Marco Fiocchetti va in pensione: “Le critiche? Tifo Sinner e non me ne vergogno. La telecronaca in Rai è per tutti”

"Sono italiano, tifo Sinner e non me ne vergogno". Marco Fiocchetti non ha paura di dirlo a Fanpage.it, neanche ora che ha appena chiuso una carriera di quarant'anni in Rai con l'ultima telecronaca sulla vittoria di Jannik Sinner alle ATP Finals. Il saluto commosso di domenica sera ha emozionato il pubblico, ma il telecronista sportivo non ha intenzione di lasciare le cose a metà. Alle critiche che per mesi lo hanno accusato di essere troppo di parte risponde senza giri di parole: "Quando segna l'Italia del calcio, Alberto Rimedio non urla e strilla? Ecco, io faccio lo stesso con Sinner". E sulle accuse di essere poco tecnico: "In quel momento davanti alla televisione ci stanno tutti, c'è mia madre che ha 91 anni, la signora che stira, quella che fa il ragù. Devono capire di cosa parliamo, e poi io il tennis l'ho giocato e insegnato".
Nel corso dell'intervista, Fiocchetti interviene anche sulla scelta del numero uno al mondo di saltare la Coppa Davis: "Sono d'accordo con lui. Questa non è più la Coppa Davis, è un regalo a Piqué. La formula è ridicola, si sta nove ore a vedere partite dove non c'è nessuno". Un addio senza filtri, come il suo stile di telecronaca che ha diviso l'Italia del tennis tra chi lo adora e chi lo contesta. Ma a lui, ora che è in pensione, non importa più di tanto: "Non si può piacere a tutti". Marco Fiocchetti lascerà la cabina di regia a Maurizio Fanelli.
Marco, ieri hai preso tutti in contropiede.
È stato un momento molto emozionante. Non potevo che ringraziare questa azienda che con me è stata splendida. Poi, come ho detto, sono un amante del tennis, fare questo lavoro e seguire il tennis è stato per me un sogno. Mi ha fatto piacere anche lasciare un pensiero per mio padre
Cosa faceva in Rai?
Era un direttore di produzione. Papà lavorava per il Musichiere, ha lavorato per Studio Uno.
Ti ha trasmesso lui la passione per lo sport?
Sì. Pensa che ho una fotografia in braccia a mia madre, di fronte allo Stadio Olimpico durante le Olimpiadi del '60. La scattò lui. Mi raccontava sempre della finale di Berruti. Papà cadde, rotolò per le scale e si fece male la testa. Era solo un taglio leggero, però Berruti aveva vinto e papà era al settimo cielo.
Il tuo discorso di ieri ha colpito molto perché il pubblico sembrava essersi affezionato alla coppia con Panatta. Che ne pensi?
Guarda, non me lo aspettavo. Io e Adriano siamo amici da quasi quarant'anni. Perciò, il nostro è proprio un dialogo con un amico al bar, anche perché noi dobbiamo portare il tennis in casa di tutti. Non ci rivolgiamo agli abbonati Sky o di una qualsiasi pay-per-view. In quel momento davanti alla televisione ci stanno tutti, c'è mia madre che ha 91 anni, la signora che stira, quella che fa il ragù e perciò dobbiamo essere più vicini, tecnici sì, perché Adriano, come tutti sanno, è bravissimo a indovinare il momento, i punti deboli, i punti di forza. Poi però, anche ridendo e scherzando, portandola un po' più sul ridere, per stare leggeri.
Ecco, resa chiara la necessità appunto di essere generalisti e quindi di essere servizio pubblico nel senso più ampio possibile, di contro c'è quella una parte di pubblico che non ha gradito questo tipo di leggerezza. Cosa rispondi?
Sì, ho visto delle volte che alla gente non piace come facciamo la telecronaca, non si può piacere a tutti. Però come ti ho detto, a me sembra molto meglio farla così perché se è troppo tecnica, non funziona. Credo sia giusto creare un clima più disteso. A quanti criticano, poi, rispondo che il tennis lo conosco molto bene perché ho giocato, non ad altissimi livelli perché non avevo la testa per fare questo sport, però lo so giocare, l'ho insegnato. Ce l'ho nel sangue, credo di sapere quello che dico e te lo può confermare anche Panatta. A me, però, fare la telecronaca ‘tecnica' non mi piace.
Conosci altri tennisti oltre a Panatta?
Gli ex tennisti li conosco tutti: Canè, Camporese, Pescosòlido, siamo proprio amici. Quelli di adesso, purtroppo, non so neanche chi sono. Credo di aver dato una o due volte la mano a Sinner, perché sono gente inarrivabile.
