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Tenuta nascosta la presenza di legionella nell’acqua degli ospedali: cosa sappiamo

Abbassava i valori delle sostanze contenute nell’acqua degli ospedali che conteneva legionella, arsenico, nitrato e altra sostanze nocive: il racconto dell’ex dipendente della ditta accusata.
A cura di Beatrice Tominic
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È stato un ex dipendente a raccontare ai pm cosa succedeva all'interno di un'azienda che si occupava di raccogliere e riferire i valori delle sostanze contenute nell'acqua degli ospedali romani. La ditta obbligava a tutti i dipendenti di abbassare i valori delle sostanze nocive, come legionella, arsenico, nitrato e altri microrganismi pericolosi, per ridurre le spese, come racconta la Repubblica: da contratto, infatti, sarebbe dovuta intervenire la stessa azienda con opere di manutenzione molto costose.  Sono molteplici le accuse nei confronti della ditta, da associazione a delinquere, a frode in pubbliche forniture, fino a quella di falso.

La denuncia ai pm dell'ex dipendente: l'analisi dei dati

Occupandosi in prima persona di questa pratica, il racconto dell'ex dipendente appare fin da subito molto dettagliato: "Per le analisi microbiologiche sui campioni eseguite negli ospedali, nelle cliniche o in altre strutture la ditta incaricava un'altra azienda, la F. Srl, che al termine del periodo di studio, comunicava i risultati alla prima, tramite email o il portale stesso dell'azienda". Questi dati, però, come ha continuato a raccontare, non erano ancora quelli definitivi: "Quando risultavano valori anomali, superiori alle soglie di legge previste, i vertici dell'azienda venivano informati: in genere era il settore logistico a comunicarlo. La risposta era quella di operarsi per abbassare i valori, affinché rientrassero nella norma".

La richiesta: "Costretti ad abbassare i valori"

Come si legge nel verbale, l'ex dipendente racconta la situazione con lucidità e sicurezza: "Ordinavano ad una mia collega, a volte anche a me, di chiedere alla ditta che si occupava di raccogliere i dati di abbassare i valori, per farli rientrare nei parametri di legge: così potevamo ottenere un certificato di regolarità. Ma era solo apparenza".

La richiesta di abbassare i valori avveniva generalmente tramite email, ogni tanto per telefono o, ancora, consegnando alla collega dei fogli con i valori sbarrati e, vicino, l'indicazione dei valori con cui sarebbero dovuti essere sostituiti i primi, quelli reali: "Questo avveniva perché, per certificare il corretto funzionamento degli apparati medicali delle acque fornite o della manutenzione, c'era bisogno di eseguire analisi periodiche sui campioni prelevati".

Le provette svuotate

Il racconto dell'ex dipendente continua con la descrizione di altri passaggi che venivano svolti in azienda per fare in modo che i valori delle sostanze nocive risultassero a norma.

"Non saprei dire il periodo preciso, ma ho visto una collega che svuotava le provette che contenevano i campioni da analizzare prelevate nelle strutture dei clienti – ha dichiarato – Alla seconda ditta, poi, chiedevano di attestarne l'avvenuta analisi che, invece, non era mai stata realizzata, aggiornando i campioni con i valori richiesti. Falsificazioni di questo tipo sono state realizzate anche su certificati provenienti da un'università romana".

Una volta iniziate le indagini, con l'intervento dei Nas, anche il collega dell'ex dipendente si è rifiutato di continuare a portare avanti queste pratiche. Non cambia, però, quanto avvenuto nei periodi precedenti: sicuramente rappresenta soltanto un primo passo nella vicenda.

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