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Violenza estrema, porno e pedofilia: le chat “Arriviamo a mille” dove finiscono bambini e adolescenti

Una chat con centinaia di bambini e appena adolescenti è stata scoperta a Roma, quasi tutti giovanissimi della zona Prati. Sul canale “Arriviamo a mille” omicidi, violenze, immagini pedopornografiche. Casi simili di chat con lo stesso nome si sono riscontrati in altre zone d’Italia. Si indagina per fare chiarezza sul fenomeno.
A cura di Redazione Roma
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Centinaia di bambini e ragazzini appena adolescenti iscritti alla stessa chat da uno sconosciuto. Sul gruppo immagini pedopornografiche e pornografiche, video e foto di violenza estrema, tra omicidi e torture. Una vera e propria galleria degli orrori su cui la Procura di Roma sta tentando di fare chiarezza. Chi ha creato la chat come si è procurato i numeri dei minori? E a che scopo creare un canale del genere? L'indagine è partita quando è emerso che molti ragazzini che frequentano le scuole del quartiere Prati Convitto Nazionale, Dante Alighieri e Nazareth, erano stati aggiunti.

Ora la Polizia Postale sta lavorando a scoprire chi è il responsabile, partendo da un ulteriore elemento inquietante: la chat che si chiama semplicemente "Arriviamo fino a mille" (un invito a invitare e aggiungere amici e compagni di classe, ma anche "fino a trecento" e così via), non è soltanto una. Altri canali con lo stesso nome e con lo stesso tipo di materiale sono state rintracciate in Toscana, Emilia Romagna e Liguria, dove sono state aperte indagini analoghe, facendo infine scattare un campanello d'allarme a livello nazionale, con l'allerta a tutti i centri di sicurezza cibernetica.

La vicenda è ricostruita oggi sulle pagine della cronaca di Roma del Corriere della Sera. Gli inquirenti ora sono a lavoro per capire se si tratti di una tattica di adescamento di un giro di pedofilia, che non si esclude abbia poi conosciuto una macabra emulazione da parte di ragazzini con solo la voglia di trasgredire, o che in ogni caso l'apertura delle chat non abbia provocato un meccanismo "partecipativo", come una catena di Sant'Antonio ma i cui contenuti sono tutt'altro che innocui.

"Si tratta di un fenomeno molto diffuso, che prima era conosciuto con altri nomi. Il sistema alla fine è sempre lo stesso, ma molto preoccupante, stiamo indagando a tutto campo anche con le nostre sezioni provinciali per individuare le dinamiche che portano alla diffusione di immagini e situazioni orribili", ha spiegato al Corriere Gabrielli, che è il direttore del Servizio di polizia postale e delle comunicazioni. Fenomeno che gli stessi investigatori ammettono essere difficile da monitorare e anche da sondare fino in fondo, tra la possibile presenza di adulti malitenzionati, e la partecipazione di adolescenti e preadolescenti che contribuiscono attivamente a diffondere immagini di abusi, violenze e torture, sfidandosi a chi posta il contenuto più shoccante.

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