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Marco Liorni: “L’Eredità mi spaventava, ho pensato di dire no. Io a Sanremo? Non sarei pronto”

Marco Liorni parla in un’intervista a Fanpage.it dell’arrivo a L’Eredità, di cui non era sicuro e non solo per il caos che ha preceduto il suo arrivo: “Temevo di essere troppo presente dopo mesi di Reazione a Catena”. Volto di molti programmi che hanno fatto la storia della Tv, ricorda il Grande Fratello: “Capimmo da subito che avrebbe cambiato tutto. Oggi è una cosa diversa”. Sulle voci che lo vorrebbero candiato al festival: “Nonostante la mia età, mi sto ancora facendo le ossa”.
A cura di Andrea Parrella
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Essere volti amici del pubblico è un obiettivo che in televisione sono in tanti a inseguire e, per questo, sono in pochi a riuscirci. Tra questi, sicuramente, c'è Marco Liorni. Alla guida de L'Eredità dopo la rocambolesca vicenda di Pino Insegno, il conduttore sta realizzando ascolti importanti con la nuova edizione dello storico quiz (che andrà anche in prima serata con due speciali previsti per sabato 16 e 23 marzo), confermandosi uno dei volti più presenti e apprezzati del panorama televisivo attuale. Alla frequenza quotidiana con cui lo vediamo in Tv, Liorni risponde con una riservatezza esemplare rispetto al suo privato, non perché si sottragga, bensì perché sceglie di non esporsi. In questa intervista con lui ripercorriamo una carriera che ha toccato alcuni dei programmi più celebri della storia della Tv, dal Grande Fratello a Verissimo, passando per Saranno Famosi, ma lo facciamo inevitabilmente iniziando dall'oggi.

L'Eredità è un grande classico Rai che, come tutti i grandi classici, comporta la difficoltà di inserirsi con una propria impronta. Qual è la tua?

Sono partito dall'idea di esaltare il gioco, perché alla fine la gente vuole giocare, una cosa quasi banale da non perdere mai di vista. Allo stesso tempo, specie con una quotidianità, pian piano esce fuori quello che tu, gli autori, i concorrenti inconsapevolmente, volete portare nel programma. Ogni volta che entro in studio ho l'obiettivo di stare bene, portare i concorrenti a sentirsi liberi, anche perché quella è la condizione per indovinare di più.

Reazione a Catena e L'Eredità, quali sono le differenze?

Reazione a Catena è un game di associazioni, più libero, dà maggiore spazio alla fantasia, con percorsi a volte più diretti e altri più complessi. È prevalentemente intuito ed è una caratteristica simile a quella necessaria per la Ghigliottina. Dentro L'Eredità, invecemì, ci sono molti sapori differenti, l'intuito e la conoscenza si mescolano alla riflessione e alla memoria, che non è solo bagaglio culturale, ma anche vissuto.

Negli ultimi anni le gaffe sono diventate parte integrante de L'Eredità, prestano il fianco alla viralità social di cui la Tv ha bisogno come il pane. Come ti comporti davanti agli strafalcioni dei concorrenti?

Dipende sempre da come il concorrente la prende. Alcuni sono molto autoironici, altri più tesi perché magari professori, insegnanti, persone che tengono alla loro credibilità, più spaventati dall'errore e più rigidi. Ci si ride sopra, essere severi non ha senso, nonostante ci siano stati errori macroscopici gli sfondoni li facciamo tutti. Non manca l'ignoranza, certo, ma ti dirò sinceramente che l'ignoranza sulle nozioni non mi spaventa, sono altre le ignoranze che mi fanno paura.

Per esempio?

Quelle in cui in cui non c'entrano le date da ricordare, quelle sui valori, sui momenti chiave dell'evoluzione della società. Io temo quella forma di ignoranza.

Esserci sempre, tutti i giorni, è un obiettivo di chi fa Tv, ma non ti preoccupa la prospettiva di essere troppo presente? Non sarebbe utile farsi desiderare?

Sono ragionamenti interessanti che hanno a che fare con la comunicazione, tema impossibile da snobbare in questo mondo. Allo stesso tempo in campo televisivo non c'è tutta questa possibilità di creare strategie, si è molto più legati all'attuale, le opportunità, molta casualità, non c'è uno star system evoluto come quello del cinema. Io stavo facendo Reazione a Catena, poi mi hanno proposto L'Eredità all'improvviso e la domanda che poni tu me la sono fatta, il timore c'era e ci ho pensato a rinunciare, ma sono stato rassicurato dagli altri e convinto dal fatto di avere una conduzione che non mette l'io davanti al prodotto.

Hai fatto qualsiasi genere di programma: quiz, people show, reality, talent, rotocalco informativo. In quale acquario senti di galleggiare meglio?

