Minaccia di lanciarsi dalla finestra, i carabinieri lo salvano: “Abbiamo avuto paura di perderlo”

"Ho avuto paura di vederlo lanciarsi davanti ai miei occhi. Ma fortunatamente c'è stato un altro epilogo". A parlare a Fanpage.it è il vicebrigadiere Flavio Lo Bello della Stazione Carabinieri di Roma Macao che stanotte è intervenuto nei pressi di via Milazzo, a pochi passi dalla stazione Termini, per salvare la vita di un uomo che minacciava di lanciarsi nel vuoto dalla finestra dell'albergo in cui alloggiava.
La segnalazione è arrivata dalla sala operativa, dove l'uomo ha chiamato mentre era in preda agli istinti suicidi. A rispondere il carabiniere Manuel Calandrini: "Ho risposto al telefono e mi ha detto che voleva buttarsi – sottolinea a Fanpage.it – Ho capito che era una situazione complicata".
Minaccia di lanciarsi nel vuoto: l'arrivo dei carabinieri
I fatti risalgono alle ore 2 della notte scorsa, fra la giornata di domenica 31 agosto e lunedì primo settembre 2025. "Mi trovavo di pattuglia con un collega, ci trovavamo in servizio in quella zona quando ci è arrivata la chiamata della centrale operativa – spiega il vicebrigadiere a Fanpage.it – Eravamo vicini al luogo dell'allarme, siamo arrivati lì in breve tempo. E abbiamo raggiunto il quarto piano, dove si trovava l'uomo in difficoltà".
La porta era chiusa dall'interno. "Abbiamo incontrato soltanto una persona durante il tragitto: era il responsabile della reception. È a lui che abbiamo chiesto il passe-partout per entrare nella camera".
La telefonata con il 112: "Voglio buttarmi giù"
L'uomo si trovava seduto a cavalcioni sulla finestra. Le gambe a penzoloni nel vuoto. E fra le mani aveva il telefonino. Una volta capito come si sentiva ha contattato il 112 e ha chiesto aiuto. "Mi trovo da solo in una stanza d'albergo e voglio farla finita", ha detto all'operatore dall'altra parte del telefono. L'operatore, il carabiniere Manuel Calandrini, ha lanciato l'allarme immediatamente, nel frattempo ha iniziato a intrattenere l'uomo che continuava a manifestare intenti suicidi, cercando di stabilire un rapporto di fiducia.
"All'inizio era una chiamata anonima, nessuno mi aveva anticipato cosa riguardasse. Poi la voce dall'altro capo ha parlato. Mi voglio buttare giù dalla finestra, ha detto. Ho subito cercato di capire da dove chiamasse e come mai si trovasse in questa situazione. Ho capito subito che era davvero in difficoltà: i suoni intorno a lui davano l'impressione che si trovasse davvero all'esterno", racconta Calandrini a Fanpage.it.
"Ho iniziato a fargli delle domande per rompere il ghiaccio. Ho chiesto il nome, che lavoro facesse, cosa fosse successo. Ma lui non era collaborativo, mi sembrava confuso. Ho fatto di tutto per riuscire a ottenere la sua fiducia, anche se non potevamo vederci. Gli ho chiesto dei suoi hobby, degli sport, delle vacanze. Abbiamo parlato del più e del meno. L'importante per me era distrarlo, farlo pensare a tutto tranne al gesto folle che stava per commettere – aggiunge – Mi sono immedesimato e mi sono comportato come se fosse un familiare, un fratello. Gli ho detto che con me poteva sfogarsi, che non doveva chiudersi in se stesso e che a tutto c'è sempre una soluzione".
L'errore, però, era dietro l'angolo. "Ho avuto paura di perderlo. A volte basta una domanda su un argomento sensibile che non deve essere approfondito a rovinare tutto il lavoro svolto in precedenza. Nessuno ci insegna come agire in questi casi, sicuramente si impara tutto con il tempo e serve tanta empatia".
L'irruzione nella stanza d'albergo dei carabinieri
La telefonata è durata circa una decina di minuti, mentre l'allarme è scattato immediatamente: a rispondere proprio il vicebrigadiere Lo Bello con il collega.
"Una volta ottenuta la chiave, siamo entrati in camera. Abbiamo visto l'uomo. Aveva le gambe a penzoloni ed era ancora al telefono con l'operatore del 112 che cercava di tranquillizzarlo, la luce era soffusa e sembrava essere in stato confusionale – continua Lo Bello a Fanpage.it – In quel momento ho avuto paura. Ci dividevano pochi metri, tre al massimo. E ho avuto paura di non riuscire a raggiungerlo. Sapevo che avremmo dovuto muoverci rapidamente per evitare un epilogo tragico", ammette.
"Così ho agito subito. Il mio collega ed io siamo entrati nella stanza. Io ho afferrato l'uomo per un braccio e l'ho portato dentro. A seguirci, immediatamente dietro di noi, due operatori del pronto soccorso sanitario del 118 che sono arrivati quasi in contemporanea – precisa – Poi lo abbiamo fatto sedere sul letto".
Uno di loro ha preso il telefono in mano e ha chiuso la telefonata con il 112. "Mi sono accorto dell'arrivo dei colleghi quasi subito: prima ho sentito le automobili che arrivavano in strada, poi la porta che si apriva. Ho sentito che hanno iniziato a parlargli anche loro. Dal ricevitore ho urlato un Bravi ragazzi!, anche se ovviamente non mi ha sentito nessuno", conclude
Il salvataggio dell'uomo: "Per fortuna è andato tutto per il meglio"
A quel punto il controllo della situazione è passato ai colleghi che erano sul posto. "Abbiamo continuato a parlare con l'uomo, a tranquillizzarlo. Era in stato confusionario e non ha detto molto, forse aveva assunto dei tranquillanti. Gli abbiamo detto che andava tutto bene e che non doveva preoccuparsi di niente – continua Lo Bello – Poi lo abbiamo affidato alle cure del personale del 118 che lo ha trasportato al policlinico Umberto I".
Quello avvenuto stanotte non è stato un intervento ricco di azione, ma sicuramente si è trattato di un'operazione di enorme responsabilità per tutti i carabinieri coinvolti."In questi casi non c'è niente di codificato, a volte non sappiamo come comportarci e soprattutto come reagirà chi abbiamo davanti. Abbiamo provato a stabilire un rapporto il più amichevole possibile, siamo entrati in empatia. E fortunatamente ci siamo riusciti".