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Mazzette per rifare le strade di Roma, Mr Asfalto accusa il Pd Lazio: “300mila euro per le regionali”

Chiuse le indagini della procura di Roma su Mirko “Mr Asfalto” Pellegrini e la sua cerchia. Ecco come funzionava il metodo per accaparrarsi il rifacimento delle strade di Roma.
A cura di Gaetano De Monte
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La gara d’appalto per i lavori di manutenzione straordinaria di viale Palmiro Togliatti nel tratto da Via Tiburtina alla Autostrada A.24, gli interventi sul sistema viario regionale per la sostenibilità della manifestazione sportiva Ryder Cup, gli appalti d’ambito A, B, C, D, per le strade di grande viabilità in ogni municipio di Roma, dall’I al XV, nessuno escluso. Sono alcuni dei bandi di gara che secondo la procura capitolina sarebbero stati truccati con il concorso di alcuni dipendenti del Comune.

C’è tutto questo e molto altro ancora nell’avviso di conclusione indagini che è stato consegnato qualche giorno fa ai difensori di 32 tra persone fisiche e giuridiche accusate a vario titolo di una seria indeterminata di reati: turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta, corruzione, riciclaggio ed autoriciclaggio.

In particolare, agli imprenditori indagati Mirko e Simone Pellegrini, Flavio Verdone, Roberto Filipponi e Alessandro di Pietrantonio (come principale prestanome) il Pubblico Ministero Lorenzo Del Giudice ha contestato di aver costituito un'associazione a delinquere finalizzata a conseguire illecitamente contratti d’appalto di lavori da Roma Capitale e da altri enti pubblici, "lucrando illecitamente attraverso fraudolenti risparmi di spesa e falsa documentazione contabile", si legge nelle carte giudiziarie.

Mirko Pellegrini, che per la procura di Roma era il capo dell’organizzazione, avrebbe costituito una miriade di società intestate a prestanome con l’obiettivo di sottrarsi all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale applicabili in ragione delle indagini nei suoi confronti svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nel lontano 2017. Avrebbe così cercato di eludere le disposizioni in materia di documentazione antimafia per partecipare a procedure di aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni pubbliche. Non solo.

Una volta che gli imprenditori si aggiudicavano gli appalti, poi, non rispettavano i contratti, "ponendo in essere espedienti idonei e ingannevoli idonei a far apparire l’esecuzione del contratto idoneo agli obblighi assunti", scrivono i magistrati. Per esempio, con particolare riguardo allo spessore del manto d’asfalto realizzato, esso risultava sistematicamente inferiore per qualità e quantità del materiale impiegato di quello che invece risultava dai contratti stipulati con l’ente pubblico. Ciò è avvenuto, secondo la procura, per i lavori compiuti in viale della Serenissima, via della Magliana, piazzale de Bonis, via Tor De Schiavi.

Per rendere possibile questa frode, secondo quanto si legge in uno dei capi di imputazione contestati, gli imprenditori veicolavano "le modalità di effettuazione dei collaudi e delle verifiche da parte di pubblici ufficiali sulla regolarità nell’esecuzione dei lavori di asfaltatura stradale". In sostanza, Pellegrini e la sua cricca "davano e promettevano a dipendenti pubblici addetti ai controlli predetti denaro ed altre utilità affinché i medesimi compissero atti contrari ai loro doveri di ufficio". Cioè gli stessi dipendenti avrebbero eseguito i controlli esclusivamente in punti concordati con le imprese e omesso i controlli a sorpresa. Ma chi sarebbero stati i funzionari infedeli?

Nelle carte giudiziarie si legge ancora che gli imprenditori avrebbero consegnato al geometra del dipartimento Simu di Roma Capitale, Paolo Di Stefano, che risulta indagato nell’inchiesta su Mr.Asfalto/Pellegrini, somme di denaro per complessivi 30mila euro e due orologi di pregio per omettere controlli e/o svolgere controlli mirati sulla regolarità dei lavori stradali compiuti nel cantiere stradale Acquacetosa/Ostiense. Non solo. Il funzionario è anche accusato di aver accettato la promessa da Pellegrini del versamento di ulteriori 30mila euro per “chiudere un occhio” sui lavori compiuti sul cantiere stradale di Castel Di Leva. La stessa cifra, inoltre, sarebbe stata consegnata a un altro dipendente dello stesso dipartimento Simu, Alessandro Zaghini, "affinché lo stesso non applicasse una minacciata penale pari al 10% per asseriti ritardi nell’esecuzione dei lavori di Via Palmiro Togliatti".

Un prezzario diverso, invece, ma sempre in contanti, sarebbe stato promesso ad altri due funzionari del Comune: Claudio Di Biagio, direttore del Dipartimento VII Ufficio di direzione viabilità sud di Roma Capitale, oltre che a Giovanni Tozzi (Responsabile Unico Procedimento di Città Metropolitana). Ad entrambi (indagati nell’inchiesta come Zaghini) sarebbe stato promesso il 5% dell’appalto, "affinché gli stessi ammettessero il subappalto della società la Fenice Srl contrariamente a quanto previsto nel bando di gara". Nella rete degli investigatori sono stati coinvolti anche due poliziotti, Mario del Tosto e Antonio Sciò, tutti e due indagati di corruzione per atti contrari ai loro doveri d’ufficio. Per la procura entrambi avrebbero ricevuto denaro o altre utilità omettendo l’adozione di atti di ufficio consistenti nel non dare seguito a un atto amministrativo e al sequestro amministrativo di un mezzo appartenente alla società La Fenice del gruppo Pellegrini.

Ma c'è anche un'accusa pesante nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari relativo alla vicenda. Mirko Pellegrini ha infatti dichiarato di aver dato 300mila euro in contanti al senatore Bruno Astorre, scomparso nel 2023, finanziando in modo illecito il Partito democratico del Lazio. Le consegne sarebbero avvenute a Frascati fino alla morte del senatore. La questione è delicata: Astorre è deceduto e non può replicare alle parole di Pellegrini, che lo ha tirato in causa durante uno degli interrogatori in procura. Una circostanza che rende ancora più complessa la valutazione delle dichiarazioni rese, affidando tutto il peso dell’accusa alla sola versione di Pellegrini.

Il segretario Leodori, d'altra parte ha detto a la Repubblica: "Abbiamo appreso dalla stampa, Non ci risulta alcun tipo di finanziamento illecito. I nostri bilanci sono certificati. Abbiamo affidato un incarico a un legale per tutelare il Pd del Lazio".

Ma al di là delle responsabilità penali di ognuno, che sono tutte ancora da dimostrare, quello che emerge da indagini come queste "è la patologia del fenomeno della intermediazione illecita negli appalti pubblici che rende il lavoro precario e l'uso altrettanto illegittimo di istituti come il distacco di manodopera, meccanismi che spesso vengono sfruttati per eludere la normativa e utilizzati per far lavorare persone legate al clan criminali in aziende e cantieri, sia regolarmente assunte sia in nero", spiega a Fanpage.it Francesca Levato, ispettrice presso l’Ispettorato Nazionale del lavoro, che da anni svolge attività di verifica anche nell’ambito dei lavori pubblici. E poi aggiunge: "Siamo di fronte a un nuovo modello imprenditoriale che tenta l’illegalità, di eludere i controlli, che crea società partecipate da prestanome per l’esecuzione specifica di un lavoro, ed è qui che alberga la corruzione", conclude.

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