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Picchiato dalla madre, costretto a bere ‘pozioni contro gli alieni’: “Diceva che ero il cancro del suo utero”

Condannata a 4 anni una donna, 58 anni, che per vent’anni ha sottoposto il figlio, oggi 33enne, a maltrattamenti e umiliazioni. La donna gli faceva bere pozioni “per allontanare gli alieni”, lo chiudeva in casa per ore e lo picchiava. “Mi chiamava ‘cancro del mio utero'”, ricorda l’uomo.
A cura di Francesco Esposito
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Immagine di repetorio
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Quelle pozioni che gli faceva bere dopo averlo svegliato nel cuore della notte lo avrebbero liberato dal male e tenuto lontano gli alieni. Se il bambino si dimostrava scettico su quanto gli diceva la mamma arrivavano le botte. Ora la donna, 58 anni, è stata condannata a quattro anni di reclusione per maltrattamenti. La pubblico ministero Barbara Trotta aveva chiesti cinque anni e quattro mesi per le percosse, le vessazioni e gli insulti con cui ha tormentato il figlio, oggi 33enne, per quasi tutta la sua vita.

Giovanni tormentato dalla madre: "Mi chiamava ‘aborto mancato'"

La notizia è riportata da Il Messaggero. L'uomo, che oggi prova ad andare avanti e a superare il trauma di un'infanzia terribile, ripercorre le violenze e le umiliazioni subite davanti al Tribunale collegiale. Dietro le mura di una villetta in una zona residenziale di Roma sud, si nascondeva una serie di abusi contorti, alimentati da visioni e rancori immotivati. "Cancro del mio utero", "aborto mancato", "mongoloide" sono alcuni degli insulti riferiti a Giovanni dalla madre e riportati ai giudici. La donna lo riteneva responsabile, con la sua nascita, di averle provocato problemi alla colonna vertebrale mai accertati e in generale lo identificava come la causa di tutti i suoi mali.

"Mi ha insultato e umiliato in più occasioni davanti ai nonni e agli zii materni. Se qualcuno di loro provava a prendere le mie parti si infuriava", continua il racconto del 33enne. Il campionario di vessazioni e violenze non finiva qui: lo chiudeva in una stanza della casa per anche dodici ore, gli rubava i soldi che riceveva come regalo per il compleanno o a Natale e aveva anche messo un lucchetto al frigorifero perché "mi diceva che ero grasso". Per sfamarsi, fuggiva a casa di una vicina, madre di un amico.

Le menzogne della mamma in ospedale e in tribunale

Due volte le botte sono state tanto forti da costringere la donna a portare il figlio all'ospedale Grassi di Ostia. Il ragazzo, sanguinante e coperto di lividi, era stato rapinato da dei bulli, diceva la donna. Lui assisteva alle menzogne della madre e ai medici che le credevano. Come a lungo hanno fatto i giudici. Il padre, accortosi di quello che succedeva in casa, ha iniziato una battaglia legale per l'affidamento del figlio. I procedimenti civili avviati dall'uomo sono durati 15 anni fino alla sentenza della Cassazione che gli ha dato ragione. Ma a lungo è riuscita a convincere le autorità che andava tutto bene.

La vittima ha sopportato in silenzio per tutta la sua infanzia e adolescenza, sviluppando, però, problemi relazionali da cui si sta tirando fuori a fatica. A scuola, nonostante l'intelligenza notata da insegnanti e compagni, aveva iniziato a manifestare comportamenti bizzarri e anche aggressivi con cui provava a celare o dimenticare il male che viveva a casa. Spesso arrivava con i capelli tinti di biondo, ma nessuno ha mai immaginato che potesse essere la madre a costringerlo per farlo assomigliare più a lei che al padre.

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