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Peste suina a Roma, le ultime notizie

Peste suina, per commissario non c’è alternativa all’abbattimento: “Già chiuso export in Cina e Corea”

Anche a Roma è arrivata l’emergenza peste suina africana: intervistato da Fanpage.it, il Commissario straordinario per la prevenzione e il contenimento Angelo Ferrari ci ha spiegato quali sono le conseguenze per l’uomo. Immune alla malattia, il rischio è economico: alcuni Paesi dell’Asia hanno già chiuso le esportazioni.
A cura di Beatrice Tominic
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Una nuova emergenza che riguarda i cinghiali si è abbattuta su Roma: si tratta della peste suina africana che negli ultimi mesi si è già diffusa in Liguria e Piemonte. Intervistato da Fanpage.it, il Commissario straordinario per la prevenzione e il contenimento della Peste suina africana Angelo Ferrari, ha fatto chiarezza sulle modalità di diffusione della malattia, la strategia di contenimento nella città di Roma e le conseguenze per l'umanità.

Nessun rischio sanitario per le persone

"La peste suina africana non colpisce l'uomo – ha esordito il dottor Ferrari, continuando a ribadire la sicurezza delle persone – ma solamente i suidi, sia domestici o di allevamento, come il suino e i cinghiali e si trova in due zone d'Italia, la prima è quella del Piemonte e la Liguria e un altro focolaio a Roma."

In entrambi i casi la strategia di contenimento è stata e continua ad essere la medesima: "Le attività, che sono state condivise anche con la Comunità Europea, prevedono di identificare l'area di massima circolazione e andare a controllare all'interno di quest'area. Nel caso di Roma (dove è stata definita zona infetta, ndr) è definita entro i confini del Grande Raccordo Anulare, di via Boccea e del fiume Tevere", ha spiegato prima di passare a descrivere la fase successiva.  "Attendiamo un paio di giorni per comprendere esattamente qual è il livello della circolazione virale e quante carcasse di animali infetti si trovano. Dopodiché, a seconda dei risultati, viene valutata una strategia da mettere in atto."

L'abbattimento degli animali

Si parla già di abbattere gli animali infetti: "Lì attorno ci sono anche allevamenti di suini, quindi viene presa in considerazione anche l'eventuale abbattimento e il depopolamento dei cinghiali infetti per evitare che possano trasmettere la malattia ad altri ungulati o alla specie domestica – ha spiegato – Non vogliamo che non ci sia un ulteriore ampliamento della malattia ad altri cinghiali soprattutto se questi sono al di fuori della zona rossa."

Nella città di Roma, da quando è stato rinvenuta la carcassa di cinghiale infetto, il protocollo è subito partito: "Stiamo valutando quale possa essere la strategia nell'area romana. Forse già nelle prossime ore potremmo essere giunti ad una conclusione."

L'alternativa all'abbattimento dei cinghiali

Quella dell'abbattimento appare come una scelta drastica e già sta facendo molto discutere: esistono altre soluzioni? "Sostanzialmente non ci sono alternative all'abbattimento – ha spiegato il dottor Ferrari – C'è una malattia infettiva che può provocare il tracollo del mercato suinicolo nazionale e che provoca nei confronti dei suini o dei cinghiali colpiti una morte atroce, con emorragie interne: la situazione sanitaria veramente a rischio e pensare di eradicare la peste suina da un territorio senza procedere ad un abbattimento selettivo, di un certo numero di cinghiali, non risulta possibile." A questo, come ha precisato, occorre ricordare che la peste suina ha un tasso di mortalità quasi del 100% degli animali e ancora oggi non esistono cure né vaccini per gli animali infetti.

Le conseguenze sull'economia

Per le persone non esiste alcun pericolo. Il virus non si diffonde fra gli umani né fra altre specie, eppure si stanno già facendo sentire le conseguenze di questa malattia dal punto di vista economico: la peste suina africana potrebbe provocare forti danni nel mercato suinicolo.

"Il pericolo di avere in circolazione carne infetta è quello di infettare altri animali perché il virus è molto resistente, perdura nel tempo, nei salumi resta anche 6 mesi o un anno: ciò che vogliamo evitare è che ci sia una diffusione della malattia – poi ha aggiunto – Le ripercussioni economiche ci sono già oggi: Paesi come la Cina, la Corea e il Giappone hanno già bloccato l'export di tutti i prodotti di origine suina italiana: se passasse agli allevamenti suini dovremmo abbattere tutti i suini. Si tratta di una delle malattie più gravi per il mondo produttivo dei suinicoltori."

Come è arrivata a Roma la peste suina africana

Non sono ancora chiare le modalità con cui questa malattia ha raggiunto la capitale: "Ci sono indagini in corso, non è detto che sia arrivata da Piemonte e Liguria. Le segnalazioni non sono ancora terminate, nei prossimi giorni si avranno più informazioni: potrebbe trattarsi di un focolaio primario non in connessione con quello piemontese e ligure."

Cinghiali a Roma, un problema preesistente

Già prima che nascesse questo focolaio di peste suina africana, Roma aveva un piano per i cinghiali: i due progetti sono paralleli, eppure le informazioni raccolte negli scorsi mesi si sono rivelate utili anche per il nuovo piano emergenziale. "Ho avuto già contatti e proprio nella zona direttamente coinvolta ci sono dei dati estremamente importati che derivano da un'attività pregressa negli anni precedenti che ci mette nelle condizioni di lavorare nel miglior modo possibile."

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