“Spogliato, legato e torturato, non riesco più a vivere”: parla un minore vittima della baby gang di Primavalle

“Non riesco più a vivere la vita di un ragazzo della mia età, da quel giorno ho gli incubi e rivivo quelle torture, quei momenti di terrore”. Le vittime della banda del Bronx di Primavalle, sequestrate e torturate per affari di droga e per ottenere un riscatto da undici ragazzi finiti in carcere, raccontano agli inquirenti quelle lunghe ore, legati mani e piedi, all’interno di un garage nella periferia di Roma.
“Mi hanno aspettato fuori da casa mia. Erano i primi di gennaio e mi hanno invitato a seguirli a bordo di una Fiat Panda. L’ho fatto volontariamente…dovevamo chiarire delle questioni e pensavo che tutto sarebbe finito con una discussione. Invece è andata male. Da quel momento è iniziato un incubo”.
Uno della banda, quello che sembrava essere il capo, lo ha colpito con un pugno. “Voleva fare capire che comandava lui. Io avevo paura, credevo mi avrebbero ammazzato”. Nel garage c’erano una decina di ragazzi. “Mi hanno spogliato e lasciato in mutande, poi legato mani e piedi con lo scotch. Per non farmi urlare mi hanno tappato la bocca con il nastro”. Dalle indagini dei carabinieri della compagnia di Trastevere, emerge che la banda, già nota alle forze dell’ordine per questioni di spaccio, mirava al controllo del traffico di stupefacente del quartiere.
Uno di loro colpisce la vittima in volto con il calcio di un pistola, poi la solleva e la scaraventa contro il pavimento. E afferra una mazza di ferro e lo ferisce. Una, due, tre volte. “Mi è uscito l’osso della spalla. E’ stato un dolore che non riesco ancora oggi a dimenticare”. Poi, per umiliarlo, il taglio dei capelli.
“Ti taglio tutto, ti ammazzo” urlava quello che si atteggiava da capobanda mentre simulava altre torture. “Ad un certo punto hanno afferrato una pentola di acqua bollente e me l’hanno buttata addosso, dopo quella gelata”. Una tortura durata 4 ore, filmata dal cellulare di uno degli aguzzini ora al vaglio degli inquirenti del Tribunale ordinario e di quello dei minorenni di Roma.
Una dinamica quasi mafiosa, “un’attitudine criminale di eccezionale rilievo”: è questo il quadro che i magistrati tracciano degli undici indagati negli atti di indagine. I ragazzi mostrano “un’attitudine criminale di eccezionale rilievo” caratterizzata da “un’estrema crudeltà e da un’impressionante disinvoltura”. E, nonostante “la giovane età, mostrano una capacità delinquenziale” che scuote le coscienze. Una frase, intercettata dagli investigatori che monitoravano i cellulari dei ragazzi, appare particolarmente significativa ed è racchiusa in un messaggio che uno del gruppo invia agli altri prima della spedizione punitiva: “Ti giuro frà…mi voglio sfogare un po’ con sto pischelletto. Te lo giuro, proprio nel cemento”.