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Morte Gianmarco Pozzi, un gruppo di narcos dietro il giallo: “Serve Jimmy per portà la roba a Ponza”

Dietro il giallo della morte di Gianmarco Pozzi a Ponza ci sarebbe il gruppo di trafficanti e spacciatori arrestati ieri, e individuati proprio nell’ambito dell’inchiesta sulla morte del pugile romano. “Se io so qualcosa e tu centri qualcosa con la morte di Gianmarco, tu da Ponza è meglio che scappi. Perché ti veniamo a prendere dove stai”.
A cura di Emilio Orlando
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Nell'asse del narcotraffico Roma-Ponza la chiave per la risoluzione del caso Pozzi. Il decesso del campione di kick boxing, le cui cause sono ancora piene di tante ombre e poche luce si tinge ancora di più di mistero alla luce dell'inchiesta di ieri. "Alessio, se io so qualcosa e tu centri qualcosa con la morte di Gianmarco, tu da Ponza è meglio che scappi. Perché ti veniamo a prendere dove stai". Facevano a scaricabarile, cercando di incolparsi a vicenda per la morte violenta di Gianmarco Pozzi, due degli arrestati nell'ambito dell'operazione anticrimine dei carabinieri di Formia, che ha portato in manette otto narcotrafficanti che rifornivano l'isola pontina di fiumi di cocaina.

La coca arrivava a Ponza a bordo di potenti motoscafi

A parlare del misterioso decesso di Gianmarco Pozzi, che per la famiglia è un omicidio, sono proprio Vincenzo Pesce, gestore del night "Blue Moon" dove "Gimmy" lavorava come buttafuori e Alessio Lauteri, amico da lunga data della vittima. I carichi di droga, specie durante l'estate, arrivavano sull'isola per essere poi smerciati al dettaglio da Vincenzo Pesce, a bordo di motoscafi di grossa cilindrata. I gommoni riuscivano a eludere i controlli delle forze di polizia via mare proprio per la massiccia presenza di imbarcazioni che nel periodo estivo solcano il tratto di mare che circonda Ponza. Dalla Capitale e dalla provincia di Napoli, il gruppo acquistava la droga da un grossista del quartiere di Centocelle, nella periferia sud est di Roma, di nome Robert Paulin alias "Le Blonde", che ha legami con il clan spada di Ostia. Il trasporto della cocaina fino all'imbarco avveniva a bordo di un taxi di proprietà dello zio di Lauteri.

La movida di Ponza alla criminalità

La malavita fa da sfondo al giallo che contorna la morte di Gimmy. Fiumi di cocaina che inondavano la movida di Ponza, con la complicità di commercianti conniventi e di rappresentanti delle istituzioni che facevano finta di non sapere cosa avvenisse in realtà al "Blue Moon", quartier generale della banda finita in manette, oltre che cuore della movida isolana. In un altro passaggio importante, evidenziato nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Cassino, viene evidenziato un'altra conversazione di Alessio Lauteri, in cui riferendosi a Vincenzo Pesce racconta di come Gianmarco, facesse anche da bodyguard ad suo datore di lavoro che aveva paura di vendette e ritorsioni per debiti di droga mai pagati e cocaina venduta come quasi pura ma che in realtà era stata tagliata più volte con la mannite per aumentare i guadagni: "C'era da dargli un pizzone a pesciolino fuor d'acqua. C'è da dargli un pizzone".

"Non mette paura a nessuno. Cioè, ti rendi conto? "Me serve Gimmy?" Si sciacquasse la bocca quando parla di lui. "Me serve Gimmy per portare la roba a Ponza". Sempre Lauteri parlando in un'altra conversazione annotata dagli inquirenti ha svelato come insieme agli altri spacciatori di cui era al vertice spadroneggiassero a Ponza e di come fossero molto conosciuti tra i frequentatori della movida avventori del Blue Moon: "Noi da Roma pigliamo la roba nostra, venivamo qua e facevamo i cazzi nostri".

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