Concita De Gregorio: “Ho affrontato 3 milioni di debiti. Ho parlato della mia malattia per aiutare gli altri”

Concita De Gregorio, ospite di un podcast, ha raccontato gli inizi della sua carriera e dell'approccio al suo mestiere. La giornalista, poi, ha parlato della malattia e della sua scelta di parlarne pubblicamente.
Concita De Gregorio: "Mi riposo lavorando, è nel mio metabolismo"
Intervistata da Alessandro Cattelan per il podcast Supernova, Concita De Gregorio risponde ad alcune domande legate al suo mestiere di giornalista: "Non vado in vacanza, mi annoio. Mi riposo lavorando, è come entrato nel metabolismo. Mi piace fare, stare, sono curiosissima. Mi piace tantissimo il lavoro che faccio ed è un privilegio". A stimolarla è confrontarsi con le persone e capire le situazioni ma, paradossalmente, se potesse scegliere un superpotere sarebbe l'invisibilità: "Invece poi ho avuto la sorte della visibilità perfino pesante, a volte molto faticosa". Il lavoro giornalistico a cui tiene di più è il racconto del G8:
Pratico un giornalismo di relazione, di attesa. Al G8 ero la più giovane. Quando è successo il cataclisma, mi sono seduta sui gradini della chiesa e sono rimasta lì tutto il giorno a osservare quello che accadeva. Alla fine, un ragazzo del gruppo di amici di Carlo Giuliani mi ha chiesto chi fossi. Gli ho detto che ero una giornalista e che avrei scritto un pezzo sulla vicenda. Gli ho dato il mio numero e gli ho detto che, se avesse letto qualcosa di sbagliato, poteva chiamarmi. Poi, mentre ero a cena, mi ha telefonato per dirmi che stavano facendo irruzione nella scuola Diaz. Allora sono andata con un cameraman e siamo entrati nella scuola prima che la chiudessero. Ero già dentro quando hanno bloccato le strade. Non c'era nessun altro. Il giorno dopo, c'era solo il mio racconto.
Concita De Gregorio: "Arrivare dove sono oggi mi è costato tantissimo lavoro"
Per Concita De Gregorio la coerenza "non è un valore assoluto": "Si può cambiare opinione, anche intensità di opinione. Si può anche cambiare drasticamente e capire di aver sbagliato. Più che la coerenza, la virtù principale di chi racconta le cose è l'esercizio del dubbio. Dubitare sempre". Memore della massima "sapere e potere", ha fatto dello studio la sua forza: "Ho iniziato in prima elementare e non ho mai finito. Ho avuto un adolescenza e un'infanzia di investimento, che mi avrebbe portato via dalla provincia, da un destino già scritto, da una condizione modesta di possibilità. Ma mi è costato tantissimo lavoro". Concita De Gregorio dopo la fine del suo incarico come direttrice dell'Unità si è trovata ad affrontare decine di richieste di risarcimento: "Qualsiasi cosa scrivessimo c'era un avvocato che ti faceva una causa civile di risarcimento danni per un milione e quindi si accumulavano, era una forma di intimidazione. Molti anni dopo che sono andata via, tutte queste azioni temerarie sono arrivate a me perché l'editore non c'era più e non avrei fatto rivalsa sui giornalisti". Alla domanda su come abbia fatto a gestire l'ansia, risponde:
Per fortuna mi è successo in un momento della vita in cui avevo già una famiglia, una casa e le persone intorno a me mi hanno assistita. Ma non avevo i soldi per comprare le sigarette. Io ho avuto un'educazione siberiana, ferrea del non lamento. Credo quello che ti succede nella vita, compresa una catastrofe come questa, non dipende da me. Non è dipesa da me. Ma da me dipende come reagire. Come si fa con tre milioni di debito e tre bambini piccoli e continuare a fare il mio lavoro e non dargliela vinta?
Concita De Gregorio sulla sua malattia: "Sono contraria alla retorica della battaglia"
A proposito della sua malattia, spiega: "Capisco Emma Marrone quando dice che l'ha guidata la rabbia, la rabbia giusta che è un carburante ti fa dire ah okay adesso andiamo". Si dice contraria alla retorica della battaglia: "Non è vero che si combatte contro la malattia, non c'è un etica della battaglia, ognuno fa quello che può". E ancora:
Io non sono la mia malattia, sei sempre la stessa persona e in più hai un problema grave. Il tema è come si risolve questo problema, se si risolve. In tanti mi hanno chiesto che bisogno ci sia di parlarne. Tutti hanno un lutto, un guasto e a noi hanno insegnato a non parlarne perché bisognava essere i primi della performance. Ma la verità non è questa, dirlo dà una casa alle cose. Tanta gente quando mi sono tolta la parrucca mi ha scritto lettere dicendo che aveva fatto lo stesso.