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Mostro di Firenze: e se fosse questa la faccia del killer?

Capelli rossi, alto almeno 1 metro e 80, corpulento, elegante e schivo. Lo descrivono, a ridosso del duplice delitto di Pia Rontini e Claudio Stefanacci, Pietro e Baldo Bardazzi, titolari della tavola calda a Torre di Borgo San Lorenzo. E altre testimonianze convergono con questo identikit. E se il mostro non fosse Pietro Pacciani?
A cura di An. Mar.
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Ha vita lunga la corrente di pensiero secondo la quale il Mostro di Firenze, l'assassino a cui sono stati attribuiti otto duplici delitti commessi in Toscana tra il 1968 e il 1985, potrebbe non essere Pietro Pacciani. Il contadino di San Casciano, infatti, non solo è morto da innocente in attesa di un nuovo processo ma non corrisponde a un identikit ricorrente in alcune testimonianze: il ritratto, al centro del post del blog Cronaca Nera.it, di un uomo dai capelli rossi, alto almeno 1 metro e 80, corpulento, elegante e schivo. Lo descrivono, a ridosso del duplice delitto di Pia Rontini e Claudio Stefanacci, Pietro e Baldo Bardazzi, titolari della tavola calda a Torre di Borgo San Lorenzo, dove i due ragazzi si fermarono poche ore prima del delitto. Era il primo agosto 1984:

“Subito dopo l’arrivo dei ragazzi (Pia e Claudio), a distanza di forse un minuto, arrivò nel bar un individuo solo, mai visto prima. Ho notato questa persona in primo luogo perché era molto ben vestita, tanto che pensai, anche per il suo comportamento iniziale, che potesse essere uno della finanza a fare controlli. Si trattava di un uomo dell’età di circa 45-50 anni, alto circa 1,80 mt,  di corporatura robusta con la faccia abbastanza piena. Occhi marroni, naso normale, fronte ampia e stempiata, capelli molto corti biondi sul rossiccio, nessun segno particolare… (…) Anche mio padre e mia sorella videro l’uomo”. “Era di faccia burbero, come “incazzato”… ordinò una birra a mia sorella, pagò ed uscì fuori dal locale per sedersi ad un tavolino antistante. Dalla sua posizione, attraverso la porta aperta, guardava i ragazzi, dico meglio, addirittura li scrutava con intensità, amarezza, rabbia e continuità.  Appena entrato l’individuo nell’uscire fuori con la birra, svolgendo uno sguardo in direzione dei ragazzi, ebbe come un moto di stizza o di rabbia, cioè contrasse gli occhi e digrignò la bocca, mostrando appena i denti. Quando l’individuo si portò fuori continuò ad avere questo stesso modo di stizza più volte. (…) Nell’immediatezza del fatto sia io che mio padre meravigliati da questo fatto e preoccupati, proprio al fine di controllare come mai e perché scrutava in quel modo, mio padre, al quale io feci appositamente un panino, se ne andò fuori, vicino allo sconosciuto, sedendosi a mangiare il panino. (…) Ricordo che notai il fatto che lo sconosciuto impiegò quasi mezz’ora a bere mezzo bicchiere di birra e poi bevve l’altra metà d’un colpo appena vide alzarsi i ragazzi”.

Altre testimonianze, raccolte dal documentarista e scrittore Paolo Cochi, uno dei maggiori esperti del ‘mostro', tornano sulla presenza del ‘rosso' a pochi passi dal bar dove lavorava Pia, una settimana prima del delitto. Sono Emanuela Bazzi e Luciana Lelmi. “Lo sconosciuto aveva un accento toscano e quando parlava non mi sembrava fosse una persona del tutto normale" dice la Bazzi. Parole che suonano inquietanti, soprattutto alla luce della recente inchiesta pubblicata dalla rivista ‘Tempi' secondo la quale il Mostro di Firenze non sarebbe altri che Zodiac, il serial killer americano che in tempi compatibili con gli omicidi italiani, uccise una mezza dozzina di vittime.

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