Pietre di inciampo in ricordo dei deportati: “Possiamo vedere loro nomi incisi e non dimenticarli”

"Se vogliamo ricordare zio Mario, vediamo il suo nome inciso su questa pietra": a questo servono le pietre di inciampo che l'artista tedesco Gunter Demnig realizza dal 1992 per ricordare le vittime dell'Olocausto.
"Non abbiamo un luogo dove andare a pregare, come una tomba o una lapide. È un palliativo, non ci riporta nulla, di loro non c'è rimasto più niente. Ma ci accontentiamo di questa pietra, per noi è un ricordo di dove ha vissuto che ci permette di non dimenticare".
Oggi, a oltre 30 anni di distanza dal posizionamento della prima, sono più di 75mila le pietre di inciampo in tutta Europa: più di 300 si trovano soltanto a Roma.
La testimonianza dei nipoti
"La pietra di inciampo è stata murata davanti all'ingresso di questa abitazione: qui viveva la famiglia Anticoli, dove Mario ha vissuto per circa 20 anni – ha raccontato suo nipote Giuseppe – Era più giovane di mio padre: un ragazzo di 20 anni che per una spiata ai fascisti è stato portato prima a via Tasso, poi a Fossoli e ad Auschwitz, dove è rimasto fino alla fine, alla ritirata dei tedeschi". Il ricordo dello zio è sempre rimasto acceso in casa.
"Ho vissuto a casa con mia nonna, papà era quasi coetaneo di mio zio Mario – ha aggiunto Fulvio, un altro nipote – È stata una ferita aperta sempre: nonna non ha mai potuto accettare questa cosa. E anche mio padre, fino al giorno in cui è morto, ha dedicato al fratello che non aveva più visto un pensiero ogni giorno".
Tutti erano convinti che anche Mario sarebbe riuscito a tornare a Roma: "Una parte di prigionieri era già rientrata: andavano da mia nonna e le dicevano di prepararsi e che presto sarebbe tornato suo figlio. Per mesi la nonna ha preparato il tavolo apparecchiando anche per lui per accoglierlo. Ma non è mai successo, perché Mario non è più tornato".