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Teatro di Roma: la versione di De Fusco, che dal 2021 “aspetta” di diventare direttore

La versione del nuovo direttore di Teatro di Roma Luca De Fusco, che attacca il PD a suo avviso responsabile di avere a tutti i costi un nome della sua parte politica. A suo avviso già nel 2021 si impedì con una forzatura la sua nomina a direttore.
A cura di Valerio Renzi
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Luca De Fusco, il nuovo direttore del Teatro di Roma, affida a una lettera inviata all'Huffington Post la sua posizione, mentre il centrosinistra e il Campidoglio lo invitano a dimettersi e valutano di agire per vie legali per contestare la sua nomina, da parte di un cda riunitosi senza il presidente e senza il consigliere di nomina capitolina.

Prima di tutto il regista sottolinea come Teatro di Roma sia da tanti troppi anni, senza un direttore, e come questa sia un'anomalia insopportabile e unica nel panorama culturale non solo italiano. Dopo che Antonio Calbo lascia nel 2018 la direzione, si passa alla nomina di Giorgio Barberio Corsetti che arriva alle dimissioni dalla carica dopo pochi mesi.

"Sono quindi ben sei anni, un lasso di tempo incredibile, che uno dei teatri più importanti d’Italia non ha un direttore. – spiega De Fusco – Se vogliamo limitarci al periodo più recente lo Stabile non ha neppure un consulente artistico, dal 2021. Sono ben tre anni! A mia memoria non esiste un caso analogo in Europa tra i grandi teatri".

Ma arriviamo al 2021 quando si tiene una procedura simile a quella di oggi al termine della quale si arriva a una terna di nomi, tra cui quello di De Fusco. Al regista viene preferito Pier Francesco Pinelli che, dopo sei mesi di congelamento della nomina in attesa dell'approvazione di bilancio, sceglie di fare un passo indietro. A quel punto non si passa in subordine alla nomina di De Fusco, ma la procedura viene invalidata e inizia una lunga stagione di commissariamento, una cosa che ancora non va giù al diretto interessato: "La cosa più naturale sarebbe stata nominare il sottoscritto, visto che l’altra candidata aveva rinunciato. Si è preferito annullare il bando, nonostante uno sciopero dei tecnici che chiedevano la mia nomina, e lasciare il teatro senza direttore". Sciopero, che vale la pena ricordarlo, fu portato avanti dal sindacato autonomo vicino al centrodestra Libersind, una vera e propria serrata contro chi in quel momento aveva in particolare la direzione artistica dell'India.

Poi l'attacco a Natalia Di Iorio e Francesco Siciliano: "A quel punto, i due consiglieri del Comune, avendo capito di essere in minoranza, invece di partecipare al consiglio che non avrebbe nominato il loro candidato, hanno preferito non entrare nella stanza per risultare assenti, pur trovandosi anch’essi nel teatro al momento della riunione. Hanno invece indetto contemporaneamente una conferenza stampa dove si accusava la maggioranza di aver compiuto un blitz".

De Fusco rigetta poi l'accusa di "non essere un manager", e sottolinea come il suo nome possa andare bene per mettere d'accordo tutti, e come già in passato abbia diretto teatri i cui soci pubblici erano espressione di parti politiche diverse: "Il centrodestra era consapevole di avere una maggioranza di misura. Ha quindi pensato, immagino, ad una figura di non particolare coloritura politica e dal cv obiettivamente importante. Ha così immaginato che il Comune potesse accettare questa candidatura. Il Comune, nonostante avesse già il presidente, che è invece un militante del Pd, voleva evidentemente una persona della propria parte politica. Ho diretto molti teatri con azionariato misto. La mia epoca veneziana era quella di Massimo Cacciari e Giancarlo Galan, quella napoletana di Luigi De Magistris e Stefano Caldoro".

Ora il nuovo direttore chiede a tutti di andare avanti, e di aspettare per giudicarlo di vedere il suo programma e il suo operato. "Naturalmente so bene che il direttore di un teatro non è il suo proprietario. – aggiunge – Che è responsabile della linea culturale del Teatro ma la deve elaborare confrontandosi con il cda e i soci. Come sono consapevole che in tutti i teatri pubblici italiani è il cda, e non i soci, a nominare il direttore. Si fa così per mettere una distanza tra nomina e politica, affidando a degli esperti di teatro, diritto, organizzazione, e non ai politici, la designazione di un teatrante puro, non nominato per la sua appartenenza politica. Questo ritengo di essere e non credo si possa mai rintracciare una scelta di destra nei cartelloni che faccio da circa venticinque anni. Credo che queste definizioni non abbiano più senso.".

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