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Claudio Di Napoli, regista e amico di Alvaro Vitali: “È morto sui gradini di casa, stava soffrendo come un cane”

Claudio Di Napoli racconta a Fanpage.it gli ultimi giorni di Alvaro Vitali: “Voleva tornare a casa, è morto tra le braccia di un amico sui gradini”.
A cura di Stefania Rocco
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Alvaro non è morto a causa della broncopolmonite. Stava male, sì, ma non al punto da far pensare a un’evoluzione così rapida”: a raccontare a Fanpage.it gli ultimi momenti di Alvaro Vitali, dall’uscita dall’ospedale fino alla sua improvvisa scomparsa, è Claudio Di Napoli, regista di “Mafia Capitale” e amico storico dell’attore. È stato lui, insieme ad altri affetti stretti, a stargli vicino durante il ricovero: lo ha accompagnato, ascoltato e sostenuto in uno dei periodi più delicati della sua vita, segnato da problemi di salute e da una profonda crisi coniugale con la moglie Stefania Corona.

Proprio poche ore prima della morte di Vitali, senza che nessuno potesse nemmeno lontanamente immaginare un simile epilogo, Stefania ha partecipato in diretta a "La volta buona" per parlare della fine del loro matrimonio. Nessuno, in quel momento, poteva sapere che quelle sarebbero state le ultime ore dell’indimenticabile volto comico del cinema italiano, simbolo eterno del personaggio di Pierino.

La notizia della morte di Alvaro Vitali è arrivata inaspettata. Che cosa è accaduto?

Voleva tornare a casa, non ne poteva più dell’ospedale. Ogni giorno mi ripeteva: “Domani mi inca*** e firmo”. E alla fine lo ha fatto davvero.Ieri, appena ho saputo che aveva lasciato l’ospedale, l’ho chiamato e mi sono arrabbiato. Ma lui non ce la faceva più. Era ricoverato da due settimane, voleva solo tornare a casa. È stato Manolo, un nostro amico che da qualche tempo gli faceva da assistente, ad andarlo a prendere. Lo ha portato a pranzo a Fiumicino, poi dal barbiere e infine a casa. Purtroppo, non è nemmeno riuscito ad arrivarci: dopo aver salito i primi tre gradini, si è sentito male e si è accasciato. L’ambulanza è arrivata subito, ma non c’è stato nulla da fare. È morto tra le braccia di Manolo.

Come stava nei giorni precedenti alla scomparsa?

Era molto triste. La situazione sentimentale che stava vivendo lo aveva profondamente provato. Soffriva come un cane abbandonato sull’autostrada. Lo andavo a trovare tutte le sere in ospedale. Restavo con lui per un paio d’ore e lo vedevo piangere, stare male.

Alvaro Vitali nel ruolo di Pierino
Alvaro Vitali nel ruolo di Pierino

Vitali aveva 75 anni. Con chi aveva previsto di vivere dopo l’uscita dall’ospedale?

Sarebbe tornato nella casa che condivideva con la moglie, Stefania Corona. Già da un paio di mesi viveva lì, insieme a lei e al suo nuovo compagno. Una situazione complicata. Più volte gli avevo proposto di venire a stare da me, ma non aveva voluto. Insieme agli altri amici, gli avevamo anche suggerito di trasferirsi temporaneamente dal figlio a Vercelli, per rimettersi in forze e poi cercare un appartamento tutto suo. Stavamo cercando di aiutarlo a riorganizzare la sua vita. Nessuno si aspettava un epilogo del genere.

Ha avuto modo di vedere Stefania Corona?

Sì, sta molto male. Ho letto le critiche che sta ricevendo. Il punto è che nessuno poteva immaginare che Alvaro morisse così, all’improvviso.

Durante il ricovero, qualcuno del mondo del cinema è andato a trovarlo?

No. Nessuno degli amici del cinema è venuto in ospedale. Lo hanno fatto solo gli amici del teatro, Stefania, io e Manolo. Nessuno dei grandi nomi con cui ha lavorato negli anni si è fatto vedere

Qual è l’ultimo ricordo che ha di lui?

Lunedì sera mi ha fatto una richiesta che mi è sembrata strana. Mi ha detto: “Fratello mio, mi devi fare tre promesse”. La prima era far mettere una targa con il suo nome fuori dal palazzo in cui viveva, a Trastevere. La seconda: convincere il Comune di Roma a intitolargli una via. La terza riguardava il cinema: Alvaro non aveva mai calcato un red carpet e mi ha chiesto di fare in modo che gli venisse assegnato un premio alla carriera, anche postumo. Io gli avevo risposto scherzando che ci sarebbero voluti almeno altri 15 anni prima che dovessi occuparmene. Invece, è andata diversamente.

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