“Ti amo, andiamo in Italia insieme”: finti fidanzati adescavano donne in Romania, poi le costringevano a prostituirsi

Ventuno persone sono state arrestate in un’operazione congiunta tra la polizia italiana e quella romena, con l’accusa di fare parte di un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione.
A cura di Natascia Grbic
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Si fingevano interessati a loro, le corteggiavano per settimane, anche mesi. E quando il rapporto era consolidato, il ‘fidanzato' chiedeva alla ragazza di trasferirsi insieme in Italia, per trovare un lavoro e un futuro migliore. Ma era tutta una farsa: una volta arrivate a Roma, infatti, le giovani venivano costrette a prostituirsi. Le zone scelte dai trafficanti sono più o meno sempre le stesse: via Palmiro Togliatti, da Cinecittà al Quarticciolo, e via Salaria. Le giovani non avevano scelta: picchiate se osavano ribellarsi, e minacciate di morte, spesso non avevano nemmeno più legami con la famiglia di origine. E non riuscivano quindi a chiedere aiuto: perché l'unica persona di cui si fidavano, era la stessa che usava violenza su di loro.

Ventuno persone sono state arrestate durante un'operazione congiunta tra la Polizia di Stato italiana e le autorità romene. Le accuse vanno alla tratta di esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione e al riciclaggio. Le indagini sono partite dall'esecuzione di un mandato d'arresto europeo nei confronti di un uomo di origine romena ricercato per tratta, sfruttamento e associazione per delinquere. Quest'ultimo è stato fermato nel quartiere di Centocelle, in via dei Ciclamini: da qui gli investigatori sono riusciti a risalire all'esistenza di un sodalizio ben. strutturato, diviso in due nuclei familiari, che aveva come scopo il reclutamento di giovani donne romene da costringere a prostituirsi.

Il metodo usato è quello del cosiddetto ‘lover boy' o anche ‘Don Giovanni': un modus operandi che è sempre lo stesso da anni e che le organizzazioni di trafficanti hanno adottato per provare a evitare procedimenti giudiziari nei loro confronti. Fingevano di essere innamorati delle ragazze, le convincevano a lasciare la Romania, e una volta in Italia le isolavano da famiglia e amici. In modo che nessuno potesse aiutarle. Erano loro a decidere tutto: orari, abbigliamento, modalità di approccio e tariffe. Le accompagnavano nel luogo dove erano costrette a prostituirsi con un'auto a noleggio con targa romena. I soldi guadagnati dalle giovani ovviamente non andavano a loro: ma venivano caricati sul furgone gestito da un corriere compiacente e mandati in Romania, dove venivano investiti in immobili, terreni e auto di lusso. Il giro d'affari ammonterebbe a un milione e 700mila euro.

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