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Senza l’ascensore, Edo era murato in casa: il 19enne è morto. Per lui si mobilitò tutta Firenze

La storia di Erduan Ajeti, il 19enne fiorentino di origine kosovara, aveva commosso tutta la comunità fiorentina. Il giovane contro un linfoma di Hodgkin si è spento nei giorni scorsi.
A cura di Biagio Chiariello
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Non ce l’ha fatta Erduan Ajeti, il 19enne fiorentino di origine kosovara da tutti conosciuto come Edo. Se ne è andato con accanto tutti i suoi cari, dopo una vita di sofferenze: da quando aveva appena 3 anni, la sua esistenza era stata una lotta quotidiana contro una terribile malattia, il linfoma di Hodgkin. Un ragazzo sfortunato Edo: il giovane si era sottoposto ad un trapianto di midollo donatogli da una delle sorelle; un’operazione che avrebbe potuto salvarlo, ma che invece ha sviluppato una reazione terribile ad appena un mese dall’intervento, con gravi conseguenze alla pelle, ai muscoli e agli occhi. Le terapie farmacologiche hanno finito per danneggiare le articolazioni e provocagli ancora più dolore.

Ma Edo non ha mai mollato, anzi, come ricorda il quotidiano La Nazione, ha imparato a ironizzare sui suoi gravi problemi e ha lottato per poter ottenere il diritto a uscire di casa, quell’appartamento al terzo piano senza ascensore di una palazzina di San Frediano dove viveva con i suoi genitori, arrivati in Italia dal Kosovo negli anni ‘80. Da qui l’idea della comunità di Sant’Egidio: dotare la casa dove viveva Erduan di un montascale per consentirgli di ricominciare a uscire, e a vivere. Tuttavia nelle ultime due settimane, la situazione era peggiorata. Erduan aveva smesso di comunicare con i suoi amici su Facebook, come faceva ogni giorno. "Negli ultimi giorni è stato molto male, ma non ha mai smesso di lottare e di dare coraggio agli altri" racconta commosso il dottor Giusto Chiaracane, direttore della SOD di chirurgia di spalla e arto superiore al Cto di Careggi: da anni ormai era vicino a Edo, che lo chiamava affettuosamente “lo zio Giusto”. "È stato un esempio per tanti, ha dato e ricevuto amore, ha meritato tutte le attenzioni di chi si è mobilitato per dargli una mano", dice ancora il dottor Chiaracane

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