Direi in un acquario che mischi tutte le acque, con pesci di ogni tipo. Non a caso quando ho avuto la possibilità di fare un programma pensato da me come Italia Sì, ho fatto una cosa che mescolasse tutti gli elementi. Mi piacciono i cambi di registro e nella Tv funziona come nella vita, da jolly ti capita di fare un po' di tutto e devi scegliere una strada.

Marco Liorni con Mauro Coruzzi a Italia Sì
Marco Liorni con Mauro Coruzzi a Italia Sì

E senti che la tua strada sia il quiz?

Nell'accezione contemporanea di quiz sento ci siano tanti sapori. L'Eredità ha molti volti, ogni gioco ha una sua anima. Questo quiz è un mondo, una specie di bolla in cui prende forma l'idea dell'aperitivo preserale.

Eppure registrate ad altri orari. La Tv porta a doversi calare come se stessi nel momento della messa in onda, fingere senza fingere. Quand'è che hai imparato a farlo?

Credo sia successo nel 1997. Quando ero a Mediaset Gregorio Paolini mi ha insegnato questa cosa fondamentale, cioè che quando vai davanti a una camera devi tenere innanzitutto presente chi hai davanti e, contemporaneamente, pensare a quando stai andando in onda, che ora è, cosa sta facendo la gente. All'inizio è un esercizio mentale che non serve a molto, ma col passare del tempo diventa una cosa automatica. Oggi nel fare Italia Sì mi rendo conto di aver fatto miei questi concetti che alla fine producono la chimica col pubblico. È una cosa che esce nelle sfumature, non in modo diretto. E stai meglio tu, quindi gli altri.

Non c'è il rischio di adagiarsi nella quotidianità televisiva?

Sì, il rischio di mettere il pilota automatico c'è sempre e questa cosa non va mai fatta. Se non accade è soprattutto grazie agli autori, ogni giorno è come fosse la prima puntata, conosciamo i concorrenti, proviamo a capire chi abbiamo di fronte. Somigli un po' al teatro.

In effetti tu del teatro lo hai fatto. Qual è la similitudine?

Ho fatto qualcosa di scrittura ma lì ho la sorella di mia moglie che è un'attrice bravissima di teatro per bambini che mi ha spiegato molte cose. Le chiedevo se ripetere ogni giorno un testo, sempre uguale, non corresse il rischio di farti stare da un'altra parte mentre dicevi le cose a memoria. Ma lei giustamente mi ha spiegato che l'attore bravo ogni volta rivive il momento, capendo qualcosa in più. Anche a L'Eredità, se vogliamo, mi capita spesso di scoprire una piccola cosa diversa del gioco, che però ti permette di allargare la tua visione.

Oltre a L'Eredità c'è Italia Sì. Dopo questa stagione il progetto avrà seguito?

Quel programma è un un contenitore che ha come scansione il podio in cui tu puoi mettere dentro qualsiasi cosa. Per quanto riguarda la prossima stagione, banalmente, non lo so, ho parlato con i dirigenti delle puntate attuali, ma della prossima si deciderà.

Nella tua testa è compatibile con un impegno quotidiano così fitto?

Ecco sì, su questo c'è una difficoltà di concomitanza e impegni ed è un tema forte e grosso. Vediamo che succede e cosa il futuro ci porterà.

Nel 2017 lasci La Vita in Diretta dopo sei edizioni e la cosa scatena un'enorme ondata di affetto, come se in quel momento raccogliessi ciò che avevi seminato negli anni. È solo un'impressione mia o è stato davvero così?

Anche la mia impressione fu questa. Come in molte cose della vita, ci si rende conto del valore che alcune cose hanno assunto per noi nel momento in cui dobbiamo lasciarle. Forse solo i veri grandi hanno consapevolezza del valore delle esperienze mentre le stanno vivendo. In televisione il pubblico non lo vedi, con quello in studio si diventa famiglia ma sono spesso figuranti, così come è vero che gli ascolti ti dicono tanto ma sono numeri. Questa sensazione di affetto la percepisci solo in certi momenti e l'addio a La Vita in Diretta fu, effettivamente, un momento confortante per me. Ti dici che qualcosa hai lasciato.

Con Francesca Fialdini alla conduzione dell'ultima edizione de La Vita in Diretta
Con Francesca Fialdini alla conduzione dell'ultima edizione de La Vita in Diretta

Le tue caratteristiche e la tua presenza quotidiana ti accostano, per similarità, a volti come Carlo Conti e Amadeus. Sei consapevole, quindi, che per questa ragione il tuo nome circoli molto in relazione al prossimo Sanremo?

Ho notato che qualcuno ne parli e mi hanno fatto domande in merito. Voglio rispondere andando in profondità e dicendo che, al di là delle poche possibilità concrete che questo accada, non sia questione di volere o non voler fare Sanremo. Semplicemente il Festival è sì conduzione, ma soprattutto direzione artistica. Conoscendo Amadeus e avendoci parlato tante volte, ho capito cosa significa fare una cosa del genere. La domanda da porsi, quindi, è se mi sentirei in grado di fare la direzione artistica del Festival di Sanremo e la risposta è che non mi sento ancora pronto per poterlo fare.

