Matteo Zorzoli voce del tennis a bordocampo: “Musetti stupisce sempre nelle interviste, Sinner può usare ancora meglio il suo peso da numero 1”

Le immagini di Gianni Minà che entra in campo durante una partita degli Internazionali di Roma per chiedere a un Adriano Panatta visibilmente infastidito dell'andamento della sua partita con Vilas sono storia. Oggi una violazione così indiscreta nel momento massimo di concentrazione di Jannik Sinner sarebbe inconcepibile, ma il racconto del tennis a caldo, dal campo, conserva ancora l'enorme fascino dell'adrenalina in circolo, la sensazione che lo sforzo dell'atleta si possa toccare con mano e attraverso questo capire i pensieri, le ansie e le paure dello sport più solitario tra tutti. Matteo Zorzoli, giornalista di Eurosport, lo racconta da bordo campo e, da diversi mesi, è lui a raccogliere le prime dichiarazioni post partita del numero uno al mondo, Musetti, Paolini ancora in preda agli affanni, per calare lo spettatore in quella dimensione. Lo abbiamo incontrato nei giorni del Roland Garros di Parigi, che quest'anno vede due italiani in semifinale per la prima volta nella storia, in una settimana di crossover sportivo incredibile, vista la vittoria della Champions League da parte del Paris Saint Germain.
Sei al tuo secondo Roland Garros. Il boom definitivo del tennis italiano si percepisce?
Sì, assolutamente. Pur essendo quello di Eurosport un focus internazionale, percepisco un crescente interesse a livello globale per storie di tennis italiano, non solo per Sinner ma per Paolini, Musetti, Vasami, c'è un interesse clamoroso per gli italiani e le loro storie, che sarebbero ipoteticamente interessanti sono da una prospettiva italiana e lo sono diventatet a livello internazionale, anche fuori.
Ti stai focalizzando molto sull'incontro a caldo nel post partita. Come ci si prepara ad essere incisivi in quei 30 secondi dopo un match, al di là del commento al risultato della partita?
L'intervista in campo è questione di istinto. Cerchi di imprimere in quel minuto che hai a disposizione l'emozione, che per me è importante vada anche oltre l'aspetto tecnico-tattico. Limitarsi alla partita rischia di essere noioso e provo sempre a tirare fuori qualcosa che esulti dal match, un elemento extra-campo dove cerco di indirizzare l'atleta. Non è sempre facile, ci sono tante dinamiche esterne. C'è solo una persona su cui si concentra tutta l'attenzione, tanti vorrebbero fare un'intervista che precede un rituale post match molto lungo. Avere anche solo una risposta che lasci il segno, quello è il mio obiettivo. Entrare in punta di piedi cercando di avere qualche parola ad effetto che abbia anche impatto sui media.
Con Musetti in questi giorni sei andato sul tema dell'arrivo di un nuovo figlio. La paternità per lui non è stata solo un fatto personale, ma ha avuto enorme impatto sul suo rendimento tennistico.
Io ambisco a parlare di tennis non come sport in sé, ma raccontando le persone che ci sono dietro. È una disciplina individuale.e molto mentale, i tennisti non sono solo diritto e rovescio, ma c'è tanto altro. Il rapporto coi coach, la famiglia. Musetti, in questo senso, penso sia l'esempio migliore perché, pur senza avere un mental coach negli ultimi due o tre anni è diventato esempio virtuoso di federazione, team e famiglia che collaborano. Penso sia in assoluto il prospetto migliore che abbiamo, oltre a Sinner naturalmente. Può ambire alla top 5 dal mio punto di vista.

Per lui la famiglia è stata un acceleratore. Se penso a Berrettini, in quel caso la sua vita personale ha rischiato di influire negativamente, indipendentemente da lui.
Sì, Berrettini sicuramente è stato penalizzato in modo indiretto dal racconto che si è fatto della sua vita personale, tenendo conto che ci sono stati dei problemi fisici oggettivi. Musetti, invece, ne ha tratto assolutamente vantaggio. Il fatto stesso di non aver voluto cambiare coach o chiedere una consulenza esterna oltre a Barazzutti per qualche settimana all'anno, credo sia indicativo di come lui si sia creato una solidità mentale nel corso degli ultimi mesi.
Pensi che non lascerà mai la sua zona di comfort con Tartarini? Molto spesso si pensa che nel tennis questo passaggio sia fondamentale.
Ne ho parlato con Tartarini due settimane fa, il suo rapporto con Musetti nel campo del tennis rappresenta la relazione più lunga tra coach e allenatore, non a caso l'ATP ci ha dedicato anche uno speciale. Non vedo la possibilità di un'interferenza nel breve termine. Il loro rapporto è proprio di amore-odio, come lo stesso Musetti ha raccontato, credo sia la base di tutto il suo tennis.
