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L’acqua del mare come carburante per le navi, Marina Usa ad un passo dalla svolta

L’annuncio del viceammiraglio della Us Navy Philip Cullom: “Abbiamo sviluppato una tecnologia che cambierà le regole del gioco”
A cura di A. P.
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Svolta ecologista della Marina militare statunitense che è pronta a sfruttare l'acqua del mare come carburante per le sue unità navali. Per il momento si tratta ancora di esperimenti, ma gli scienziati del Naval Research Laboratory della Marina militare Usa, dopo decenni di ricerca, sono ad un passo dalla svolta che potrebbe rivoluzionare il rifornimento delle navi da guerra in alto mare. Come annunciato da alcuni alti ranghi della Us Navy, infatti, è già stato trovato il modo di estrarre carburante dall’acqua marina, ma per il momento solo in percentuali modeste anche se già sfruttabili. Non solo, con la nuova "benzina del mare" è già stato fatto volare un aeromodello con ottimi risultati. Ad annunciarlo è stato il viceammiraglio Philip Cullom spiegando come funziona la nuova tecnica. La tecnologia nel dettaglio punta ad ottenere l'estrazione di idrogeno e anidride carbonica dall’acqua del mare usando un trasformatore catalitico, poi il gas prodotto viene liquefatto e reso disponibile come carburante. "Abbiamo sviluppato una tecnologia che cambierà le regole del gioco ne abbiamo dimostrato la fattibilità e ora vogliamo migliorarne l'efficienza di produzione" ha dichiarato Cullom.

Una rivoluzione – Se questa tecnica verrà affinata e perfezionata dagli scienziati militari americani potrebbe rivelarsi una vera e propria rivoluzione ecologica, ma anche un vantaggio strategico per la marina militare americana. Al momento, infatti, per rifornire la navi della marina Usa vengono usate quindici petroliere per non parlare poi delle manovre per il rifornimento in mare. Durante la fornitura di carburante in effetti le navi si devono accostare in alto mare con manovre spesso pericolose, che fanno perdere tempo prezioso nelle fasi operative e soprattutto richiedono altre navi di appoggio e protezione. Per poter sfruttare la nuova tecnologia però si dovrà attendere ancora, la Us Navy ha previsto un tempo di circa dieci anni.

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