Silvia Kramar: “Fede aveva un senso della notizia incredibile. Mi licenziò pensando l’avessi tradito per Mentana, poi facemmo pace”

Lontana dall’Italia e letteralmente dall’altra parte del mondo. Silvia Kramar, che da anni vive in North Carolina, non era al corrente della scomparsa di Emilio Fede, almeno fino a quando non è stata contattata dalla redazione di Fanpage. “Ho saputo della sua morte da lei”, confessa. “A quel punto ho chiamato un paio di amici che mi hanno mandato delle informazioni. So che era molto anziano e che negli ultimi tempi aveva avuto seri problemi di salute”.
Il giornalismo ormai è un capitolo chiuso. Silvia oggi insegna latino in una scuola elementare privata: “Mi diverto da morire. Avendo a che fare con dei bambini, amo mescolare il latino alla storia dell’impero romano”. A tenerla legata all’Italia c’è la mamma, vicina al traguardo dei 105 anni: “L’anno scorso venni a trovarla. Mi piacerebbe tornare la prossima estate, magari per farmi anche una bella vacanza in Toscana”.
Se riavvolgiamo il nastro, l’attenzione si fissa inevitabilmente a quel 17 gennaio del 1991. Studio Aperto, programma di approfondimento giornalistico lanciato il giorno precedente proprio per seguire gli sviluppi della crisi nel Golfo, fa il colpaccio. “Pronto, pronto, hanno attaccato. Il cielo di Baghdad è pieno di fuochi”. La voce della Kramar invade lo studio, spiazzando un Fede letteralmente stordito da quelle urla. “Emilio era un genio, fu l’unico ad intuire che quella notte sarebbe accaduto qualcosa. Mise in piedi una diretta dal nulla, a differenza della Rai”.
Lei era a casa, davanti alla tv.
Davanti a tre televisori, per la precisione. Oltre a quello che avevo, ne acquistai altri due. Erano sintonizzati sulla Cnn, sulla Cbs e sulla Abc. Inoltre, a supportarmi c’era pure una radio sintonizzata su una stazione locale.
Ad un certo punto cominciò a gridare.
Fede mi aveva chiamato e avevo il microfono aperto. Poi però me lo spensero. D’un tratto notai che l’inviato della Abc aveva confermato l’attacco a Peter Jennings. Quindi mi misi ad urlare a squarciagola: ‘Pronto, pronto, mi sentite?’. In sottofondo sentivo Emilio che proseguiva con i suoi discorsi. Nel momento in cui mi riaccesero il microfono ero quasi esasperata.
Le agenzie italiane ancora non avevano battuto la notizia.
Vero, sull’Ansa non c’era nulla. Per qualche minuto Fede sospettò che fossi matta, ne sono convinta.
Bruciaste sul tempo la Rai e fu una rivoluzione.
Il telefono superò il satellite. Senza contare che i corrispondenti della tv di Stato a quell’ora erano andati a casa. Dovettero rientrare di corsa. La Rai aveva i carri armati, mentre Fede andava in bicicletta. Eppure la spuntò lui, rimanendo in onda quella sera. Quell’uomo aveva un senso della notizia pazzesco, incredibile.
Scrisse un pezzo di storia televisiva, ne è consapevole?
No, non dirlo. Fu solo un momento di grande fortuna. Senza Fede non si sarebbe mai concretizzato. È stato un grande personaggio, complicato e complesso, che non tornerà più.
Che ricordo si porterà dietro?
Mi ha regalato anni bellissimi. Fede ha costruito dal nulla l’impero delle news di Mediaset. Quella volta mise in piedi uno studio da zero, senza la minima organizzazione. Il suo talento fu quello di non salire mai sul piedistallo come facevano altri conduttori. Lui poneva le domande che avrebbe fatto una persona normale. Non si ergeva a professore e la gente si sentiva partecipe. Ogni tanto sbagliava, ma era onesto, sicuramente più onesto di colleghi che si esprimevano in maniera costruita.
Il ministro degli esteri Gianni De Michelis apprese dell’attacco proprio da Studio Aperto.
Me lo confidò lui. Si trovava a cena in una bellissima abitazione romana e aspettava di essere avvertito dal Pentagono. Nessuno lo fece. Al contrario, fu un cameriere che mi aveva ascoltato in tv a dirglielo. La telefonata gli arrivò solo successivamente.
Il rapporto con Fede si incrinò qualche tempo dopo.
Mi licenziò perché credette che lo avessi tradito per Mentana. Invece non era così.
Si riferisce alla visita in Italia di Bill Clinton.
Esatto. Nel 1994 il presidente degli Stati Uniti venne in visita e per la concessione dell’intervista in esclusiva si optò per il tandem Tg1-Tg5. Siccome l’anno prima avevo seguito le elezioni Usa scelsero me. Lavoravo per tutte e tre le reti del gruppo, ma il mio direttore ufficiale rimaneva Fede, che non venne avvisato.
Quando lo sentì per l’ultima volta?
Diversi anni fa, in occasione di uno speciale che ricordava quell’avvenimento. Gli comunicarono che c’era una sorpresa per lui e appena ascoltò la mia voce fu felicissimo. Disse che ero stata il miracolo di quella notte. Io avrei voluto rispondergli che il vero miracolo era stato lui. Quando nel 2003 scoppiò la seconda guerra in Iraq mi propose di tornare a lavorare con lui. Ma non era più il caso, ormai facevo la mamma.
Fede possedeva un innegabile talento. Ma di lui resterà soprattutto la partigianeria e il filoberlusconismo.
Emilio amava ed odiava. Era un uomo con tante piccole paure. Temeva di non bastare, di non fare mai Berlusconi contento. Pur presentandosi come una persona forte, aveva mille timori e questi timori se li portava dietro.
C’è almeno la consolazione di essersi riappacificata con lui.
Il cerchio si è chiuso bene. Ci sentimmo quella volta e fui contenta. Avevo saputo che era stato ricoverato in un istituto e mi venne da piangere quando vidi dei filmati girati di nascosto. Certe cose non si fanno. Era facile prenderlo in giro, in un certo senso faceva parte del suo personaggio.
Percepisco molta malinconia nelle sue parole.
È la malinconia per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Se non mi avesse licenziato, saremmo potuti andare avanti per parecchio tempo. Chissà cosa avremmo potuto fare ancora assieme.
In Italia i filmati di quel 17 gennaio 1991 torneranno a circolare.
E’ passato talmente tanto tempo che non mi fa più effetto. Mi fa piacere riparlarne, ma onestamente ha un’importanza minima. Non sono più la giornalista e la donna di allora. Sono cambiata. E’ come se ti ricordassi una roba che ti è successa da bambino: ti fa felice, però sei lontano e distaccato da quell’avvenimento.