"Uccisione il padre" nel tennis, proprio per l'individualità di questo sport, sembra un passaggio essenziale e c'è un esempio di atleta che non riesce a liberarsene, ovvero Tsitsipas.
Suo padre in effetti è stato una figura deleteria di recente e infatti Tsitsipas si appoggerà a Ivanisevic in futuro. Lo stesso Djokovic che ci ha lavorato crede che con questo aiuto potrà colmare il gap dal punto di vista della mentalità. Sicuramente questo dettaglio è una di quelle cose che il pubblico generalista non sa, come i dettagli del rapporto tra Sinner Cahill, sono gli aspetti che a me più interessa raccontare.
Hai menzionato la parola "generalista". Il tennis sta facendo questo salto di specie e tu stai vivendo quest'onda nel pieno. Qual è l'orizzonte secondo te?
Il presidente della Federazione, Binaghi, ha detto esplicitamente che il suo obiettivo è che il tennis diventi come il calcio. È chiaro che si tratta di un obiettivo abbastanza utopistico perché il calcio in Italia quasi sfiora la religione. Però i numeri di share, che raccontano cosa accade quando il tennis in chiaro, fanno pensare che l'interesse sia sempre più in crescita. Mi immagino sempre più richieste a livello lavorativo e un interesse sempre maggiore del pubblico, che va educato nella miglior maniera possibile. Il tennis è uno sport per certi versi anche un po' difficile da avvicinare.
Sotto che punto di vista?
Beh penso alla lunghezza delle partite, il fatto che ci siano up & down di attenzione del pubblico. Però questo è il tennis e in potenza può diventare un grande centro di interesse.
Questa risonanza del tennis ha influito anche sul tuo vissuto personale?
Sì, assolutamente. Non solo amici e persone a me vicine, ma anche le molte persone che mi scrivono, dalle semplici richieste di informazioni sui tornei e su come comprare un biglietto, alle richieste più specifiche sui dettagli di tennisti, sia tecnici che privati. La fanbase si sta certamente allargando. Provo anche ad andare oltre il racconto degli italiani, perché il tennis è uno sport in cui i confini sono più sfumati. Si è aperto uno spazio di racconto che provo a riempire sia su Eurosport che attraverso i social.
I social, appunto. Io credo che il successo del tennis sia anche dovuto anche a quanto questo sport si presti alla frammentazione. Puoi vedere una partita, o illuderti di vederla, attraverso gli highlights: è lo sport più instagrammabile tra tutti.
In un certo senso è vero, le nuove generazioni si appoggiano sui momenti salienti, non guarda una partita di calcio e figurarsi una di tennis che dura quattro ore. In questo il tennis è favorito proprio per la sua frammentarietà. Io nella mia piccola bolla ho notato che sempre più gente che fino a ieri non conosceva nemmeno il nome di mezzo atleta, oggi parla di Svitolina e Sabalenka come personaggi che conosce da sempre. I social hanno un enorme potenziale e in questo senso credo che gli slam, in particolare il Roland Garros, stiano facendo un lavoro immenso. Basta vedere come abbiano raccontato l'intreccio tra finale di Champions vinta dal Psg e torneo, restituendo proprio la percezione che in questo momento Parigi sia un po' il centro del mondo dal punto di vista sportivo. Aggiungo che il tennis è sicuramente uno sport con un elemento estetico preponderante, molto favorito da un film come Challengers di Guadagnino che, volente o nolente, con Zendaya ha creato un grande hype anche tra i non appassionati
Hai menzionato due atlete e penso alla polemica di Ons Jabeur, proprio qui a Parigi. La tennista ha polemizzato con le Tv per la scarsa attenzione data al tennis femminile. Cosa ne pensi?
Si tratta di un tema che emerge ciclicamente. Ci sono un paio di cose da sottolineare. In primis, da addetto ai lavori devo dire che i numeri parlano chiaro, non si può mettere solo una partita in serale senza che questo sia penalizzante. Come diceva Sinner nel merito, magari si possono mettere due partite femminili in serale, ma è chiaro che una partita maschile ti porterà sempre più share e numeri se messa in serale e non in giornata. Il problema, secondo me, è legato all'idea che il mondo del tennis femminile, post Serena Williams, sta soffrendo moltissimo l'assenza di una personalità. Dopo Williams forse Naomi Osaka ha cercato di farlo, ma poi per problemi personali non è riuscita più a seguire quell'onda. Ora ci sono Sabalenka e Swiatek, che però sono personalità sportive più che mediatiche. Meno glamour, con impatto ridotto. Io mi aspetto che una numero uno al mondo come Sabalenka dia messaggi forti come hanno fatto Djokovic, Nadal, Federer, Maria Sharapova, Hingis. Si deve andare oltre il tennis in certi casi. In sala stampa si continua a dire che la sperequazione sia un tema vecchio, ma secondo me non è così, penso però che sia legato proprio a questo gap di personalità. Se il tennis femminile vuole ambire allo stesso livello del maschile servono personaggi che mancano.
