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La morte dell'ultras Fabrizio Piscitelli a Roma

Roma non vuole capi: per questo è stato ucciso Fabrizio Piscitelli “Diabolik”

Fabrizio Piscitelli è morto perché aveva deciso di comportarsi da boss, di fare il salto di qualità ordinando rappresaglie e ritorsioni credendosi intoccabile. L’arresto del suo killer conferma che è la natura della stessa del mercato della droga a Roma, frammentato e in cui nessuno controlla tutta la filiera a non volere capi e a reggersi su un fragile equilibrio.
A cura di Valerio Renzi
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Roma non vuole capi. Una frase a effetto, resa celebre dalle serie e le opere di fiction sulla criminalità romana, dalla Banda della Magliana a Suburra, con qualche variante sul tema. Un'espressione che racchiude però un nocciolo di verità: nella capitale nessuno è riuscito a verticalizzare le operazioni criminali che hanno il loro core business nello spaccio al dettagli degli stupefacenti. Non c'è un'organizzazione che parte dal controllo del territorio e arriva all'importazione dal Sud America della cocaina o dell'hashish dal Marocco. Questo non vuol dire che non operino grosse organizzazioni criminali che hanno queste capacità, in particolare la camorra e la ‘ndrangheta, ma che il mercato è frammentato in gruppi più o meno grandi che operano sul territorio, spesso mutevoli o rimpiazzati velocemente dopo le operazioni di polizia, e broker della droga che gestiscono le operazioni di approvvigionamento facendo piovere tonnellate di polvere bianca sulla città.

Un quadro del genere è si tiene su un equilibrio delicato e, per quanto il mercato degli stupefacenti è vasto in una città come Roma, quando qualcuno si allarga troppo lo fa inevitabilmente a discapito di qualcun altro. E Piscitelli si era allargato troppo, ma soprattutto si era fatto arrogante secondo molti. Cresciuto all'ombra del potere di Michele Senese, che a Roma è sinonimo di camorra, Piscitelli già da alcuni anni era stato in grado di "emanciparsi" dal suo padrino, gestendo in proprio un giro di affari notevole. L'operazione Grande Raccordo Criminale ha portato all'arresto di 51 persone, smantellando l'organizzazione al capo della quale si trovava proprio Diabolik, che aveva a disposizione una batteria di violenti picchiatori, reclutati tra le file anche degli Irriducibili della Lazio di cui era leader indiscusso.

Piscitelli aveva deciso di potersi sedere al tavolo dei boss, di dirimere controversie, di ordinare pestaggi e ritorsioni credendo di rimanere impunito in virtù della sua forza. Ma non è andata così e l'ha pagata con la vita. Saranno gli inquirenti a dire se sia venuta meno qualche protezione importante, se qualcuno che conta davvero abbia dato il via libera più o meno esplicito all'omicidio di Piscitelli giudicato ormai incontrollabile. Intanto con l'arresto di ieri di Raul Esteban Calderon, si è fatto più chiaro il quadro in cui è maturato l'omicidio: non tutti erano pronti a riconoscere Piscitelli come il nuovo potere criminale a cui sottomettersi.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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