materazzi: poi lui ha vinto il Mondiale, mentre io ho fatto il Medico in famiglia". Della fiction che gli ha dato la notorietà non sapeva nulla: "Ero una specie di disadattato, non avevo il televisore, non sapevo bene nemmeno che fiction fosse: mi sono fatto dare delle videocassette per capirlo".

Quegli anni determinarono uno spartiacque, il successo lo travolse e la sua carriera nel mondo dello spettacolo è decollata progetto dopo progetto, interpretando ruoli diventati iconici, come quello di Stanis La Rochelle in Boris. Sermonti lo racconta quasi con nostalgia:
Il regalo più bello. Era stato ideato dai miei amici di infanzia, autori come Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico che era stato mio compagno di banco. All’epoca ero l’attore che sgranava gli occhioni, interpretavo storie d’amore: nessuno — se non loro che sapevano che sono un cazzone — mi avrebbe offerto un ruolo così.
Citando uno dei cardini della serie, a Sermonti gli si chiede se abbia mai lavorato con "cagne maledette" e con estrema sincerità risponde: "Ho due Stanis clamorosi che forse mi scriverò sulla lapide e una Stanis femmina: un magnifico trio di cui non farò i nomi".