Pur essendo lo sport nel quale il gap tra maschile e femminile si sente meno.
Esatto, sia per quel che riguarda l'aspetto tecnico che per il money prize dei tornei, ormai quasi ovunque equiparato. Poco fa ho visto Rybakina-Swiatek e Paolini-Svitolina che sono state due partite di eccezionale livello tecnico.
La cosa più imprevedibile che ti è successa?
Sicuramente la comparsata di Djokovic in diretta. Quando ho trovato quel suo tifoso si è presentato in modo assolutamente imprevisto. Il fatto che fosse lì, che parlasse in italiano e che abbia aspettato un quarto d'ora per farlo, con la maglietta di quel fan indossata, è stato bellissimo. Mi vengono i brividi ogni volta. Sono stati i miei 15 minuti di celebrità, compresa l'attesa della diretta perché sarebbe stato un buco clamoroso.
Avevi intervistato questi due tifosi australiani che nel 2007 lo avevano conosciuto quando aveva solo 17 anni. Djokovic ha detto che avrebbe voluto conoscerli e li hai cercati ovunque, fino a trovarli. Quando vi incontrate si ricorda di questa storia?
È stata una bellissima storia, era super contento, ma vede così tante persone da essere difficile che si ricordi, non posso dire per certo che mi riconosca.

Eurosport è un'emittente dalla dimensione internazionale, c'è un'attenzione particolare verso l'Italia?
Sì, te ne rendi conto sensibilmente. L'anno scorso, dopo le prime vittorie di Paolini qui a Parigi, mi sono ritrovato in una stanzetta con Wilander che mi chiedeva di raccontargli qualcosa di lei perché lui non la conosceva bene, per provare a spiegare al pubblico chi fosse e come fosse possibile essere esplosa a 27 anni. Avere a che fare con voci internazionali come Wilander, McEnroe, Corretja, gente che ha vinto degli Slam, è una possibilità enorme.
Nei post partita chi si presta meglio in quei secondi a caldo che tu provi a rubare?
Quando è in buona Djokovic. Lui è famoso perché quando perde, dopo un secondo, è in conferenza stampa, tant'è che alcuni colleghi hanno bucato conferenze e interviste con lui perché vuole fare tutto subito, capita che passi prima in conferenza che dalla doccia. L'atteggiamento è di due tipi: o è super disponibile o dà risposte monosillabiche. Però decide lui, detta i tempi. In questo è eccezionale. Per lui mi aspetto un futuro da comunicatore, che sia in politica o nel mondo del tennis.
Sinner si mostra disponibile?
Ho imparato a conoscere bene Jannik che ha le sue lune post partita, se fa freddo vuole andare veloce per evitare malanni e ho imparato a capirlo. In altre circostanze si concede di più, ad esempio quando ha parlato di Piatti che era sugli spalti a vederlo. Ho notato che in certe circostanze dimostra molta più dimestichezza di un tempo. Spero che tiri fuori un lato del carattere che vada più nella direzione di Djokovic, capendo che da numero uno ha un peso decisivo per temi generali e sul tennis stesso.
Cosa in cui Alcaraz sembra già più navigato.
Beh anche se lì bisogna stare attenti, perché lui diverse scelte comunicative sbagliate le ha fatte, a cominciare dal documentario su Netflix che per me è stato uno scivolone. Una cosa di cui potresti pentirti perché le dici a 22 anni e forse a 24 non la penserai allo stesso modo, perché hai altra consapevolezza. Io penso Alcaraz sia meno protetto, mentre Sinner è più consigliato e ad oggi si sta creando una corazza propria. La squalifica lo ha fatto crescere.
Degli altri italiani chi ti ha sorpreso?
Quello che si presta di più a dare una risposta un po' complessa è davvero Lorenzo Musetti, che trova sempre il modo di stupire anche nelle risposte. Forse anche in quei casi lavora al processo di autoanalisi costante, per capirsi di più.
Paolini sembra non costruita, quasi sprovvista di cose da dire.
Appare spesso senza tutele, è vero, ha una grande sponteneità. Ma credo stia migliorando molto, a volte percepisci proprio che nel momento in cui c'è il microfono, questi ragazzi hanno una sorta di velo che è dato forse anche dalla timidezza, che li porta a dare risposte un po' confezionate.

Questo modo di raccontare le cose fuori dal campo ti interessa più della telecronaca?
Ci ho provato, ma la telecronaca devi saperla fare, coltivare e imparare a farla. Le due cose sono andate di pari passo all'inizio, ma nel frattempo si stava aprendo la possibilità di questo lavoro on site e ho preferito questo, perché il contatto con le persone lo preferivo, soprattutto post Covid, e anche perché la telecronaca racconta qualcosa che vedi già, mentre io preferisco puntare un faro su quello che non si riesce a vedere.