È una risposta di sostanza, il pubblico spesso fatica a capire la differenza che tu tracci tra direzione artistica e conduzione. Di cosa parliamo?

Si tratta di rapporti, esperienza, elasticità, visione, gusti. Il punto è esattamente quello. Amadeus sceglie le canzoni, come faceva Conti e come ha fatto Baglioni, per citare gli ultimi. È cosa di grande complessità. Ci sono stati Festival con conduzione e direzione artistica disgiunte, penso a Morandi con Mazzi, ma dipende sempre dal Sanremo che hai in mente. Per il prossimo anno sarà una decisione tosta per la Rai, io sto ancora facendo le ossa nonostante la mia età, d'altronde non si smette mai di farlo.

Verissimo, Saranno Famosi, Grande Fratello, La Vita in Diretta, L'Eredità. Ogni tanto ti racconti tra te e te che sei legato ad alcuni titoli che rappresentano gli ultimi 25 anni di Tv?

Questa è proprio una cosa che non va fatta, salvo che nei momenti di crisi e autostima. Il passato vive in quello che siamo, ma è una cosa che non esiste più. C'è quello che devi fare oggi e al massimo il domani. Luciano De Crescenzo diceva che il saggio è quello che bevendo un bicchiere d'acqua sente l'acqua nella bocca, il fresco dell'acqua che scende e dice "quanto è bello bere". Secondo me così si vivono le cose, tutto è legato al caso in fondo. Quando ti sfiora devi saperlo cogliere, poi magari se a qualche direttore venissero dei dubbi posso fargli un elenco (ride, ndr).

Però non è una cosa da poco aver partecipato a momenti cardine della vita degli spettatori.

Questo sì, volendo fare un discorso serio in termini di quello che le esperienze mi hanno dato non posso negarlo. Verissimo che è stata una scuola fantastica, così come il lavoro con Toaff a La Vita in Diretta. Il Grande Fratello è stata una cosa pazzesca e ancora oggi, credo, resti il programma che ha cambiato la Tv. Adesso incide come un genere definito, quando arrivò fu uno spartiacque per la Tv, è cambiato persino il Tg nel modo di raccontare le cose. Ha disincrostato tanti stilemi che caratterizzavano la televisione prima del GF.

Si narra che John de Mol, creatore del GF, prima di andare in onda disse ai collaboratori che dopo quella sera la televisione non sarebbe stata la stessa. Eravate consapevoli di questa cosa al tempo?

La sensazione che fossi così c'era, ma fino a un certo punto. Era già andata in onda l'edizione spagnola, più vicina alla nostra, ma la vera consapevolezza arrivò al primo giorno di prove del Grande Fratello, con dei figuranti che rimasero nella casa per un paio di settimane utili alle prove tecniche. Vedendo quello che succedeva, l'effetto ipnotico, si intuiva tutta la potenza del prodotto. Evidentemente al tempo la televisione aveva bisogno di questo scossone, portare la gente comune in primo piano.

Marco Liorni in una delle prime edizioni del Grande Fratello
Marco Liorni in una delle prime edizioni del Grande Fratello

Oggi ci sono i social in cui ognuno fa il reality della propria vita. Pensi il Grande Fratello sia stato l'inizio di questa dinamica e che questa dinamica abbia a sua volta indebolito il reality?

Non so se l'abbia innescata, ma il GF ha raccolto qualcosa che già c'era. D'altronde in Italia avevano già fatto una cosa simile, Minoli con il suo "Davvero", che non aveva attecchito perché in anticipo sui tempi. Quindi evidentemente il GF è arrivato nel momento giusto. Eravamo nel 2000, prima del crollo delle Torri Gemelle, si percepiva questo bisogno di celebrare la normalità che il programma riusciva a cogliere.

Quello del Grande Fratello è stata la tua prima etichetta e poi ne sono seguite tante. Una somma di etichette fa la carriera e dimostra che per sottrarsi ai marchi bisogna solo continuare a lavorare. 

Mio padre mi parlava del tenente Sheridan, personaggio molto celebre al suo tempo, dicendomi che quell'attore (Ubaldo Lay, ndr) lì non riusciva a togliersi l'impermeabile del tenente, pur essendo un ottimo attore. Questo rischio dell'etichetta è fortissimo, tanto che ci sono persone in grado di capire che l'etichetta non se la toglieranno, continuando a fare quello per tutta la vita. Se ti ci trovi bene, secondo me è giusto farlo, ma a me l'idea è sempre stata stretta e solo con il lavoro ti liberi dall'essere "quello di".

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