Col senno del poi, sapendo che era la tua ultima, ho notato maggiore libertà da parte tua. Hai lanciato anche qualche frecciatina ai critici?
Allora, durante gli Internazionali d'Italia, finale Sinner-Alcaraz, abbiamo fatto il tifo e l'ho detto. Adriano, scherzando, mi dice: "Sei un telecronista, devi essere imparziale". E poi gli ho detto "Io faccio il tifo per l'Italia". Mi hanno attaccato molto su questa cosa, però mi chiedo: quando segna l'Italia del calcio, il mio amico, peraltro bravissimo, Alberto Rimedio, non urla e strilla? E quando segnano gli altri fa "gol". Ecco, allora io tifo per Jannik Sinner e mi sembra normale.
E cosa ti senti di rispondere alle critiche?
Sono italiano, tifo Sinner e non me ne vergogno. È semplice, tutto qua.
Marco, sai già chi prenderà il tuo posto?
Dalla semifinale di Coppa Davis al posto mio ci sarà Maurizio Fanelli. Hanno designato lui al posto mio, sono contento, è un ragazzo giovane, bravo. E gli ho detto solo: stai attento ad Adriano Panatta che ti mette in difficoltà, è pronto a darti la frecciata e la battuta. Il nostro è sempre stato un gioco delle parti.
Il momento più complesso in carriera: l'incidente a Maceiò?
Anche il più brutto. Ero a commentare la Coppa Davis, partite che però non ho mai visto perché il giorno prima ho avuto questo incidente in macchina dove sono rimasto in coma. Avevo perso una gamba che poi un ottimo microchirurgo lì in Brasile riuscì a riattaccare, salvandomi praticamente la gamba.
Il più bello?
Dico ieri, ma anche l'abbraccio con Paolo Canè quando l'Italia ha vinto la sua prima Coppa Davis a Malaga, dopo 47 anni.
Che ne pensi della scelta di Sinner di non fare la Coppa Davis?
Sono d'accordo con lui perché a parte qualsiasi cosa, ormai i giocatori sono delle vere e proprie aziende ed è giusto che pensino ai propri interessi. E poi, questa non è più la Coppa Davis, questa è una coppa disegnata come regalo a Gerard Piqué, che ha deciso di cambiare la formula con la sua agenzia Kosmos.
Non ti piace questa formula?
Ti dico la verità: è ridicola perché è molto faticosa, non solo per chi fa il nostro lavoro ma anche per gli spettatori. Finisci per stare nove ore e un quarto a vedere tre incontri uno dopo l'altro, in posti dove non ci viene nessuno. Sto pensando quando a Bologna ho visto un Australia-Canada con tre persone tra gli spalti. Il bello della Coppa Davis è che io vengo a casa tua e tu hai il tuo tifo, oppure in casa mia con il mio tifo. Dice bene Sinner.
Cosa dice?
Che la Coppa Davis andrebbe spalmata su due anni. Con il calendario intasato che c'è adesso, si gioca tanto. Adesso si aggiungerà un altro Master 1000 con l'Arabia Saudita. È impossibile, quindi, che ci possano essere i migliori otto a due giorni dalle ATP Finals. Non sono convinto, per esempio, che Alcaraz ci sarà e non sono tanto convinto che si sia fatto male ieri. Però, questa è una cattiveria e lo so.
In chiusura: senti di ringraziare qualcuno per questo percorso? Hai avuto un maestro?
Enrico Ameri. Era pazzo di me, non ho capito mai perché. Diceva che ero uno che aveva talento. Ho fatto il suo secondo, mi ha spiegato tutto. Mi ha voluto quando fece quello che poi è diventato "Quelli che il calcio", ovvero "Girone all'italiana". C'erano Andrea Barbato, Gianni Ippoliti e si inventò questa cosa di dare in tv i risultati in diretta sentendo la radio e mi volle al suo fianco.
Qualcun altro da ringraziare?
Giampiero Galeazzi. Gli ho voluto bene. Ha dato tanto al nostro tennis, ma non ha avuto abbastanza. Mi sento un po' in colpa perché non ha avuto la fortuna mia di vincere due Coppe Davis e due titoli ATP Finals da italiano.
Cosa farà Fiocchetti dopo l'ultimo giorno in Rai?
Amo i viaggi avventurosi, non me ne resterò a casa. Sono tornato da qualche mese da un viaggio in Groenlandia. Spero di avere la forza di continuare a farne. L'ho visto tutto il mondo, ma qualche posto nuovo si trova sempre.